| «IL GABBIANO» DI ANTON CEKHOV | |
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Myshkin
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«IL GABBIANO» DI ANTON CEKHOV
«ЧАЙКА» - «IL GABBIANO»
Approfittando dello spunto offerto dal recente topic sul Teatro d'Arte di Mosca - MKhT, vorrei ripercorrere una pagina della vita di uno dei miei autori russi più amati, Anton Čechov.
L'occasione ci è offerta dal simbolo che Stanislavskij e Nemirovich-Danchenko vollero adottare per il Teatro d'Arte: un gabbiano, che ancora oggi è visibile sull'insegna del Teatro. il gabbiano in oggetto à ovviamente quello della prima grande opera di Čechov, "Il Gabbiano", appunto.
E' interessante ricordare la storia di questa emblematica opera. Infatti, quando "Il Gabbiano", scritto da Čechov nel 1895, fu rappresentato la prima volta - nel 1896 - al Teatro di Stato Aleksandrinskij di Pietroburgo, frequentato dagli intellettuali e dalla borghesia colta, fu un clamoroso insuccesso, un fiasco totale, tanto sembrò slegato e privo di virtù teatrale..
Gli attori non avevano capito l'opera, e la loro recitazione fu un vero disastro; il pubblico li subissò di fischi, e il dramma reale era quello che si consumava nell'animo di Čechov, che alla metà del secondo atto non resistette oltre ed abbandonò il teatro in preda ad un profondo sconforto, dimenticando cappello e cappotto, gesticolando e giurando che non avrebbe più scritto nulla per il teatro.
Senonché, mentre era tornato a scrivere novelle e pareva aver rinunciato per sempre al teatro, Stanislavskij e Danchenko lessero il lavoro che era stato fischiato a Pietroburgo e vi scorsero quello che né gli attori, né il pubblico e né i critici ci avevano visto: un dramma autentico, espresso in quelle forme "antiteatrali" che essi vagheggiavano.
I due registi presero quindi la coraggiosa iniziativa di rimettere in scena il lavoro, per comunicare al pubblico, in una interpretazione e in uno stile adeguati, il senso di questo nuovo teatro.
L'impresa, che fu lungamente preparata con molta sapienza, intelligenza e amore, fu condotta ad una vittoria memorabile. Il successo, infatti, fu non solo enorme, ma duraturo, le repliche centinaia. Čechov, che non aveva potuto recarsi a Mosca l'inverno per assistere alla recita perché malato, vi andò in estate, quando il teatro era chiuso; ma Stanislavskij ne fece eseguire una rappresentazione apposta per lui, e Čechov capì finalmente che la sua vocazione di drammaturgo non era stata un'illusione.
Dopo "il Gabbiano", che fu tra le prime opere messe in scena dal Teatro d'Arte, che in memoria della rivelazione aveva adottato come insegna un gabbiano, Čechov scrisse per la compagnia di Stanislavskij-Danchenko altri tre lavori pure in quattro atti, i suoi meritatamente più famosi: Zio Vanja, 1897; Le tre sorelle, 1901; Il giardino dei ciliegi, 1904. I successi crebbero e l'attrice Olga Knipper, prima e stupenda interprete del Gabbiano, divenne moglie di Čechov.
Il tema del Gabbiano è quello che ritornerà in tutti i successivi lavori teatrali di Čechov: la tragedia di una umanità delusa dalla vita inutile. Il titolo dell'opera viene da un accostamento simbolico: quello fra l'ignara felicità di un gabbiano che, volando sulle acque di un lago, viene stroncata dall'oziosa indifferenza di un cacciatore, e la sorte di una fanciulla, Nina, che sulle rive dello stesso lago si lascia cogliere da un letterato di qualche nome, Trigorin, il quale senza cattiveria, anzi cedendo ad una sorta di fatalità, profitta della sua femminile smania di aprire le ali, la porta via con sé a fare l'attrice, la rende madre di un bimbo che però muore subito, e la lascia infine tornare distrutta alla casa di una volta. Qui c'è un altro uomo che l'ama, da molto tempo: il giovane Konstantin, anche lui scrittore, che sogna l'arte e la gloria. Ma la madre di lui, Irina, un'attrice celebre, disprezza l'inconsistenza delle liriche fantasie che egli va componendo; e Nina non vuol saperne di lui. Sicché Konstantin, sentendosi fallito, si uccide.
Questa semplicissima trama, che non è neanche una vera trama, offre a Čechov il pretesto per la rappresentazione di una società di illusi, aspiranti invano a partecipare al gusto dell'esistenza, che li respinge. Čechov sviluppa un modo di portare in scena la vita non attraverso una storia, un intrigo lineare, ma nelle forme di una piatta e stanca conversazione di uomini e donne ciascuno in preda ai propri tormenti e affanni, i quali più che dialogare fra loro ripetono ciascuno la propria idea fissa, la propria angoscia e la propria sconfitta.
Questa visione verrà poi espressa con maggiore maturità ed efficacia nei suoi ultimi e più perfetti lavori.
Diversamente da tutti i grandi drammaturghi precedenti, in Čechov non si assiste ad un combattimento di eroi ed eroine che lottano, Quando in un dramma di Čechov si alza il sipario, la sconfitta è già avvenuta. I suoi personaggi non lottano; non hanno volontà, vinti a priori dalla fatalità avversa.
La cosa fondamentale da comprendere è che fino a Čechov, la catastrofe della Tragedia consisteva nella morte, materiale o spirituale, degli eroi: in Čechov consiste in una fine più atroce, e cioè nella condanna a continuare a viverla. A trascinare l'esistenza grigia, com'era ieri, e come sarà domani; che è poi una morte cosciente, di uomini e donne nel cui animo c'è un accorato desiderio di vita, ma solo per rendere la loro esistenza più disperata.
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Zarevich
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«IL GABBIANO» DI ANTON CEKHOV
Hai scritto molto bene e giusto.
Il Gabbiano e la piece più misteriosa di Cechov
Ultima modifica di Zarevich il 09 Nov 2018 09:53, modificato 1 volta in totale
____________ Zarevich
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Myshkin
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«IL GABBIANO» DI ANTON CEKHOV
Hai ragione, è sicuramente l'opera più misteriosa ed enigmatica di Cechov, ed io non sono sicuro che il Gabbiano abbia un'importanza minore rispetto ai tre lavori successivi e considerati quasi all'umanimità i più perfetti.
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Zarevich
Registrato: Settembre 2006
Messaggi: 25858
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«IL GABBIANO» DI ANTON CEKHOV
L’opera teatrale «Il Gabbiano» («Чайка») è chiamata dall’autore ironicamente «la commedia». È una delle più note opere teatrali di Anton Cekhov. Come qualunque vero lavoro teatrale «Il Gabbiano» narra dell’amore che sempre infonde speranza, ma a volte rovina.
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____________ Zarevich
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