WASHINGTON STA ABBANDONANDO L'UCRAINA
L’articolo di Viktor Kamenev
(trad. di Claudio76)
A fine agosto, il presidente Poroshenko ha assunto una posizione tipicamente ucraina: si è tenuto su due staffe, una proucraina e nazionalista, un’altra genericamente proucraina. Quest’ultima posizione è difficile da definire, ma Poroshenkпo ne è in ogni caso l’esponente ufficiale. Ad oggi è il politico più proucraino sul mercato. Un politico proucraino, però, che non disdegna di entrare in aperto conflitto con i nazisti di «Svoboda», «Pravyj Sektor» e del partito di Ljashko. E che non disdegna di contrarre un’alleanza politica con gli ex membri del Partito delle Regioni e con il blocco dell’opposizione oligarchica, come ha mostrato la sessione di voto per le modifiche da includere nella Costituzione, tenutasi il 31 agosto.
Da un lato, Poroshenko annuncia la fine delle mobilitazioni, e questo atto testimonia a favore di una tregua stabile nel Donbass. Ma allo stesso tempo afferma di voler preparare «una campagna militare contro Mosca», si lascia scappare qualche dettaglio di troppo sui punti infranti dell’accordo di Minsk (salvo poi salvarsi in angolo dando la colpa all’interprete del suo discorso in inglese), si permette una serie di assurdi commenti anti-russi, quasi certamente per sembrare più nazionalista dei nazisti e, quindi, rubare loro la scena nella farsa del patriottismo ucraino, dove questo presidente sta perdendo sempre più colpi.
In realtà vediamo che l’umiliazione subita a Berlino ha costretto Poroshenko ad interrompere subito i bombardamenti del Donbass, il che testimonia indirettamente che gli USA hanno scaricato la gestione dell’affaire ucraino all’Europa. Per questo le manovre dell’artiglieria della junta, osservate in agosto, non hanno portato né alla guerra né a seri atti diversivi. Gil argomenti dei politici europei, molto più orientati alla pace della loro controparte statunitense, si sono rivelati convincenti più che altro per Washington, poiché Kiev esiste solo per accettare gli ordini provenienti da oltre oceano.
Un’ulteriore prova che gli USA stanno rinunciando al «progetto» ucraino è la reazione isterica della loro brutale marionetta, l’ex presidente georgiano Saakashvili. Il signor Saakashvili non riesce a nascondere le emozioni che lo stanno straziando: forse si ricorda di come gli USA lo abbiano abbandonato nel 2008. Sappiamo che Saakashvili è amico di Poroshenko sin dai tempi dell’università. Grazie a questa amicizia di lunga data e alla scarsa quantità di persone di cui Poroshenko si possa realmente fidare (e grazie, naturalmente, alla raccomandazione del Dipartimento di Stato americano), Saakashvili ha ottenuto la carica di governatore della città di Odessa ed esercita una grande autorità per tutto il paese.
Tuttavia le ultime dichiarazioni di Saakashvili mettono in una situazione imbarazzante lo stesso Poroshenkпo, poiché sono altamente offensive per l’Ucraina, che Saakashvili ha paragonato al Gabon. Inoltre l’ex presidente georgiano ha il naturale talento di combinare le proprie esternazioni di disprezzo per l’Ucraina con insinuazioni sull’esistenza di un «governo parallelo» nel paese. Quasi certamente, si allude ad una congiura degli oligarchi contro Poroshenko. E’ chiaro che Saakashvili si trova in una situazione delicata, e cerca salvezza ora in Poroshenko, ora nei suoi padroni statunitensi. Sembra quasi dare implicitamente a Poroshenko la possibilità di destituirlo, così da poter uscire con onore da un gioco che si sta facendo troppo pericoloso.
E’ importante capire che le esternazioni di Saakashvili contraddicono la posizione «proucraina» di Poroshenkпo e sembrano indicare un conflitto che stia maturando tra i due. Ma razionalmente possono essere spiegati solo gli attacchi di Saakashvili contro Jatzenyuk e Kolomojskij: questi attacchi celano l’insoddisfazione di Washington per l’esitazione che Poroshenko mostra nel continuare la guerra nel Donbass. In questa maniera gli USA puniscono Poroshenko per la docilità che ha mostrato ad agosto verso le richieste dei politici europei. Per ora gli USA si accontentano di questi avvertimenti indiretti, senza toccare realmente la persona di Poroshenko, sebbene «Radio Svoboda», celebre per la sua obbedienza ai poteri forti statunitensi che si tengono dietro le quinte, abbia già cominciato una campagna di denuncia contro «il miliardario corrotto Poroshenko».
De facto, Saakashvili sta costringendo Poroshenkпo ad attaccare i nazionalisti di estrema destra. Ad Odessa infatti la polizia sta reprimendo le azioni di protesta dei banderisti ed ha persino arrestato due leader del Majdan. Jarosh ha subito denunciato simili repressioni ed ha invitato i suoi compagni di lotta ad unirsi e ad opporsi al potere di Kiev. Con questa attività antinazionalista, Saakashvili sta eseguendo gli ultimi ordini di Washington: se è risultato impossibile provocare una guerra con la Russia in Ucraina e nel Pridnestrov’e, bisogna creare dei conflitti interni al regime di Kiev.
In questo caso è molto importante come verranno distribuiti i ruoli di «aggressore» e «vittima». Saakashvili sta cercando di investire Poroshenko del ruolo di aggressore, mentre le «vittime», secondo i piani del georgiano, dovrebbero essere gli ultra-nazionalisti e Kolomojskij. Tuttavia, come nel caso del presidente Janukovich, dietro all’ «aggressore» e alle «vittime» devono controllare il gioco i burattinai statunitensi: l’ultra-nazionalista Jarosh è protetto da Nalivajchenko, agente della CIA, mentre Kolomojskij ha trovato rifugio negli USA in un periodo particolarmente critico per lui in Ucraina. L’unico fattore di eterogeneità: Poroshenko si avvale anche dell’appoggio di Berlino, che è interessata a mantenere la stabilità in Ucraina, dal momento che il gas che la Germania riceve dalla Russia passa di lì.
Di regola gli USA liquidano le rivoluzioni che non sono riusciti a gestire correttamente con conflitti interni o guerre civili. Coe a dire: gli aborigeni non sono stati all’altezza della democrazia loro generosamente regalata, non sono stati in grado di vivere democraticamente. Peccato… E così gli USA si lavano le mani di quello che loro stessi hanno creato, come è accaduto in Irak, in Libia, in Afganistan e, ora, in Ucraina.
Che la «rivoluzione» orchestrata in Ucraina dal Dipartimento di Stato USA sia ormai data per fallita lo testimonia la ridotta attività dell’ambasciatore statunitense a Kiev Geoffrey Pyatt. L’ultima volta che abbia lasciato la sua tana diplomatica risale ai fatti di Mukachevo, quando una nuova offensiva ai danni del Donbass veniva ancora ritenuta del tutto probabile e un conflitto con gli ultra-nazionalisti era impensabile. Tuttavia un evento importante come la dimostrazione armata davanti alla Rada del 31 agosto è stato già accolto con olimpico silenzio dall’ambasciata statunitense.
L’Europa ha ricompensato Poroshenko per il suo atteggiamento ragionevole e mansueto: 500 milioni di dollari. Cioè metà della somma che serve a Kiev per saldare i debiti energetici con Mosca e, quindi, assicurare il transito invernale del gas. La somma elargita dall’Europa verrà sborsata direttamente a Gasprom (!) senza nemmeno toccare Kiev e già a settembre il gas russo ritornerà a circolare nei gasdotti ucraini. Sempre che, naturalmente, non accadano imprevisti nell’Assemblea Generale dell’ONU a New-York, in Siria e in un’Europa straziata dai migranti.
Sembra che Poroshenko sia consapevole del pericolo di un conflitto interno per il paese ed ha annunciato la sua probabile intenzione di introdurre uno stato di emergenza militare, giustificato (falsamente) dalla crisi nel Donbass. Falsamente, ripetiamo: nel Donbass infatti già è già presente l’esercito. Il nuovo stato di emergenza è rivolto contro gli ultra-nazionalisti, nel caso in cui questi ultimi intendano ripetere un Majdan (armato), ad esempio in concomitanza con le elezioni di ottobre.
Fonte: http://topwar.ru/82468-vashington-uhodit-s-ukrainy.html
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