«ANTON CECHOV: IL MEDICO DELL’ANIMA»
«АНТОН ЧЕХОВ: ДОКТОР ЧЕЛОВЕЧЕСКОЙ ДУШИ»
Il 3 e il 4 febbraio, al Teatro Argentina di Roma, il regista Andrej Konchalòvskij (Андрей Кончаловский), fratello di Nikita Mikhalkòv, presenterà la piece teatrale «Il Gabbiano» («Чайка») di A. P. Cechov, con la compagnia del Teatro Mossovèt di Mosca.
E' interessante notare che il Teatro Argentina di Roma è lo stesso teatro che nel 1988 aveva prodotto lo spettacolo "Partitura incompleta per pianola meccanica" di Nikita Mikhalkòv, interpretato da Marcello Mastroianni.
Tra gli attori, la giovane moglie di Konchalovskij Julia Vyssòtskaja, nel ruolo di Nina Zarèchnaja.
E’ la prima volta che Andrej Konchalovskij arriva in Italia come regista teatrale. Autore delle bellissime scenografie è Ezio Frigerio, mentre i costumi sono di Rustam Khamdamov.
La commedia è rappresentata in lingua originale, con i sottotitoli in italiano.
Dopo Roma, "Il Gabbiano" sarà rappresentato a Venezia il 6 e il 7 febbraio, e a Reggio Emilia, il 9 e il 10 febbraio.
Gli attori: Irina Rosànova, Aleksej Grìscin, Anatolij Adoskin, Julia Vyssòtskaja,Vladimir Goriushin, Olga Anòkhina, Olga Miloianina, Aleksej Serebriakòv, Evghenij Steblòv, Juri Cerkassov, Andrej Mezhulis, Evghenij Rathon, Alekssandr Piskarèv, Elena Lobànova
«Ci sono due persone che consulto sempre quando mi appresto a fare qualcosa: Cechov e il compositore Sergej Rachmaninov. Nei suoi testi, Cechov non dice quello che vuole dire. E nemmeno si può interpretare razionalmente quello che voleva comunicare. La messinscena non può spiegare in maniera definita il senso, piuttosto il nostro obiettivo è accompagnare lo spettatore dentro il mondo di questo autore straordinario perché alla fine possa comprendere quel senso. Poi non saprà spiegarlo, a parole, ma lo avrà compreso.»
Ma come si è sviluppato il lavoro su quest'opera di Cechov?
«Ho lavorato lasciando la parola ai personaggi di Cechov. Spesso gli attori cercano di rendere con l'interpretazione il significato del testo, ma quello che si legge nel testo non è necessariamente quello che Cechov voleva dire. Il credo sia necessario conservare integralmente la natura dei personaggi che l'autore costruisce, che incarnano un senso di noia, che sono naif e spesso stupidi. E il dramma sta proprio nella loro essenza, non è necessario enfatizzare nulla».
Dunque la messinscena rimane ancorata al tragico quotidiano, al dolore minimo dell'esistenza umana?
«Certamente il senso della messinscena è solo ed esclusivamente nelle relazioni tra i personaggi. Il pubblico si trova davanti personaggi che dialogano, amano, vivono, muoiono in maniera ad un tempo noiosa e pretenziosa. In quest'ottica non ho cercato alcun effetto per attrarre l'attenzione, ma si è lavorato sulla concentrazione dell'attenzione. È questo uno dei caratteri fondamentali del teatro: è necessario fermare l'attenzione dello spettatore anche sui minimi particolari, anche sui petali che cadono da un fiore. Ma per fare questo è necessario concentrare l'azione su quell'evento, fermare quello che accade intorno. In questo il teatro è molto diverso dal cinema, dove il montaggio ti consente di scegliere il frammento di immagine da mostrare a chi guarda il film».
Lo spettacolo rimane fedele al testo?
«Sarà Cechov dall'inizio alla fine. Ci sono molti modi per fare Cechov molto male e ci sono molti modi per fare Cechov molto bene. E per me sarebbe impensabile aggiungere o togliere nulla a Cechov».
"Il Gabbiano" in lingua originale (con sottotitoli in italiano) restituisce la rassegnazione dolente ad un destino cieco sottinteso, i dettagli psicologici, l'atmosfera?
«Puskin diceva che l'artista muove tre corde: il riso, le lacrime, la violenza. Con Cechov questo non accade, perché in Cechov non si piange e i personaggi vivono in maniera piatta. Gli esseri umani non sono certo esseri piacevoli. Eppure credo che la messinscena di Cechov possa muovere qualcosa nel cuore: se un lavoro fa sentire qualcosa dentro, allora è un lavoro valido. Perché Cechov è un genio che lavora su un senso che nessuno vede e che dunque non si può spiegare. È questo che cerco di portare in evidenza: vorrei che lo spettatore uscisse con la sensazione di aver compreso, pur senza riuscire a spiegare nulla. Con la sensazione di aver intravisto quella materia viva che sta dietro la forma».
Da un’intervista di Giambattista Marchetto pubblicata su “Il Gazzettino Online”
Oggetto: «ANTON CECHOV: IL MEDICO DELL’ANIMA»
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Ultima modifica di Zarevich il 18 Apr 2018 09:16, modificato 1 volta in totale
Caro Kniaz! È una segnalazione molto bella!
Ultimamente noi vediamo nei teatri di Mosca e non solo di Mosca delle messinscene delle pieses di Cechov, diciamo, abbastanza strane. Le azioni si svolgono in un bagno pubblico, nella stazione, nei reparti agitati, un un ospedale ecc. Io capisco che tutto si possa inventare di sana pianta, ma Cechov deve essere Cechov. Andrej Koncialòvskij dice: «Sarà Cechov dall'inizio alla fine. Ci sono molti modi per fare Cechov molto male e ci sono molti modi per fare Cechov molto bene. E per me sarebbe impensabile aggiungere o togliere nulla a Cechov».
Questo spettacolo dell’anno scorso ha destato una vasta eco della stampa teatrale. Koncialovskij ci ha reso Cechov. Io consiglieri di andare a guardare questo spettacolo di Andrej Koncialòvskij a tutti quelli che amano Cechov.
Ultimamente noi vediamo nei teatri di Mosca e non solo di Mosca delle messinscene delle pieses di Cechov, diciamo, abbastanza strane. Le azioni si svolgono in un bagno pubblico, nella stazione, nei reparti agitati, un un ospedale ecc. Io capisco che tutto si possa inventare di sana pianta, ma Cechov deve essere Cechov. Andrej Koncialòvskij dice: «Sarà Cechov dall'inizio alla fine. Ci sono molti modi per fare Cechov molto male e ci sono molti modi per fare Cechov molto bene. E per me sarebbe impensabile aggiungere o togliere nulla a Cechov».
Questo spettacolo dell’anno scorso ha destato una vasta eco della stampa teatrale. Koncialovskij ci ha reso Cechov. Io consiglieri di andare a guardare questo spettacolo di Andrej Koncialòvskij a tutti quelli che amano Cechov.
Ultima modifica di Zarevich il 18 Apr 2018 09:16, modificato 1 volta in totale
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Ultima modifica di Camomilla il 17 Gen 2007 15:18, modificato 1 volta in totale
E' notevole! Ma non capisco, come sono tournee i teatri drammatichi nei paese esteri? In che lingua sono i loro spettacoli? L'opera e' chiaro, e' una musica. Una musica di una parola. Ma non ho visto mai lo scettacolo nella lingua straniera...
Ultima modifica di Camomilla il 17 Gen 2007 15:18, modificato 1 volta in totale
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Cara Camomilla, gli spettacoli sono in lingua originale, ma con un grande schermo con le traduzioni in tempo reale dei dialoghi. E' una cosa molto buona, che funziona tanto per l'Opera che per il Teatro, secondo me.
E' esattamente come vedere un film in lingua originale con i sottotitoli: in questo modo non si perde la recitazione originale degli attori.
Inoltre, chi va a vedere questi spettacoli, di solito conosce piuttosto bene i testi da prima.
Io di sicuro non lo perderò questo spettacolo! :up:
E' esattamente come vedere un film in lingua originale con i sottotitoli: in questo modo non si perde la recitazione originale degli attori.
Inoltre, chi va a vedere questi spettacoli, di solito conosce piuttosto bene i testi da prima.
Io di sicuro non lo perderò questo spettacolo! :up:
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E' un paragione interessante, ho capito!Myshkin ha scritto: [Visualizza Messaggio]
E' esattamente come vedere un film in lingua originale con i sottotitoli: in questo modo non si perde la recitazione originale degli attori.
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Un altro interessante stralcio di un'intervista a Koncialovskij del 12 novembre scorso, al quotidiano "Il Tempo"
(...) Ha mantenuto la promessa che ha fatto un po’ di tempo fa: dedicarsi solo al teatro...
«Ma no, non trascuro il cinema. Ho appena finito di girare un film, che sarà pronto per la prossima estate: in Italia si intitolerà "Carta patinata". È un film sulla moda, sulla vita superficiale che si fa in questo mondo... una specie di "Dolce vita" ambientato in Russia».
Se il film sarà pronto in estate, forse la vedremo alla prossima edizione di «Cinema. Festa internazionale di Roma»?
«Speriamo, ne sarei contento. È chiaro che non trascuro il cinema, ma confesso che oggi vorrei aver iniziato a lavorare per il teatro dieci anni prima di quello che invece ho fatto. È bellissimo portare in scena grandi classici, come Sofocle».
«Il gabbiano» è un testo importante per lei?
«Sì, certo, importantissimo. Torno a rappresentare questo classico dopo vent’anni. Allora, erano gli anni Ottanta, fui invitato a Parigi da Giorgio Strehler per fare quest’opera: fu un’esperienza eccezionale, emozionante».
Nello spettacolo attuale recita la sua signora, Julia Vysotskaya?
«Sì, è con lei e con molti altri bravissimi attori».
E perché ha deciso di tornare a questa opera?
«Trovo che nelle nuove versioni, che si sono viste recentemente, del "Gabbiano", ci sia poco rispetto per un testo così importante. Cechov è uno degli autori maggiori... veramente un grande classico, come Shakespeare o Pirandello. I giovani artisti spesso giocano. È colpa anche della televisione».
Ce l’ha con la tv?
«Ma certo, in televisione non è possibile recitare. I dialoghi sono primitivi, c’è poca letteratura. E i giovani attori si formano proprio con la televisione. Per loro invece sarebbe importante studiare e recitare i classici. L’apertura e la visione che danno i massimi autori è fondamentale, non c’è nulla che li possa sostituire».
Ma, maestro Konchalovsky, lei ha lavorato per la televisione. Ha fatto l’«Odissea».
«Sì, ho fatto televisione, ma con Omero. Quello è un buon autore».
E come vede il futuro del cinema russo?
«È come quello del cinema italiano: pieno di problemi perché i giovani non vogliono imparare le tradizioni, le grandi tradizioni dei loro Paesi».
Lei inquadra i problemi del cinema in un ambito europeo?
«Sì, certo, quello della rottura con le tradizioni è un problema che non esiste in Cina o in Iran, che sono anche grandi nazioni. Mentre in Occidente c’è il Postmodernismo che annulla il senso delle nazionalità. Insomma, il pericolo è di perdere la visione europea, ma senza rendersi conto che non si può vivere senza tradizioni. Senza passato non c’è futuro. E ritornando al cinema russo vorrei dire che, comunque, ha un futuro interessante. Per i russi è più facile mantenere il contatto con il proprio passato: siamo un po’ isolati, ai confini dell’Europa. I russi sono un po’... provinciali e in provincia si mangia sempre bene». Cosa rimane oggi, dopo tanti anni, del suo lavoro con Andrej Tarkovskij? «Con Tarkovskij abbiamo iniziato insieme, è stato un mio collaboratore, ma una persona molto differente da me. Lui era un personaggio tormentato, nervoso, poetico. Io sono uno che si prepara, metodico. È stata una collaborazione basata su grandi differenze».
Allora la attendiamo in Italia, con il teatro russo.
«Sì, ma io amo molto anche il teatro italiano, anzi sarei felice, presto, di firmare una regia con attori italiani. L’Italia ha una grande scuola di recitazione. Ma io adoro tutta l’Italia. Come dicevo prima apprezzo molto la buona cucina e in Italia la cucina è veramente favolosa».
(...) Ha mantenuto la promessa che ha fatto un po’ di tempo fa: dedicarsi solo al teatro...
«Ma no, non trascuro il cinema. Ho appena finito di girare un film, che sarà pronto per la prossima estate: in Italia si intitolerà "Carta patinata". È un film sulla moda, sulla vita superficiale che si fa in questo mondo... una specie di "Dolce vita" ambientato in Russia».
Se il film sarà pronto in estate, forse la vedremo alla prossima edizione di «Cinema. Festa internazionale di Roma»?
«Speriamo, ne sarei contento. È chiaro che non trascuro il cinema, ma confesso che oggi vorrei aver iniziato a lavorare per il teatro dieci anni prima di quello che invece ho fatto. È bellissimo portare in scena grandi classici, come Sofocle».
«Il gabbiano» è un testo importante per lei?
«Sì, certo, importantissimo. Torno a rappresentare questo classico dopo vent’anni. Allora, erano gli anni Ottanta, fui invitato a Parigi da Giorgio Strehler per fare quest’opera: fu un’esperienza eccezionale, emozionante».
Nello spettacolo attuale recita la sua signora, Julia Vysotskaya?
«Sì, è con lei e con molti altri bravissimi attori».
E perché ha deciso di tornare a questa opera?
«Trovo che nelle nuove versioni, che si sono viste recentemente, del "Gabbiano", ci sia poco rispetto per un testo così importante. Cechov è uno degli autori maggiori... veramente un grande classico, come Shakespeare o Pirandello. I giovani artisti spesso giocano. È colpa anche della televisione».
Ce l’ha con la tv?
«Ma certo, in televisione non è possibile recitare. I dialoghi sono primitivi, c’è poca letteratura. E i giovani attori si formano proprio con la televisione. Per loro invece sarebbe importante studiare e recitare i classici. L’apertura e la visione che danno i massimi autori è fondamentale, non c’è nulla che li possa sostituire».
Ma, maestro Konchalovsky, lei ha lavorato per la televisione. Ha fatto l’«Odissea».
«Sì, ho fatto televisione, ma con Omero. Quello è un buon autore».
E come vede il futuro del cinema russo?
«È come quello del cinema italiano: pieno di problemi perché i giovani non vogliono imparare le tradizioni, le grandi tradizioni dei loro Paesi».
Lei inquadra i problemi del cinema in un ambito europeo?
«Sì, certo, quello della rottura con le tradizioni è un problema che non esiste in Cina o in Iran, che sono anche grandi nazioni. Mentre in Occidente c’è il Postmodernismo che annulla il senso delle nazionalità. Insomma, il pericolo è di perdere la visione europea, ma senza rendersi conto che non si può vivere senza tradizioni. Senza passato non c’è futuro. E ritornando al cinema russo vorrei dire che, comunque, ha un futuro interessante. Per i russi è più facile mantenere il contatto con il proprio passato: siamo un po’ isolati, ai confini dell’Europa. I russi sono un po’... provinciali e in provincia si mangia sempre bene». Cosa rimane oggi, dopo tanti anni, del suo lavoro con Andrej Tarkovskij? «Con Tarkovskij abbiamo iniziato insieme, è stato un mio collaboratore, ma una persona molto differente da me. Lui era un personaggio tormentato, nervoso, poetico. Io sono uno che si prepara, metodico. È stata una collaborazione basata su grandi differenze».
Allora la attendiamo in Italia, con il teatro russo.
«Sì, ma io amo molto anche il teatro italiano, anzi sarei felice, presto, di firmare una regia con attori italiani. L’Italia ha una grande scuola di recitazione. Ma io adoro tutta l’Italia. Come dicevo prima apprezzo molto la buona cucina e in Italia la cucina è veramente favolosa».
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Ultima modifica di Zarevich il 18 Apr 2018 09:17, modificato 1 volta in totale
Kniaz! Non dimenticarti dello spettacolo!
Ultima modifica di Zarevich il 18 Apr 2018 09:17, modificato 1 volta in totale
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Non c'è pericolo, caro Zarevich! 3 febbraio, ore 21: ci sarò.
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I biglietti per entrambe le date dello spettacolo di Roma erano esauriti già da due settimane.
Ho rischiato di perdere questa occasione e di rimpiangerla per molto tempo. Se sono riuscito ad ottenere due biglietti devo ringraziare prima di tutto Igor Ryabtsev, l'operatore di Koncialovski: è stato lui a chiedere a Koncialovskij di procurarmi i bilglietti. Igor è una persona molto simpatica e cordiale, che mi ha raccontatato anche molte cose di Koncialovskij e di Renata Litvinova. Ma bisogna dire che se non fosse stato per il caro Zarevich, non avrei conosciuto Igor, e perciò è soprattutto a lui che vanno i miei ringraziamenti. Grazie Zarevich!!
Ma veniamo ora allo spettacolo.
Una messinscena d'eccezione. Mi è piaciuta davvero tanto, Koncialovski ha fatto un grande lavoro, lui è veramente bravo anche come regista teatrale. Ma bravissimi sono stati anche tutti gli attori: Aleksej Grishin, nel ruolo di Konstantin Gavrilovich Treplev , un giovane e dinamico attore pieno di energia e di grinta, che ha saputo dare un carattere molto originale al suo personaggio che mi è piaciuto molto; Irina Rozanova, nel ruolo di Irina Nikolaevna Arkadina, è esattamente quello che il lettore di Cechov si aspetta da quel personaggio. Julia Vysotskaya, la moglie di Koncialovskij, nel ruolo di Nina Mikhallovna Zarechnaya mi ha convinto sin dalle prime battute, ed ha saputo ben rendere la trasformazione che avviene nel suo personaggio nel corso del dramma Cechoviano, in special modo nel quarto atto, dove le amare esperienze e le profonde delusioni della vita la portano a concludere che l'unica cosa importante è "la capacità di sopportare". Aleksej Serebriakov, nel ruolo di Boris Alekseevich Trigorin non ha bisogno di lodi, il suo nome parla già da solo; come Trigorin è ineccepibile, non si potrebbe chiedere di meglio. Mi fermo qui, ma sono stati tutti molto bravi. Una curiosità: Evgenij Steblov, nel ruolo del medico, Evghenij Sergeevich Dorn, aveva una discreta somiglianza col fratello di Koncialovskij, Nikita Mikhalkov.
Della piece bisogna dire che Koncialovskij ci ha mostrato Cechov come chi lo ama si aspetta che sia, senza voler essere a tutti i costi originale e stravolgere così l'opera di Cechov; e inoltre ho molto apprezzato l'ironia che ha saputo imprimere all'opera preservandone al tempo stesso tutto il carattere drammatico.
Che posso dire? Bravo Andrej Sergeevich! Bravo, bravo, bravo!
Del resto, l'accoglienza dimostrata dal pubblico che ha riempito la sala del teatro, più di 700 posti, lo conferma. E' stato un vero trionfo! Una standing ovation di 5 minuti per Koncialovskij e tutta la compagnia.
Se ne avrete la possibilità di vederla, ve lo consiglio vivamente.
P.S. Alla fine dello spettacolo ho avuto l'onore di essere presentato ad Andreij Sergeevich. E' un grande piacere poter stringere la mano e parlare a un artista come lui. Igor ci ha fatto anche alcune foto insieme, mentre mi scrive una dedica sul bellissimo programma dello spettacolo.
Mi ha promesso che mi manderà le foto appena torna a Mosca.
Ho rischiato di perdere questa occasione e di rimpiangerla per molto tempo. Se sono riuscito ad ottenere due biglietti devo ringraziare prima di tutto Igor Ryabtsev, l'operatore di Koncialovski: è stato lui a chiedere a Koncialovskij di procurarmi i bilglietti. Igor è una persona molto simpatica e cordiale, che mi ha raccontatato anche molte cose di Koncialovskij e di Renata Litvinova. Ma bisogna dire che se non fosse stato per il caro Zarevich, non avrei conosciuto Igor, e perciò è soprattutto a lui che vanno i miei ringraziamenti. Grazie Zarevich!!
Ma veniamo ora allo spettacolo.
Una messinscena d'eccezione. Mi è piaciuta davvero tanto, Koncialovski ha fatto un grande lavoro, lui è veramente bravo anche come regista teatrale. Ma bravissimi sono stati anche tutti gli attori: Aleksej Grishin, nel ruolo di Konstantin Gavrilovich Treplev , un giovane e dinamico attore pieno di energia e di grinta, che ha saputo dare un carattere molto originale al suo personaggio che mi è piaciuto molto; Irina Rozanova, nel ruolo di Irina Nikolaevna Arkadina, è esattamente quello che il lettore di Cechov si aspetta da quel personaggio. Julia Vysotskaya, la moglie di Koncialovskij, nel ruolo di Nina Mikhallovna Zarechnaya mi ha convinto sin dalle prime battute, ed ha saputo ben rendere la trasformazione che avviene nel suo personaggio nel corso del dramma Cechoviano, in special modo nel quarto atto, dove le amare esperienze e le profonde delusioni della vita la portano a concludere che l'unica cosa importante è "la capacità di sopportare". Aleksej Serebriakov, nel ruolo di Boris Alekseevich Trigorin non ha bisogno di lodi, il suo nome parla già da solo; come Trigorin è ineccepibile, non si potrebbe chiedere di meglio. Mi fermo qui, ma sono stati tutti molto bravi. Una curiosità: Evgenij Steblov, nel ruolo del medico, Evghenij Sergeevich Dorn, aveva una discreta somiglianza col fratello di Koncialovskij, Nikita Mikhalkov.
Della piece bisogna dire che Koncialovskij ci ha mostrato Cechov come chi lo ama si aspetta che sia, senza voler essere a tutti i costi originale e stravolgere così l'opera di Cechov; e inoltre ho molto apprezzato l'ironia che ha saputo imprimere all'opera preservandone al tempo stesso tutto il carattere drammatico.
Che posso dire? Bravo Andrej Sergeevich! Bravo, bravo, bravo!
Del resto, l'accoglienza dimostrata dal pubblico che ha riempito la sala del teatro, più di 700 posti, lo conferma. E' stato un vero trionfo! Una standing ovation di 5 minuti per Koncialovskij e tutta la compagnia.
Se ne avrete la possibilità di vederla, ve lo consiglio vivamente.
P.S. Alla fine dello spettacolo ho avuto l'onore di essere presentato ad Andreij Sergeevich. E' un grande piacere poter stringere la mano e parlare a un artista come lui. Igor ci ha fatto anche alcune foto insieme, mentre mi scrive una dedica sul bellissimo programma dello spettacolo.
Mi ha promesso che mi manderà le foto appena torna a Mosca.
Oggetto: «ANTON CECHOV: IL MEDICO DELL’ANIMA»
Ultima modifica di Zarevich il 18 Apr 2018 09:18, modificato 1 volta in totale
Come hai scritto bene, caro Kniaz!
"la capacità di sopportare" è un senso della nostra vita
"la capacità di sopportare" è un senso della nostra vita
Ultima modifica di Zarevich il 18 Apr 2018 09:18, modificato 1 volta in totale
Oggetto: «ANTON CECHOV: IL MEDICO DELL’ANIMA»
Ultima modifica di Zarevich il 16 Maggio 2020 19:42, modificato 2 volte in totale
Vorrei farvi vedere un piccolo articolo che è molto interessante.
Anton Pavlovich Cechov in Italia (Антон Павлович Чехов в Италии)
Secondo me è necessario leggerlo a tutti quelli che si interessano di Cechov.
Suppongo che soprattutto al nostro principe Myshkin sarà molto interessante.
Kniaz Myshkin adora Cechov ed ogni informazione su Cechov suscita in lui un sacro terrore e un palpito del cuore. Del resto Kniaz Myshkin non è solo soletto.
Io ho letto questo articolo e mi è piaciuto. Ritengo che valga la pena di presentarvelo.
Il vostro Zarevich
«Fra i personaggi che hanno reso costante il legame fra la Russia e l’Italia emerge la figura di Anton Cechov che nei suoi tre viaggi nella penisola visitò numerose città italiane. Fra il XIX secolo e l’inizio del XX la presenza russa in Italia fu molto consistente. Fra gli innumerevoli personaggi che affollarono i più vivaci centri culturali della penisola figura anche il famoso scrittore Anton Cechov. Cechov giunse per la prima volta in Italia nella primavera del 1891 arrivando a Venezia con un treno da Vienna. La città lagunare esercitò sullo scrittore un fascino particolare, Cechov la chiamava la città dagli occhi azzurrri. Le gondole nere lungo i canali, i vicoli tortuosi, i palazzi antichi, tutto questo fece impazzire Cechov il quale, in una lettera al fratello Ivan, scriveva che in vita sua non aveva mai visto una città più bella. Cechov era affascinato dall’architettura di Venezia e dai suoi tesori d’arte, ma era anche attratto da particolari che potrebbero sembrare insignificanti: il suono di un mandolino, il rintocco delle campane, i piccioni di piazza S. Marco. Nella lettera al fratello Ivan lo scrittore ci regala una descrizione della Venezia notturna e il suo entusiasmo raggiunge toni parossistici: “La sera ti sposti in gondola … fa caldo, c’è silenzio … attorno passano altre gondole … e ci sei tu che ascolti la musica. Cantano i pezzi d’opera. Che voci! … fino a mezzanotte nell’aria riecheggia un miscuglio di tenori, violini e suoni che ti rapiscono l’anima!” E conclude dicendo al fratello: “Se un giorno capiterai a Venezia sarà la cosa migliore che avrai fatto nella vita.” Ma l’incantesimo si spezzo’ presto con l’arrivo delle prime piogge e “Venezia bella”, come egli la definiva in una lettera alla sorella Maria, cessò di essere “bella”.
Il soggiorno veneziano di Cechov fu il più lungo, rimase infatti nella città 4 giorni. Tutte le altre città italiane (Bologna, Firenze, Roma) furono visitate di sfuggita, pernottando non più di una notte o due. Ma Cechov, turista coscienzioso, si stancò presto di correre da un monumento all’altro e cominciò a soffrire di dolori alla schiena e ai piedi. Anche la nostalgia per la cucina russa contribuì a rendere non sempre piacevole il soggiorno in Italia. Ma in definitiva, tranne che per la sporcizia nelle strade di alcune città e i disservizi del sistema ferroviario, Cechov ebbe dell’Italia un’impressione positivissima, tanto da definire la penisola “il paese delle meraviglie.”
Cechov tornò in Italia nel 1894 e la prima tappa fu Venezia, che già nel primo viaggio lo scrittore aveva considerato la città piu’ straordinaria che avesse mai visto in vita sua. Il soggiorno a Venezia, inoltre, era ritenuto dallo scrittore una sosta obbligata per il turista in visita in Italia perchè nella città lagunare il costo della vita era molto basso. Cechov si stupiva di quanto fosse conveniente alloggiare a Venezia, non superando i 6 rubli al giorno a persona, e anche spostarsi in gondola, visto che i gondolieri prendevano solo 30 copechi l’ora. Per di piu’ l’accesso a tutti i musei era gratuito. Della città lo affascinava soprattutto la possibilità di muoversi in gondola dal momento che al posto delle strade e dei vicoli a Venezia ci sono i canali. Lì, tra una visita e l’altra ai vari luoghi di interesse artistico e storico, Cechov comprò tre cravatte e un bicchiere di vetro colorato tipico della tradizione veneziana. Dopo qualche giorno lo scrittore andò a Milano. Qui assistette alla rappresentazione di un adattamento teatrale di un’opera di Dostojevskij, “Delitto e Castigo”, ritenendo che gli attori italiani avessero recitato meglio di quelli russi. A Genova, poi, Cechov visitò il cimitero, il pensiero della morte era, per una persona malata di tubercolosi come Cechov, una compagna fedele che non lo abbandonava mai neppure nei momenti più sereni. Andò anche a Pompei e poi volle salire sul Vesuvio, questa escursione lo stanco’ oltremodo, ma la vista del cratere, della lava e del fumo lo impressionò a tal punto che paragonò il vulcano all’inferno.
L’ultimo soggiorno in Italia di Cechov risale all’inverno 1901. Lo scrittore soggiornò soprattutto a Roma, ma, come le altre volte, fu sfortunato perchè il tempo meteorologico fu inclemente e quando cominciò a nevicare Cechov interruppe il viaggio e tornò in Russia.
Cechov avrebbe voluto tornare ancora una volta in Italia. Nell’estate del 1904 si trovava a Badenweiler per trovare sollievo nella fase terminale della sua malattia. Voleva rientare in Russia passando per l’Italia, ma questo suo ultimo desiderio non potè essere esaudito. Morì in Germania la notte del 2 luglio, morendo semplicemente come semplicemente era vissuto, coricandosi di fianco dopo aver sorseggiato una coppa di champagne»
Anton Pavlovich Cechov in Italia (Антон Павлович Чехов в Италии)
Secondo me è necessario leggerlo a tutti quelli che si interessano di Cechov.
Suppongo che soprattutto al nostro principe Myshkin sarà molto interessante.
Kniaz Myshkin adora Cechov ed ogni informazione su Cechov suscita in lui un sacro terrore e un palpito del cuore. Del resto Kniaz Myshkin non è solo soletto.
Io ho letto questo articolo e mi è piaciuto. Ritengo che valga la pena di presentarvelo.
Il vostro Zarevich
«Fra i personaggi che hanno reso costante il legame fra la Russia e l’Italia emerge la figura di Anton Cechov che nei suoi tre viaggi nella penisola visitò numerose città italiane. Fra il XIX secolo e l’inizio del XX la presenza russa in Italia fu molto consistente. Fra gli innumerevoli personaggi che affollarono i più vivaci centri culturali della penisola figura anche il famoso scrittore Anton Cechov. Cechov giunse per la prima volta in Italia nella primavera del 1891 arrivando a Venezia con un treno da Vienna. La città lagunare esercitò sullo scrittore un fascino particolare, Cechov la chiamava la città dagli occhi azzurrri. Le gondole nere lungo i canali, i vicoli tortuosi, i palazzi antichi, tutto questo fece impazzire Cechov il quale, in una lettera al fratello Ivan, scriveva che in vita sua non aveva mai visto una città più bella. Cechov era affascinato dall’architettura di Venezia e dai suoi tesori d’arte, ma era anche attratto da particolari che potrebbero sembrare insignificanti: il suono di un mandolino, il rintocco delle campane, i piccioni di piazza S. Marco. Nella lettera al fratello Ivan lo scrittore ci regala una descrizione della Venezia notturna e il suo entusiasmo raggiunge toni parossistici: “La sera ti sposti in gondola … fa caldo, c’è silenzio … attorno passano altre gondole … e ci sei tu che ascolti la musica. Cantano i pezzi d’opera. Che voci! … fino a mezzanotte nell’aria riecheggia un miscuglio di tenori, violini e suoni che ti rapiscono l’anima!” E conclude dicendo al fratello: “Se un giorno capiterai a Venezia sarà la cosa migliore che avrai fatto nella vita.” Ma l’incantesimo si spezzo’ presto con l’arrivo delle prime piogge e “Venezia bella”, come egli la definiva in una lettera alla sorella Maria, cessò di essere “bella”.
Il soggiorno veneziano di Cechov fu il più lungo, rimase infatti nella città 4 giorni. Tutte le altre città italiane (Bologna, Firenze, Roma) furono visitate di sfuggita, pernottando non più di una notte o due. Ma Cechov, turista coscienzioso, si stancò presto di correre da un monumento all’altro e cominciò a soffrire di dolori alla schiena e ai piedi. Anche la nostalgia per la cucina russa contribuì a rendere non sempre piacevole il soggiorno in Italia. Ma in definitiva, tranne che per la sporcizia nelle strade di alcune città e i disservizi del sistema ferroviario, Cechov ebbe dell’Italia un’impressione positivissima, tanto da definire la penisola “il paese delle meraviglie.”
Cechov tornò in Italia nel 1894 e la prima tappa fu Venezia, che già nel primo viaggio lo scrittore aveva considerato la città piu’ straordinaria che avesse mai visto in vita sua. Il soggiorno a Venezia, inoltre, era ritenuto dallo scrittore una sosta obbligata per il turista in visita in Italia perchè nella città lagunare il costo della vita era molto basso. Cechov si stupiva di quanto fosse conveniente alloggiare a Venezia, non superando i 6 rubli al giorno a persona, e anche spostarsi in gondola, visto che i gondolieri prendevano solo 30 copechi l’ora. Per di piu’ l’accesso a tutti i musei era gratuito. Della città lo affascinava soprattutto la possibilità di muoversi in gondola dal momento che al posto delle strade e dei vicoli a Venezia ci sono i canali. Lì, tra una visita e l’altra ai vari luoghi di interesse artistico e storico, Cechov comprò tre cravatte e un bicchiere di vetro colorato tipico della tradizione veneziana. Dopo qualche giorno lo scrittore andò a Milano. Qui assistette alla rappresentazione di un adattamento teatrale di un’opera di Dostojevskij, “Delitto e Castigo”, ritenendo che gli attori italiani avessero recitato meglio di quelli russi. A Genova, poi, Cechov visitò il cimitero, il pensiero della morte era, per una persona malata di tubercolosi come Cechov, una compagna fedele che non lo abbandonava mai neppure nei momenti più sereni. Andò anche a Pompei e poi volle salire sul Vesuvio, questa escursione lo stanco’ oltremodo, ma la vista del cratere, della lava e del fumo lo impressionò a tal punto che paragonò il vulcano all’inferno.
L’ultimo soggiorno in Italia di Cechov risale all’inverno 1901. Lo scrittore soggiornò soprattutto a Roma, ma, come le altre volte, fu sfortunato perchè il tempo meteorologico fu inclemente e quando cominciò a nevicare Cechov interruppe il viaggio e tornò in Russia.
Cechov avrebbe voluto tornare ancora una volta in Italia. Nell’estate del 1904 si trovava a Badenweiler per trovare sollievo nella fase terminale della sua malattia. Voleva rientare in Russia passando per l’Italia, ma questo suo ultimo desiderio non potè essere esaudito. Morì in Germania la notte del 2 luglio, morendo semplicemente come semplicemente era vissuto, coricandosi di fianco dopo aver sorseggiato una coppa di champagne»
Ultima modifica di Zarevich il 16 Maggio 2020 19:42, modificato 2 volte in totale
Oggetto: «ANTON CECHOV: IL MEDICO DELL’ANIMA»
Grazie, Zarevich!
Un articolo molto interessante. Hai ragione, sai bene quanto io stimi Anton Pavlovich!
Anch'io ho un articolo su Cechov interessantissimo, ma purtroppo non è in formato elettronico. Piano piano cercherò di trascriverlo, e poi lo pubblicherò qui sotto. Trovo che raccogliere più materiale e testimonianze possibili e dedicare uno spazio maggiore a Cechov sia quasi un dovere qui da noi! Secondo me nessuno in letteratura esprime e simboleggia l'anima Russa meglio di lui. Cechov è sempre attuale. Le sue pieces teatrali sono capolavori eterni.
Un articolo molto interessante. Hai ragione, sai bene quanto io stimi Anton Pavlovich!
Anch'io ho un articolo su Cechov interessantissimo, ma purtroppo non è in formato elettronico. Piano piano cercherò di trascriverlo, e poi lo pubblicherò qui sotto. Trovo che raccogliere più materiale e testimonianze possibili e dedicare uno spazio maggiore a Cechov sia quasi un dovere qui da noi! Secondo me nessuno in letteratura esprime e simboleggia l'anima Russa meglio di lui. Cechov è sempre attuale. Le sue pieces teatrali sono capolavori eterni.
Oggetto: «ANTON CECHOV: IL MEDICO DELL’ANIMA»
Ultima modifica di Zarevich il 18 Apr 2018 09:20, modificato 6 volte in totale
Aleksandr Izmajlov Александр Измайлов
«CECHOV» Biografia
«ЧЕХОВ» Биография
Casa Editrice «Zakharov» Mosca 2003 (Pagine 480)
Издательство «Захаров» Москва 2003
Aleksadr Izmajlov (1873-1921), il celebre critico letterario, prosatore e poeta, è l’autore della PRIMA monografia su Anton Cechov. Il libro di Izmajlov fu pubblicato per la prima volta nel 1916 a Mosca dalla Casa Editrice di Sytin. L’autore conosceva personalmente Anton Cechov e sulla base dei numerosi documenti scrisse la sua monografia dello scrittore “di grande e delicato talento”. Fra tutte le numerose monografie dedicate ad Anton Cechov scritte nel corso degli ultimi cento anni in Russia ed all’estero, questa di Aleksandr Izmajlov è la più preziosa e la più cara a tutti gli appassionati di Cechov.
Non perdetela!
«CECHOV» Biografia
«ЧЕХОВ» Биография
Casa Editrice «Zakharov» Mosca 2003 (Pagine 480)
Издательство «Захаров» Москва 2003
Aleksadr Izmajlov (1873-1921), il celebre critico letterario, prosatore e poeta, è l’autore della PRIMA monografia su Anton Cechov. Il libro di Izmajlov fu pubblicato per la prima volta nel 1916 a Mosca dalla Casa Editrice di Sytin. L’autore conosceva personalmente Anton Cechov e sulla base dei numerosi documenti scrisse la sua monografia dello scrittore “di grande e delicato talento”. Fra tutte le numerose monografie dedicate ad Anton Cechov scritte nel corso degli ultimi cento anni in Russia ed all’estero, questa di Aleksandr Izmajlov è la più preziosa e la più cara a tutti gli appassionati di Cechov.
Non perdetela!
Ultima modifica di Zarevich il 18 Apr 2018 09:20, modificato 6 volte in totale
Oggetto: «ANTON CECHOV: IL MEDICO DELL’ANIMA»
Ultima modifica di Zarevich il 18 Apr 2018 09:22, modificato 2 volte in totale
Mikhail Gròmov Михаил Громов
«CECHOV» «ЧЕХОВ»
Serie: «Vita degli Uomini Eccellenti» («Жизнь Замечательных Людей», ЖЗЛ)
Casa Editrice «Molodaja Gvardia» Mosca 1993 (Pagine 398)
Издательство «Молодая Гвардия» Москва 1993
Mikhail Gròmov (Михаил Громов, 1927–1990), il critico letterario, specialista della creazione letteraria di Anton Cechov. Questo libro è una delle molte monografie dedicate ad Anton Cechov, piuttosto la più migliore monografia dopo il libro di Aleksanfr Izmajlov. Il libro di Mikhail Gròmov è una profonda analisi della vita letteraria di Cechov sulla base dei documenti di archivio che aiuteranno a capire le parole di Cechov stesso: «Come io starò solo nella tomba mia, così in realtà io vivo solo» («Как я буду лежать в могиле один, так в сущности я и живу одиноким»).
«CECHOV» «ЧЕХОВ»
Serie: «Vita degli Uomini Eccellenti» («Жизнь Замечательных Людей», ЖЗЛ)
Casa Editrice «Molodaja Gvardia» Mosca 1993 (Pagine 398)
Издательство «Молодая Гвардия» Москва 1993
Mikhail Gròmov (Михаил Громов, 1927–1990), il critico letterario, specialista della creazione letteraria di Anton Cechov. Questo libro è una delle molte monografie dedicate ad Anton Cechov, piuttosto la più migliore monografia dopo il libro di Aleksanfr Izmajlov. Il libro di Mikhail Gròmov è una profonda analisi della vita letteraria di Cechov sulla base dei documenti di archivio che aiuteranno a capire le parole di Cechov stesso: «Come io starò solo nella tomba mia, così in realtà io vivo solo» («Как я буду лежать в могиле один, так в сущности я и живу одиноким»).
Ultima modifica di Zarevich il 18 Apr 2018 09:22, modificato 2 volte in totale
Cechov 1.jpg | |
Descrizione: | Mikhail Gròmov «CECHOV» Serie: «Vita degli Uomini Eccellenti» Casa Editrice «Molodaja Gvardia» Mosca 1993 |
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Cechov 2.jpg | |
Descrizione: | Mikhail Gròmov «CECHOV» Serie: «Vita degli Uomini Eccellenti» Casa Editrice «Molodaja Gvardia» Mosca 1993 |
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Cechov 3.jpg | |
Descrizione: | Mikhail Gròmov «CECHOV» Serie: «Vita degli Uomini Eccellenti» Casa Editrice «Molodaja Gvardia» Mosca 1993 |
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Oggetto: «ANTON CECHOV: IL MEDICO DELL’ANIMA»
E' un gran peccato che la maggior parte delle opere qui presentate dal caro Zarevich, quasi sempre interessantissime, come in questo caso, siano in realtà accessibili soltanto ai lettori russi, che hanno la possibilità di trovarle in qualsiasi libreria. Ai poveri lettori italiani che desidererebbero anch'essi poter leggere questi libri, non resta che imparare la lingua russa e leggerli in originale. Ma noi qui speriamo anche che queste preziose segnalazioni possano prima o poi arrivare all'orecchio di qualche editore italiano di buon senso, magari su suggerimento di qualche traduttore attento, e che almeno alcune di queste numerose opere, romanzi, trattati, biografie e saggi, possano essere pubblicate anche in Italia.
Anche se, ad esser sinceri, forse faremo prima ad imparare il russo che a vederle tradotte e leggerle in italiano :?
Anche se, ad esser sinceri, forse faremo prima ad imparare il russo che a vederle tradotte e leggerle in italiano :?
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