Tatiana Santi
Il Teatro Bolshoj, vero e proprio Tempio del Balletto, è la scuola dove vorrebbe studiare chiunque pratichi danza classica. A volte la realtà è più incredibile dei sogni, come nel caso di Marco Carrer, il giovane talento italiano ammesso al Bolshoj.
«Se io non facessi danza la mia vita non avrebbe senso» sono le parole di Marco Carrer, ballerino sedicenne di Treviso, ammesso alla prestigiosa Accademia di danza classica del Bolshoi. Per Marco la danza è un bisogno e un giorno passato senza fare la sbarra è un giorno inutile.
Marco, che si è formato alla scuola di Treviso Center Study Ballet diretta da Rosita Noviello, fa i suoi primi passi nel mondo della danza a soli quattro anni su raccomandazione dell'osteopata a causa di un problema alle gambe. Inizia così, per puro caso, un percorso che lo porterà a scoprire la passione della sua vita e a raggiungere l'incredibile vetta del Bolshoj.
Ebbene, com'è iniziata quest'avventura? Che cosa ne pensa un ballerino dei pregiudizi relativi ai maschi nel mondo della danza?
— Marco, raccontaci della tua avventura al Bolshoj.
— Tutto è iniziato con l'audizione che si è tenuta a Firenze a febbraio. In seguito sono stato ammesso ad uno stage a Mosca, dove ho fatto anche richiesta per l'ammissione all'Accademia. Quest'estate sono partito per Mosca per partecipare allo stage, dove abbiamo avuto 4 lezioni al giorno di classico, repertorio, danza di carattere e stretching. Mi sono trovato molto bene perché tutti i professori e i maestri erano molto disponibili e gentili.
— Ora che percorso ti aspetta?
— Sono stato ammesso all’Accademia, fra l’altro alla classe degli studenti russi, mi aspetta perciò il primo anno da affrontare, che non sarà semplice. È il primo anno che passerò in un'accademia, mi troverò in un ambiente diverso da quello in cui vivo tutti i giorni. Dovrò inoltre imparare un'altra lingua. A fine anno ci saranno gli esami di passaggio al secondo anno.
— Sei stato ammesso ad una delle accademie più importanti di balletto al mondo, praticamente al Tempio della danza. Che cos'hai provato?
— L'emozione è stata grande, non avrei ma pensato di riuscire ad arrivare fino a qui. È una sensazione strana studiare nell'Accademia da dove sono usciti i ballerini che stimo di più in assoluto. Iniziare un percorso che hanno fatto dei grandissimi ballerini è una cosa ancora difficilmente realizzabile.
Chi sono i tuoi punti di riferimento nel balletto?
— Natalia Ossipova, diplomata al Bolshoj. All'interno della danza russa ci sono tantissimi nomi, fra tutti Baryshnikov e Nureyev, alunni dell'Accademia Vaganova, ma sempre di scuola russa si tratta.
— Com'è iniziato il tuo percorso nella danza classica, prima di raggiungere la vetta del Bolshoj?
— Quando ero piccolo ho avuto un virus che mi ha lasciato privo della mobilità delle gambe. Dopo molti tentativi i dottori non sapevano come riuscire a farmi camminare, i miei genitori mi hanno portato da un osteopata, che è riuscito ad iniziare un processo di guarigione. Quando avevo quattro anni l'osteopata mi ha detto di cominciare a fare danza. Di punto in bianco sono stato catapultato in un mondo nuovo, a quattro anni non capivo bene come stessero le cose, semplicemente facevo danza, continuavo ad andare alle lezioni, anche se non mi piaceva molto.
Verso gli undici anni ho iniziato ad apprezzare molto la danza e all'età di quattordici anni ho deciso che sarebbe diventato il mio futuro lavoro e quindi la mia vita.
— Parliamo dei luoghi comuni secondo cui la danza classica non sarebbe una cosa per uomini. Potresti spiegare come stanno realmente le cose una volta per tutte per sfatare questi stereotipi?
— È un luogo comune che non ha senso. Gli uomini che praticano l'arte della danza sono sempre esistiti, forse anche dapprima delle donne, perché nell'antichità alle donne non era concesso tutto. Non ci sono motivi per giudicare la danza come qualcosa che è principalmente femminile. Nella danza, specialmente in quella classica, i ruoli maschili e femminili sono ben divisi anche a livello di coreografia e a livello tecnico. La base comune c'è, ma il risultato alla fine è diverso.
— Ad esempio certi salti li possono eseguire solo fisicamente e tecnicamente i maschi, no?
— Esattamente.
— Nelle classi di danza classica i maschi sono sempre pochissimi. L'hai visto anche tu nelle scuole che hai frequentato?
— Sì, anche nella mia scuola sono l'unico allievo ragazzo. Questo è dovuto ai pregiudizi radicati nella società. Per quanto spesso si dica che questi luoghi comuni debbano cessare comunque è un problema che esiste tuttora nella mente delle persone. Spero in futuro si riuscirà ad abbattere queste barriere mentali.
— Come si potrebbero abbattere secondo te queste barriere? Pubblicizzare di più la danza classica a partire dalle scuole?
— Educando le persone in generale alla danza classica. Le persone non sono abituate, in genere non hanno alcuna conoscenza per quanto riguarda la danza classica. La non conoscenza di quest'arte porta ad avere pregiudizi.
— Personalmente che cosa ti ha dato e ti dà la danza?
— La danza insegna degli importanti valori etici, insegna a capire sé stessi e gli altri, aiuta a relazionarsi con sé stessi e gli altri. Dobbiamo ricordare che quando parliamo di danza si lavora non solo a livello fisico, ma anche a livello emozionale.
Anche se è una frase che si ripete spesso e lo dicono tutti, perché è la verità, ma per me la danza è la mia vita. Se io non facessi danza la mia vita in questo momento, ma anche in futuro, non avrebbe un senso, cominciare una giornata senza sapere che farò lezione è una giornata persa. Ogni momento passato senza fare danza è un arco di tempo inutile per me. La danza, oltre ad essere una voglia, è anche un bisogno.
— In chiusura, consiglieresti ai bambini e ai ragazzi di avvicinarsi al bellissimo, ma anche duro mondo della danza?
— Sì sicuramente. La danza è importante nella formazione delle persone e credo che, si faccia per mestiere o meno, riesca a dare dei grandi valori che ti porti dietro tutta la vita.
«SPUTNIK 2017»
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