Negli anni Novanta la nuova partnership nata dall’Accordo costitutivo delle relazioni Nato-Russia fu interrotta dalla guerra nel Kosovo. Ripresi i rapporti diplomatici dopo la Dichiarazione di Roma e la creazione del Consiglio Nato-Russia, furono nuovamente interrotti durante il conflitto tra Russia e Georgia scoppiato nell’agosto 2008.
Sono almeno cinque le ragioni perché la nuova fase di “partenariato strategico” dichiarata a Lisbona il 20 novembre può essere sostenibile e portare a una trasformazione strategica dei rapporti tra coloro che durante la Guerra Fredda erano nemici.
La prima è lo scenario nel suo insieme. Nato e Russia oggi condividono le stesse preoccupazioni sulla sicurezza: le minacce di instabilità in Afghanistan e nella regione confinante; l’escalation dei conflitti regionali; la proliferazione di armi di distruzione di massa e della tecnologia missilistica; le minacce rappresentate da attori che non sono Stati, comprese le reti terroristiche e la criminalità organizzata.
La seconda ragione è il pragmatismo. È degno di nota il fatto che la nuova fase delle relazioni tra Nato e Russia sia partita senza nessuna magniloquente e ampollosa dichiarazione congiunta, né aspettative opposte destinate quindi a essere deluse. La dichiarazione congiunta adottata al vertice è invece orientata verso una collaborazione reciprocamente vantaggiosa su questioni di comune interesse.
La terza ragione è l’Afghanistan: Russia e Nato condividono le medesime preoccupazioni sugli sviluppi odierni e futuri nel Paese, in particolare sugli attuali sforzi miranti a trovare un accordo politico tra i diversi gruppi afgani e a iniziare i preparativi per una strategia di disimpegno delle forze dell’Isaf.
La quarta ragione è la difesa missilistica. Mosca ha molto da offrire perché ha sia la tecnologia sia i fondi necessari a sviluppare il suo stesso apparato perché possa costituire parte della difesa del settore dell’Europa orientale e Asia centrale.
La quinta ragione sono i cambiamenti che hanno reso la Russia pronta ad abbracciare una maggiore integrazione nella Nato. Il presidente Medvedev ha annunciato una strategia a tutto campo di modernizzazione interna che richiederebbe un’integrazione economica maggiore con i Paesi occidentali sviluppati. L’opinione pubblica favorevole a un “miglioramento dei rapporti” è cresciuta di oltre il 10 per cento l’anno scorso.
Se tutti questi motivi offrono sufficienti garanzie che la nuova fase delle relazioni tra Nato e Russia sarà più sostenibile e soprattutto più resiliente a qualsiasi crisi futura, vi sono due aree nelle quali il vertice di Lisbona avrebbe potuto spingersi più in fondo.
La prima è quella del Consiglio Nato-Russia (Nrc). Malgrado i suoi molteplici risultati e successi, il Nrc andrebbe riformato perché non è ancora un ente veramente comunitario e integrato in grado di prendere decisioni congiuntamente.
In secondo luogo, la Nato avrebbe dovuto puntare a una visione più ambiziosa dei rapporti con la Russia, offrendo un’esplicita politica delle porte aperte, anche se condizionata.
Sono almeno cinque le garanzie che questa nuova fase delle relazioni sarà più sostenibile e duratura.
L’autrice è senior fellow dell’Istituto internazionale per gli studi strategici (Iiss)
L'articolo di Russia OGGI
Il vertice a tre in Normandia
Sergei Lavrov