«Torna la guerra fredda e la Russia vuole aprire un’indagine per scoprire se gli americani hanno davvero mandato uomini sulla Luna con le missioni Apollo nel 1969».
Così titola con la solita moderazione Dagospia il 19 giugno scorso, riportando un articolo di Vittorio Sabadin da La Stampa il cui titolo e sottotitolo — una volta tanto — non erano meno sensazionalisti di Dagospia: «Torna la Guerra fredda sulla Luna: i dubbi della Russia sullo sbarco Usa. Mosca chiede un'indagine sui reperti smarriti e alimenta i complottismi».
Insomma, il cattivone Putin tramite il suo scherano Vladimir Markin ringhia contro l'Arsenale delle Democrazie agitando una grottesca minaccia e «alimentando i complottismi». Messaggio passato a reti unificate sui media occidentali dove io cito te e tu citi me e tutti viviamo felici, contenti e soprattutto benvoluti da qualcuno ai piani alti.
La catena di fonti che ha portato la stampa «libera» dell'occidente «democratico» a diffondere questa notizia è spiegata da Sabadin stesso nel suo articolo: «Vladimir Markin, influente portavoce del Comitato Investigativo del governo russo, ha pubblicato un editoriale sulla «Izvestija» tradotto in inglese sul «Moscow Times» perché non sfuggisse a nessuno». Un passaggio che nasconde fra le parole un equivoco non dappoco: «Moscow Times» è un giornale anti-russo e anti-putiniano, non è certo un organo ufficiale sul quale far tradurre dal russo affinché il resto del mondo anglofono possa sapere…
E difatti il «Moscow Times» ha realmente dato questa notizia, ma l'ha confezionata con qualche… piccola modifica, probabilmente confidando nel fatto che l'originale su Izvestija è in russo e dunque non è facilmente accessibile al lettore medio occidentale.
L'editorialista del «Moscow Times», Ingrid Burke, ha dato la sua versione delle parole di Vladimir Markin, condendole con i toni e il lessico cari alla propaganda americana: si comincia parlando di «torbidi dettagli» («murky details») a cui si attaccherebbe la proposta di inchiesta, si prosegue con la «esternazione della frustrazione» («venting his frustration») a proposito del punto di vista russo sulle inchieste internazionali lanciate ultimamente da Washington (che ovviamente la Burke dà per scontate come legittime e sacrosante) passa finalmente a tradurre il capoverso in cui Markin avrebbe lanciato la sfida complottista all'Impero del Bene: «We are not contending that they did not fly [to the moon], and simply made a film about it. But all of these scientific — or perhaps cultural — artifacts are part of the legacy of humanity, and their disappearance without a trace is our common loss. An investigation will reveal what happened».
Peccato che questa frase, completamente decontestualizzata, se riletta all'interno dell'articolo originale di «Izvestija», assume un tono completamente differente: è infatti una provocazione paradossale con la quale si dimostra che applicando gli stessi criteri degli inquirenti americani, anche l'America potrebbe essere costretta a soggiacere a una inchiesta internazionale ancorché su una scemenza complottista come il «falso sbarco sulla Luna». Il tutto nel nome degli «interessi dell'umanità», solita foglia di fico dietro la quale si nascondono gli interessi reali dei sedicenti paladini della giustizia.
Naturalmente la stampa libera e democratica fra due fonti ha scelto quella più facile. E casualmente anche più vicina agli interessi dei suoi finanziatori. A cascata tutti i giornali delle «democrazie» hanno ripreso la bufala creata dalla Burke e l'hanno rilanciata, caricando.
«La ragione per la quale i sospetti di Mosca si riaffacciano dopo 46 anni è spiegata dallo stesso Markin alla conclusione del suo intervento, quando afferma che gli Stati Uniti non hanno il diritto di indagare sullo scandalo della Fifa, che sta pesantemente coinvolgendo anche Vladimir Putin e la Russia. Se insistono — è l'implicita minaccia — Mosca potrebbe fare rivelazioni imbarazzanti. La Nasa si è stancata da tempo di rispondere alle fantasiose teorie cospirative sulle missioni Apollo, ma i cospirazionisti da ieri hanno un nuovo alleato» - scrive Sabadin.
Oltreoceano, l'autorevole Washington Post (che Google assicura essere il più citato sull'argomento), il 17 giugno ha parlato di una "nuova sfida" russa nel panorama della «crescente tensione nelle relazioni» fra Russia e USA.
Il giorno dopo è il Daily Mail che carica nel titolo: «È vitale scoprire cosa è accaduto ai nastri del 1969», continuando poi nell'articolo con una ardita interpretazione del pensiero di Markin: «I suoi commenti sono sicuramente da interpretarsi come un deliberato tentativo di insinuare il dubbio che l'allunaggio sia stato reale, specialmente in relazione al fatto che Markin ha anche attaccato l'inchiesta degli USA sulla corruzione della FIFA».
Il che, ovviamente, rovescia per intero il discorso di Markin… Il 19 è l'Huffington Post a parlare di «rappresaglia russa per le indagini sulla FIFA», attribuendo però questa affermazione al «Moscow Times» (cosa non vera).
L'Italia arriva subito nella caciara generale e lo fa il 18 giugno con Focus: «La Russia vuole lanciare un'indagine su Apollo 11. Come riesumare in poco tempo i fantasmi della guerra fredda: la Russia mette in discussione l'allunaggio e lo fa per ripicca contro le indagini sui vertici della Fifa». Più signorile è Wired, che ostenta dubbi per affermare certezze: «A che scopo?» si chiede l'autore dell'articolo, continuando: «Non è chiaro se sia genuina curiosità, o si tratti piuttosto di una mossa che nasce della tensione crescente tra Russia e Stati Uniti».
Il dubbio che si sia trattato di una battuta non sfiora nemmeno l'articolista, tant'è che in chiusa egli è certo della risposta alle sue retoriche domande iniziali: «Più che un un'indagine motivata da interessi culturali e scientifici, quella russa sembra quindi piuttosto una minaccia».
Nel mondo della comunicazione, la notizia cattiva scaccia sempre quella buona. Inutile ammantare i media occidentali di una intrinseca bontà e veridicità solo perché «liberaldemocratici» che non è altro che una rendita di posizione. Alla fine, la bufala creata dal «Moscow Times» è diventata virale. Tanto che i russi, che l'inglese lo leggono, al contrario di noi occidentali che non leggiamo il russo, se ne sono accorti e Markin si è sentito in dovere di replicare a tanto clamore all'agenzia di stampa Interfax: «Se ad una dichiarazione semischerzosa i nostri partner americani rispondono in completa serietà dobbiamo dubitare sul loro senso dell'umorismo, oppure sul fatto che ci siano veramente stati sulla Luna».
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Descrizione: | Gli Americani sono stati veramente sulla Luna? |
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Zarevich