«ПОРТРЕТ ДОСТОЕВСКОГО» Василия Перова
La Galleria Tretjakov di Mosca
Il 23 dicembre 1833 in Siberia, nella città di Tobòlsk, nacque il magnifico pittore russo Vassìlij Peròv (Василий Перов 1833-1882). Prima studiò ad Arzamas, poi si trasferì a Pietroburgo. E ben presto, dopo che alcuni suoi quadri ebbero i riconoscimenti più alti dell’Accademia di Belle Arti di Pietroburgo, si cominciò a parlare di lui come del continuatore del grande Pavel Fedòtov (Павел Федотов 1815-1852) del quale si dice che fu il primo pittore ad introduttore nei suoi quadri nuovi personaggi, a vedere Pietroburgo e la Russia con occhi completamente diversi.
Infatti Vassìlij Peròv per l’acutezza delle sue vedute, per la precisione dei caratteri, l’ironia, per la conoscenza della vita russa era molto vicino sia a Pavel Fedòtov che a Nikolaj Gogol’, l’inspiratore dei quadri di Fedotov, era assai vicino ad essi. A parere di molti, per quanto riguarda la maestria pittorica, la precisione del dipinto, la sua finezza, Vassìlij Peròv superava Pavel Fedòtov. Già quando era divenuto un pittore noto, celebre, un pittore di genere, Peròv si appassionò al ritratto. Vorrei presentare ai nostri silenziosi e pensierosi amici del forum «ARCA RUSSA» uno dei ritratti di Vassìlij Peròv. È il ritratto di un uomo geniale, il ritratto di un grande filosofo, Fiodor Dostojevskij (Фёдор Достоевский 1821-1881).
In questo ritratto di Dostojevskij (портрет Достоевского) è raccolto così tanto, è concentrato così tanto, una grande passione, molte esitazioni, molta forza, tutto ciò di cui era fatto Dostojevskij, tanto che la tela venne definita non semplicemente un ritratto, ma un segno del tempo, dell’epoca. Ed è presente un importante tratto del carattere di Dostojevskij, della sua storia, della sua vita, un peccato che lui stesso riconosceva come un grande peccato, la sua passione per il gioco. E forse giocando, nelle case da gioco, là dove lui accumulava tutta la sua esuberante passione, forse proprio là nasceva quel continuo travaglio nella vita di Dostojevskij che troviamo nel suo romanzo. E questo aspetto di Dostojevskij, l’anno in cui Vassìlij Peròv dipinse il suo ritratto, aveva smesso per sempre di giocare, forse questo accumulamento delle sue passioni, il bisogno di esternare al tavolo da gioco ciò che lo termentava, era dovuto forse in una certa misura, al continuo senso del peccato che in Dostojevskij era sempre presente e lo perseguitava incessantemente. Già allora, nel 1872, Dostojevskij avvertiva il mondo, la Russia di quanto sarebbe avvenuto, dei cataclismi dovuti all’assenza di fede, al nichilismo, alla mancanza d’amore per la propria Patria, le proprie radici e via di seguito. Cosa ci attende senza tutto questo? Tra altro Dostojevskij scrisse che aveva detto alla moglie che sarebbe stata una catastrofe se fossero rimasti all’estero, perché lui avrebbe perso le sue radici, sarebbe morto non potendo scrivere. Avrebbe perso la sensazione delle cose russe, avrebbe perso ciò che lo manteneva su questa terra, che lo legava direttamente a Dio come geniale scrittore. In ciò con Vassìlij Peròv sono molto simili, perché Peròv che ricevette un sussidio statale per andare all’estero a lavorare come avveniva con i migliori allievi e con i migliori pittori che l’Accademia mandava all’estero, riuscì a restare all’estero solo due anni. Partì nel 1862. Lavorò molto, fece dei bozzetti, dipinse, continuò a perfezionare la sua intuizione artistica, la sua arte, la sua pittura di genere. C’era tutto, migliorava la tecnica, ma si impoveriva l’anima. Risulta dunque che non può il pittore, il pittore russo, conservare una armonia intrinseca se è privato della sua terra. In questo senso sono molto simili con Dostojevskij.
Guardare le mani come le ha dipinte Vassìlij Peròv, osservate il viso di Dostojevskij e cercate di sentire il Dostojevskij di questo ritratto. Ascoltate Dostojevskij che ha già quasi finito di scrivere «I Demoni» («Бесы») e ha davanti «I Fratelli Karamàzov» («Братья Карамазовы») …
Ultima modifica di Zarevich il 18 Dic 2016 17:15, modificato 5 volte in totale
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Zarevich