Nadežda Mandel’štam Надежда Мандельштам
«L'EPOCA E I LUPI»
Liberal Edizioni 1990 pp. 523
"che hai da lamentarti?" mi diceva "Solo da noi hanno rispetto per la poesia, visto che uccidono in suo nome. In nessun altro paese uccidono per motivi poetici"
Anni Trenta. In una cerchia esclusiva dell’intelligencija mosvovita circola una poesia su Stalin, definito “il montanaro del Cremlino, l’assassino, lo sbaraglia-mugicchi”. L’ha scritta Osip Mandel’štam, una delle piů importanti figure del Novecento letterario russo ed europeo. Una delazione, e inizia il viaggio del poeta nella vertigine stalinista. Arresto, carcere, confino. Sua moglie gli resta vicino fino al secondo arresto, nel 1938. Poi il lager e la morte, in circostanze mai accertate. Questo libro di memorie, uscito nel 1970, č il tributo che la donna che fu per diciannove anni la moglie di Mandel’štam e per quarantadue la sua vedova, dedica al destino di un’intera generazione di scrittori, maturata negli anni Venti e poi stroncata dalle purghe staliniste del decennio successivo. Una commedia umana in cui si alternano avvenimenti e personaggi terribili e indimenticabili: l’onnipotente e onnipresente Stalin, Bucharin, il coraggioso Pasternak e l’affettuosa Anna Achmatova, Viktor B. Sklovskij ed Ehrenburg. E poi i tanti scrittori compromessi col potere, la folla di ‘anime morte’ che rendono possibili le degenerazioni piů aberranti del sistema. Su tutti, Osip e Nadežda, che sarebbe diventata scrittrice a sessantacinque anni per onorare fino in fondo la missione di custode della poesia del marito e della memoria della sua persecuzione.