Vorrei creare un angolo di musica, aspetto/iamo le canzoni preferite vostre (russi ed italiani).
La fila, la comincio io con una canzone di Angelo Branduardi.
ANGELO BRANDUARDI- CONFESSIONI DI UN MALANDRINO
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Angelo Branduardi
Confessioni di un Malandrino (1980, Concerto)
Mi piace spettinato camminare
con il capo sulle spalle come un lume
così mi diverto a rischiarare
il vostro autunno senza piume.
Mi piace che mi grandini sul viso
la fitta sassaiola dell'ingiuria
mi agguanto solo per sentirmi vivo
al guscio della mia capigliatura.
Ed in mente mi torna quello stagno
che le carne e il muschio hanno sommerso
ed i miei che non sanno di avere
un figlio che compone versi;
ma mi vogliono bene come i campi
alla pelle ed alla pioggia di stagione,
raro sarà che chi mi offende
scampi alle punte di forcone.
Poveri genitori contadini,
certo siete invecchiati e ancor temete
il Signor del cielo egli aquituini,
genitori che mai non capirete
che oggi il vostro figlio è diventato
il primo tra i poeti del Paese
e ora in scarpe verniciato
e col cilindro in testo egli cammina.
Ma sopravvive in lui la fresina
di un vecchio mariuolo di campagna
e ad ogni insegna di macelleria
la vacca si inchina sua compagna.
E quando incotra un vetturino
gli torna in mente il suo concio natale
e vorrebbe la coda del ronzio
regger come strascico nuziale.
Voglio bene alla patria
benchè afflitta di tronchi rugginosi
m'è caro il grugno sporco dei suini
e i rospi all'ombra sospirosi.
Son malato di infanzia e di ricordi
e di freschi crepuscoli d'Aprile,
sembra quasi che l'acero si curvi
per riscaldarsi e poi dormire.
Dal nido di quell'albero, le uova
per rubare, salivo fino in cima
ma sarà la sua chioma sempre nuova
e dura la suo scorza come prima;
e tu mio caro amico vecchio cane,
fioco e cieco ti ha reso la vecchiaia
e giri a coda bassa nel cortile
ignaro delle porte dei granai.
Mi sono cari i miei furti di monello
quando rubavo in casa un po'di pane,
e si mangiava come due fratelli
una briciola l'uomo ed una il cane.
Io non sono cambiato,
il cuore ed i pensieri sono gli stessi,
sul tappeto magnifico dei versi
voglio dirvi qualcosa che vi tocchi.
Buona notte alla falce della luna
si cheta mentre l'aria si fa bruna,
dalla finestra mi voglio gridare
contro il disco della luna.
La notte è cosi tersa,
qui forse anche morire non fa male,
che importa se il mio spirito è perverso
e dal mio dorso penzuola un fanale.
O Pegaso decrepito e bonario,
il tuo galoppo è ora senza scopo,
giunsi come un maestro solitario
e non canto e celebro che i topi.
Dalla mia testa come uva matura
giocciola il folle vino delle chiome,
voglio essere una gialla velatura
gonfia verso un paese senza nome.