Oggetto: «MIKHAIL BULGAKOV: UNO SCRITTORE RUSSO»
Mikhail Bulgakov «DIARIO. LETTERE. 1914–1940»
Михаил Булгаков «ДНЕВНИК. ПИСЬМА 1914–1940»
Casa Editrice «Sovremènnyj Pissàtel» 1997 (Pagine 640)
Издательство «Современный писатель», 1997

Nel libro sono contenuti il Diario di Mikhail Bulgakov ((1922—1925), i suoi documenti privati, le sue lettere scritte a Stalin, Jenukìdze, Jagòda, Gorkij, Assàfjev, Stanislàvskij, Nemiròvich-Dòncenko, Veressajev, Volòshyn, Zamiàtin e a molti altri. Ci sono anche le opere a carattere memorialistico come «Le straordinarie avventure di un dottore» («Необыкновенные приключения доктора»), «Appunti sui polsini» («Записки на манжетах»), «Богема» («La boheme»), «Il memoriale» («Воспоминание») ed anche i famosi racconti orali registrati da Elena Bulgakova.



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Oggetto: «MIKHAIL BULGAKOV: UNO SCRITTORE RUSSO»
Boris Miagkòv (Борис Мягков)
«MOSCA BULGAKOVIANA»
«БУЛГАКОВСКАЯ МОСКВА»
Casa Editrice «Moskòvskij Rabòcij» Mosca 1993

Questo libro è scritto da Boris Miagkòv nel genere della topografia letteraria ed è dedicato agli indirizzi di Mosca di Mikhail Bulgakov e dei suoi personaggi letterari. La dettagliata descrizione di tutti gli indirizzi, dei luoghi e posti, le strade e le piazze, i vicoli e i giardini di Mosca collegati con Mikhail Bulgakov. Nel libro ci sono moltissime illustrazioni.



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Descrizione: Boris Miagkòv «MOSCA BULGAKOVIANA»
Casa Editrice «Moskòvskij Rabòcij» Mosca 1993 
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Descrizione: Boris Miagkòv «MOSCA BULGAKOVIANA»
Casa Editrice «Moskòvskij Rabòcij» Mosca 1993 
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Descrizione: Boris Miagkòv «MOSCA BULGAKOVIANA»
Casa Editrice «Moskòvskij Rabòcij» Mosca 1993 
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Oggetto: «MIKHAIL BULGAKOV: UNO SCRITTORE RUSSO»
Un altro dei tantissimi lavori dedicati al culto Bulgakoviano.
C'è qualcosa ancora ignoto o non raccontato su Bulgakov, la sua vita e i suoi romanzi?
Mi sembra che sia davvero l'autore al quale sono state dedicati più volumi, ricerche, biografie, critiche, di qualunque altro.

 
Oggetto: «MIKHAIL BULGAKOV: UNO SCRITTORE RUSSO»
«MIKHAIL BULGAKOV» La vita e la creazione
«МИХАИЛ БУЛГАКОВ» Жизнь и творчество
Album di fotografie Фотоальбом
Casa Editrice «Ellis Lak 2000» Mosca 2006 (Pagine 320)
Издательство «Эллис Лак 2000» Москва 2006

Nell'album ci sono più di 500 fotografie in cui sono rispecchiati i principali periodi della vita, la cronologia e la geografia di Mikhail Bulgakov. Ci sono presentati anche dei ricordi dei suoi parenti e amici, degli abbozzi dei suoi contemporanei, dei critici letterari, teatrali e politici molti dei quali divennero i prototipi dei personaggi delle opere di Bulgakov. Alcune foto documentarie di Bulgakov dell’epoca della Prima Guerra Mondiale e della Guerra Civile sono pubblicate per la prima volta. Le fotografie degli appartamenti, degli edifici, delle strade dove viveva o era Mikhail Bulgakov e i suoi personaggi. Ci sono presentate anche le locandine e i cartelloni teatrali delle piece di Bulgakov e le scene dalle messinscene. L’album è fatto sulla base della collezione di Boris Magkov, il ricercatore della vita e della creazione di Mikhail Bulgakov.



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Descrizione: «MIKHAIL BULGAKOV» La vita e la creazione
Album di fotografie
Casa Editrice «Ellis Lak 2000» Mosca 2006 
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Oggetto: «MIKHAIL BULGAKOV: UNO SCRITTORE RUSSO»
Penso che Mikhail Afanasjevich Bulgakov sia sovrintelligibile e inconoscibile



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Oggetto: «MIKHAIL BULGAKOV: UNO SCRITTORE RUSSO»
Aleksandr Zerkàlov Александр Зеркалов
«L’ETICA DI MIKHAIL BULGAKOV»
«ЭТИКА МИХАИЛА БУЛГАКОВА»
Casa Editrice «Text» Mosca 2004 (239)
Издательство «Текст» Москва 2004

L’autore esamina le particolarità etiche della creazione di Mikhail Bulgakov sullo sfondo delle realtà letterarie e politiche della vita quotidiana dell’anno 1937 quando lui scriveva la sua ultima variante del romanzo «Maestro e Margherita» («Мастер и Маргарита»). Secondo Aleksandr Zerkàlov il romanzo bulgakoviano sul diavolo è una sciarada sui generis, le cui soluzioni si trovano nella realtà sociale dell’URSS degli anni ’30 del secolo scorso.



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Descrizione: Aleksandr Zerkàlov
«L’ETICA DI MIKHAIL BULGAKOV»
Casa Editrice «Text» Mosca 2004 (239) 
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Oggetto: «MIKHAIL BULGAKOV: UNO SCRITTORE RUSSO»
«BULGAKOV SENZA LUCENTEZZA»
A cura di Pavel Fòkin
«БУЛГАКОВ БЕЗ ГЛЯНЦА»
Составитель Павел Фокин
Casa Editrice «Amphora» San Pietroburgo 2010 (Pagine 416)
Издательство «Амфора» Санкт-Петербург 2010

Come era Bulgakov? A questa domanda si può rispondere subito. Era intrepido sempre e in tutto. Era suscettibile, ma forte. Era fiducioso ma non perdonava nessuna menzogna, nessun tradimento. La coscienza personificata. L’onore integro. Lui era certo molto intelligente e in modo sorprendente attento non solo nella letteratura, ma anche nella vita.



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Descrizione: «BULGAKOV SENZA LUCENTEZZA»
A cura di Pavel Fòkin
Casa Editrice «Amphora» San Pietroburgo 2010 (Pagine 416) 
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Oggetto: «MIKHAIL BULGAKOV: UNO SCRITTORE RUSSO»
di Mario Alessandro Curletto

I


Michail Bulgakov giunse nella turbinosa e caotica Mosca della NEP alla fine del settembre 1921 “senza denaro, senza oggetti personali” e, subito impegnato in una lotta quotidiana per la sopravvivenza, si pose come obiettivo a lungo termine quello di possedere una casa dignitosa e una buona biblioteca. La realizzazione di questo sogno squisitamente borghese non risultò affatto facile: gli anni ’20 furono per lo scrittore un itinerario faticoso e irto di ostacoli. I suoi racconti furono oggetto di violenti attacchi da parte della critica. Il romanzo La guardia bianca non venne neppure pubblicato interamente. La prima rappresentazione del dramma che lo scrittore ne aveva tratto, intitolato I giorni dei Turbin, avvenuta il 5 ottobre 1926, segnò un ulteriore salto di qualità: Bulgakov divenne bersaglio di un fuoco incrociato di invettive e insulti personali. Una valanga di accuse si abbatté sul MChAT (Teatro Accademico d’Arte di Mosca), reo di aver allestito il dramma, e non fu risparmiato neppure il Commissario del Popolo per l’Istruzione, A. Lunačarskij che, pur tra mille dubbi e perplessità, ne aveva autorizzato la rappresentazione. Lunačarskij rivide prontamente la sua posizione, criticando con asprezza I giorni deiTurbin in un articolo edito l’8 ottobre sulle Izvestija.

La campagna denigratoria contro Bulgakov fu orchestrata soprattutto dalla RAPP (Associazione Russa degli Scrittori Proletari), il più potente e tristemente famoso dei gruppi che, propugnando grossolani concetti di marxismo militante, si avviavano a instaurare una nefasta egemonia sulle lettere sovietiche. Secondo lo stile e le consuetudini della RAPP, gli attacchi non prendevano le mosse da considerazioni di carattere letterario, ma avevano un contenuto ideologico e politico: gli “scrittori proletari” consideravano I giorni dei Turbin una vera e propria apologia del “nemico di classe”, quell’intelligencija di solide radici borghesi che lo scrittore, animato da un sincero r mai dissimulato sentimento di appartenenza, aveva raffigurato con toni lirici ed elegiaci. Il “particolare interesse” che i critici riservarono a Bulgakov li indusse persino a coniare il termino bulgakovščina (bulgakovismo), inteso come simbolo di un sentimentalismo apertamente reazionario che andava estirpato ad ogni costo dal campo della letteratura sovietica. Spunti polemici nei confronti de I giorni dei Turbin vennero anche da V. Majakovskij, il quale, fautore delle esperienze d’avanguardia anche in campo teatrale, mostrò apertamente di non apprezzare le concezioni estetiche tradizionali e i valori borghesi di cui il dramma bulgakoviano era portatore.

Per lungo tempo, tuttavia, Bulgakov non parve particolarmente toccato dagli eccessi di quello che, soltanto con un eufemismo, si potrebbe definire un dibattito letterario: ritagliava i numerosissimi articoli ostili e li incollava in un album, oppure li appendeva alle pareti del suo studio, forse per farsene beffa o per esorcizzarli. Gli atteggiamenti esteriori sempre più impeccabili denotavano la volontà di accentuare polemicamente i propri tratti borghesi. Quanto all’antico sogno di una casa decente e di una biblioteca, pareva essersi finalmente avverato con il trasferimento nel 1927 in un appartamento sulla Bol’šaja Pirogovskaja, vicino al monastero Novodevičij.

Ma verso la fine degli anni ’20 la letteratura, come tutta la cultura sovietica, procedeva ormai a grandi passi verso una completa irreggimentazione. Nel 1928 era stato varato il primo piano quinquennale di industrializzazione e collettivizzazione, e anche le “legioni” degli scrittori vennero chiamate a dare il loro contributo, illustrando e magnificando la costruzione dell’uomo e della società nuovi. Strumento decisivo di questa mobilitazione generale voluta dal potere politico fu la RAPP, la cui dittatura in campo letterario divenne così assoluta.

In un contesto simile la sorte di quegli scrittori che non si allineavano esplicitamente alla nuova “consegna sociale” poteva dirsi segnata. E infatti nel 1929, lo stesso anno in cui scoppiarono i clamorosi casi letterari di Pil’njak e Zamjatin, la posizione di Bulgakov si fece delicatissima: al fuoco concentrato della critica si aggiunse la messa al bando dai teatri sovietici di due suoi lavori teatrali, I giorni dei Turbin e L’isola purpurea, mentre L’appartamento di Zoja era stato tolto dal repertorio già nell’anno precedente. Una quarta pièce, La corsa, fu proibita mentre si trovava ancora in fase di allestimento al MChAT. Bulgakov non avrebbe mai visto la rappresentazione di quest’opera sulla quale pesò il giudizio negativo espresso da Stalin nella lettera al drammaturgo Bill-Belocerkovskij del 2 febbraio 1929. Questa lettera fu resa pubblica soltanto molti anni dopo, ma, data l’eccezionalità dell’autore, dobbiamo supporre che avesse ottenuto negli ambienti letterari dell’epoca diffusione e risonanza immediate.
Quanto alla narrativa, l’ultima pubblicazione risaliva ormai al 1927, da allora nessuna rivista aveva accettato una riga scritta da Bulgakov, il quale, spinto dall’assoluta necessità economica, meditò l’idea, poi scartata in extremis, di dedicarsi all’ideazione e stesura di sketches per il teatro di varietà e per il circo.

Nel tentativo di sottrarsi a questo stato di morte civile in cui l’aveva spinto l’ostracismo decretato nei suoi confronti, Bulgakov si rivolse agli uomini di governo e a Gor’kij, considerato allora una sorta di nome tutelare degli scrittori sovietici, chiedendo che fosse presa in esame la sua insostenibile situazione e gli fosse concesso di recarsi all’estero. La prima lettera fu scritta in quattro copie nel 1929 e fu inoltrata ai diversi destinatari per mano di A.I. Sviderskij, allora capo della Direzione Generale per l’Arte (Glaviskusstvo). Ne seguirono altre di cui è trovata copia nell’archivio dello scrittore, ma è difficile stabilire quali di esse siano state effettivamente inoltrate. In ogni caso questi appelli non sortirono alcun esito positivo, anzi, il 18 marzo 1930 le residue, flebili speranze di Bulgakov ricevettero un altro durissimo colpo: il Comitato Generale per il Repertorio (Glavrepertkom) bocciò La cabala dei bigotti, un dramma sulla vita di Molière scritto alla fine del 1929 in poco più di due mesi di lavoro intenso e appassionato.

Bulgakov era giunto ormai alla disperazione, aveva cercato invano un lavoro come portiere o come operaio tipografo e, secondo una notizia riferita dallo studioso V. Lakšin, portava sempre con sé una pistola, meditando il suicidio.

Da questo stato d’animo nacque la lettera inviata il 28 marzo 1930 ai dirigenti dell’URSS, l’unica che abbia ricevuto una risposta diretta da parte di Stalin. In questa lettera-dichiarazione, scritta, pare, in dieci giorni e dunque ben meditata, Bulgakov individuava due sole vie d’uscita dalla sua penosa situazione: l’espulsione dal paese o l’assunzione al Teatro d’Arte di Mosca. Curiosamente non faceva menzione di una terza possibilità, quella cioè che gli fosse consentito di continuare, in patria, la sua attività di scrittore; trattandosi di una lettera ampia e ben argomentata è difficile pensare a una dimenticanza. L’ipotesi più probabile è dunque che Bulgakov, visti i toni del dibattito politico-culturale del tempo, non osasse neppure sperare in una grazia così grande.

...continua

 
Oggetto: «MIKHAIL BULGAKOV: UNO SCRITTORE RUSSO»
II


A questo punto appare lecito chiedersi che cosa, oltre alla disperazione, spinse Bulgakov a rivolgersi a Stalin con una lettera così sincera, esponendo in modo inequivocabile e definitivo le proprie posizioni letterarie e politiche, in un’epoca in cui abiure ed equilibrismi ideologici stavano diventando una beffarda e tragica regola. Nella già citata lettera a Bill-Belocerkovskij, che aveva segnato la condanna de La corsa, Stalin parafrasando tra l’altro un proverbio popolare, giustificava invece la presenza, invisa a molti, de I giorni dei Turbin sulle scene sovietiche. Affermava in sostanza che, in mancanza di meglio, anche le opere teatrali complessivamente non dannose, potevano essere accettate. Il concetto espresso da Stalin era che nel dramma, sia pure vista dal campo avverso, la rivoluzione bolscevica risaltava come un evento necessario e ineluttabile. Ma neppure questa analisi ideologica, invero non troppo sottile, da sola poteva spiegare il fatto che, come risulta dai registri del MChAT, il Capo Supremo avesse assistito alla rappresentazione de I giorni dei Turbin almeno quindici volte. Evidentemente c’era nel dramma qualcosa che lo avvinceva: forse proprio su questo si fondavano le speranze, apparentemente poco razionali, di Bulgakov.

Tre settimane dopo l’invio della lettera, il 18 aprile 1930, arrivò effettivamente la risposta di Stalin, e con modalità del tutto inattese: l’uomo più potente dell’Unione Sovietica telefonò personalmente a Bulgakov. Stalin si mostrò restio a concedere a Bulgakov il permesso di lasciare l’URSS, ma gli promise un lavoro al Teatro d’Arte, come lo scrittore aveva chiesto nella lettera del 28 marzo. La promessa fu mantenuta: il giorno seguente Bulgakov si recò al MChAT, dove fu subito assunto in qualità di aiuto-regista.

Stalin, come si è già detto, aveva manifestato interesse per l’opera drammaturgica di Bulgakov, tuttavia poteva essere stato indotto a una risposta così diretta e informale anche da ragioni di opportunità politica. Il 17 marzo, ventiquattro ore prima della famosa telefonata, si erano svolti i funerali di V. Majakovskij, che si era tolto la vita il 14, alle ore 10.15, nel suo studio al passaggio Lubjanskij, a Mosca. Il fatto aveva suscitato una grandissima impressione; in tre giorni circa centocinquantamila persone avevano reso omaggio alla salma del poeta. In un simile momento il suicidio di un altro letterato avrebbe forse incrinato la popolarità e l’immagine del regime.

La notizia della telefonata si Stalin divenne ben presto di dominio pubblico; del resto a diffonderla contribuì lo stesso Bulgakov, il quale in questo modo intendeva probabilmente dimostrare che l’atmosfera intorno a lui era cambiata, che il suo nome non era più all’indice. Ne derivarono pettegolezzi, voci incontrollate e anche uno scherzo piuttosto crudele da parte di un amico come Jurij Oleša, il quale alcuni mesi dopo spedì allo scrittore una falsa convocazione al Comitato Centrale del Partito. La lettera era contraffatta con cura, ma non sortì l’effetto sperato dal suo autore.

In ogni caso Bulgakov era convinto di aver trovato in Stalin un suo sincero estimatore e, in una certa misura, un difensore contro la schiera di burocrati letterari che si accaniva contro di lui.
La telefonata del 18 aprile 1930 si era conclusa con la promessa, da parte del tiranno, di un incontro personale. Bulgakov attese invano per tutta la vita questo singolare appuntamento. La sua terza moglie, Elena Sergeevna Bulgakova, scrisse nelle sue memorie: “… M. A. mi faceva sempre la stessa domanda: perché ha cambiato idea? E io rispondevo sempre nello stesso modo: e che cosa avrebbe potuto dirti? Dalla tua lettera ha capito perfettamente che non avreste certo parlato dell’appartamento o di soldi…”.

Probabilmente in Bulgakov rimase sempre il rimpianto di non aver potuto, durante la famosa conversazione telefonica, esprimere compiutamente il suo pensiero, sia per l’emozione e il comprensibile sbalordimento sia per l’incalzare delle domande dell’interlocutore.
L’attesa di un nuovo incontro e il desiderio di comunicare con il suo alto protettore sarebbero divenute un motivo latente di tutta la successiva produzione bulgakoviana. In particolare, nelle opere dedicate a MolièreBulgakov adombrò nella sua interpretazione dei rapporti fra il grande commediografo e Luigi XIV una sorta di modello per le relazioni fra il sovrano assoluto e l’artista di genio: il monarca, seppur altezzoso e spietato, comprendeva i diritti dell’arte e difendeva l’artista dagli attacchi dei suoi zelanti e gretti sottoposti.

In realtà Stalin seguì molto parzialmente il “modello” del Re Sole che Bulgakov gli aveva indirettamente suggerito; tuttavia lo scrittore non perse fiducia in questa sorta di rapporto privilegiato con il suo “sovrano”, anzi all’inizio del 1931, nell’esordio di una lettera rimasta poi incompiuta, gli chiedeva di diventare il suo “primo lettore”. Il 30 maggio dello stesso anno Bulgakov indirizzò a Stalin una nuova lettera-confessione. Il sentimento di sollievo, quasi di euforia, che aveva caratterizzato i primi mesi dopo il colloquio telefonico e l’entrata al MChAT, si era gradualmente trasformato in smarrimento e depressione. Alla sua attività di sceneggiatore e di aiuto regista erano state poste pesanti limitazioni, specialmente da parte di K.S. Stanislavskij, condirettore del MChAT; soprattutto, i teatri e le case editrici continuavano a ignorare i suoi lavori. Questa condanna al silenzio lo tormentava al punto da procurargli un’autentica sofferenza fisica, aggravata dal rimorso per essersi infine arreso, lui “l’unico lupo” della letteratura russa, e per aver rinnegato la sua vocazione di scrittore limitandosi al lavoro di regista e di attore. Ma in questo tristissimo stato d’animo, in cui tutte le “sensazioni” erano “monotone” e tutti i “progetti velati di nero”, Bulgakov scrittore conservava ancora la speranza di poter lavorare nel suo paese. Nella lettera del 30 maggio 1931 non chiedeva più di espatriare, concessione che Stalin si era mostrato poco propenso ad accordargli, ma di recarsi all’estero soltanto per alcuni mesi, in compagnia della moglie, per conoscere il mondo e trarne nuovi e interessanti stimoli per la sua attività letteraria. Nel finale della lettera Bulgakov ritornava sulla telefonata dell’anno precedente che, secondo un’illusione durata dodici mesi, avrebbe dovuto cambiare la sua vita, e auspicava un incontro con il suo potente interlocutore.

Quest’incontro non avvenne mai, l’autorizzazione per il viaggio all’estero gli fu negata e la lettera rimase senza risposta.
In seguito Bulgakov scrisse ancora a Stalin, ma senza più chiedere un incontro. Forse persuaso, finalmente, dell’infruttuosità di ogni tentativo di instaurare un rapporto personale, rivolse allo statista lettere dal contenuto più circoscritto, denunciando le malefatte di burocrati e funzionari nei suoi confronti, oppure appoggiando richieste di altri. Queste lettere seguivano uno schema verbale e compositivo abbastanza rigido e formale che si potrebbe definire di “supplica al sovrano”, salvo poi debordare a tratti in un amaro sfogo.
È in particolare il caso della lettera scritta da Bulgakov il 10 giugno 1934, pochi giorni dopo che a lui e alla moglie era stato negato il permesso di recarsi all’estero. Nel marzo dello stesso anno Bulgakov aveva avuto tramite il MChAT notizie di un rinnovato interesse in alto loco per il dramma La guardia bianca (le cui rappresentazioni erano riprese da due anni, su “suggerimento” di Stalin) e per la sua persona. Ciò aveva alimentato in lui nuove speranze e l’aveva indotto a chiedere di poter effettuare un viaggio all’estero nei mesi di agosto e di settembre. Dopo un’altalena di rinvii e assicurazioni circa l’esito positivo della domanda, la vicenda, descritta con minuziosa precisione nella lettera, si era conclusa con un inatteso e immotivato rifiuto che aveva tutto il sapore di una beffa feroce.

Sulla reazione di Bulgakov a questo nuovo colpo della sorte esiste la testimonianza di Elena Sergeevna Bulgakova: “… Qualche giorno dopo, ai primi di giugno, il giorno 7 credo, al MChAT arrivò Ivan Sergeevič con un mucchio di passaporti, per tutti quelli del teatro; per noi invece due pezzetti di carta, il passaporto era stato rifiutato.
In strada Michail Afanas’evič si sentì male, lo accompagnai in una farmacia. Là lo fecero coricare e gli diedero delle gocce… arrivò una macchina così portai Miša a casa. Fu malato per molto tempo, aveva il terrore degli spazi aperti e della morte…”.

Dal celebre colloquio telefonico erano passati ormai quattro anni e Bulgakov non si illudeva più di ottenere una risposta diretta; il 13 giugno 1934, due giorni dopo che la sua lettera era stata inoltrata, partì per Leningrado con la moglie, seguendo la tournée del MChAT che in quella città avrebbe rappresentato per la cinquecentesima volta I giorni dei Turbin.

Come già accennato Bulgakov mise la sua esperienza in fatto di rapporti epistolari con le massime autorità anche a disposizione di altri. Il 30 ottobre 1935 aiutò Anna Achmatova, a cui erano stati arrestati in una notte il marito (Nikolaj Punin) e il figlio (Lev Gumilёv), a scrivere un appello a Stalin e la esortò tra l’altro a inviare non un foglio dattiloscritto, ma una lettera autografa. Pochi giorni dopo la Achmatova ricevette la notizia della liberazione dei suoi familiari. Impossibile dire se e quanto la lettera influì sul felice esito della vicenda.

L’ultima missiva indirizzata da Bulgakov a Stalin, almeno allo stato attuale delle conoscenze, porta la data del 4 febbraio 1938, quando lo scrittore chiese che venisse consentito il ritorno a Mosca dell’amico commediografo Nikolaj Robertovič Erdman, che era stato esiliato prima in Siberia, poi a Kalinin. La sua preghiera non fu esaudita, Erdman non fu richiamato dall’esilio; del resto il solo fatto di averla formulata, in tempi così bui, poteva essere considerato un atto coraggioso e non immune da rischi, specialmente per uno scrittore dalla reputazione compromessa come Bulgakov. Ma la considerazione che Stalin aveva per lui, forse, gli evitò ancora una volta conseguenze nefaste per la sua incolumità personale.

L’ultimo capitolo dello strano e squilibrato rapporto fra Bulgakov e il suo “sovrano” non fu di natura epistolare. Alla fine degli anni trenta al teatro sovietico era stata imposta con la forza l’uniformità di uno stile ufficiale: ogni compagnia doveva avere in repertorio un’opera dedicata a Stalin e al significato storico della sua figura. Nel 1938 il MChAT decise di affidare questo delicatissimo compito, da cui poteva dipendere la sua stessa sorte, a Michail Bulgakov, il quale, tra l’altro, aveva lasciato da due anni quel teatro.

La scelta di un autore di indiscusso talento avrebbe dovuto scongiurare, per quanto possibile, i rischi di una caduta nella pura agiografia. In più Bulgakov aveva già ideato e iniziato a scrivere per suo conto un dramma sulla giovinezza del dittatore. Tuttavia esitò molto prima di accettare l’incarico offertogli dal MChAT. È impossibile dire se a convincerlo, oltre alle insistenze dei dirigenti del teatro, fu, come affermò la terza moglie, un sincero interesse per il soggetto, o l’ingenua speranza di vedere in questo modo “riabilitata” tutta la sua precedente produzione teatrale, o soltanto la paura, sentimento che in quegli anni dominava la società sovietica.

Il “sovrano”, ancora una volta, disdegnò l’attenzione del suo suddito: il 14 agosto del 1939, quando ormai le parti principali erano assegnate, sopraggiunse per il dramma, intitolato Batum, un categorico divieto.

Una personalità come Stalin, così si spiegò molto “in alto”, non poteva diventare una specie di eroe romantico, protagonista di gesta inventate. Inoltre quest’opera era stata interpretata come un gesto mosso da opportunismo, un tentativo di ingraziarsi il potere. È possibile, in realtà, che agli occhi del dittatore il difetto principale di Batum fosse l’impostazione non abbastanza retorica e celebrativa. È stata avanzata l’ipotesi suggestiva che Stalin, circondato da piccole figure servili e impaurite, avesse voluto in questo modo evitare a un uomo di talento e di grande dignità un’inutile umiliazione. Tuttavia ciò significherebbe attribuire a Stalin una sensibilità che quasi certamente gli era estranea.

Forse Bulgakov fu semplicemente tollerato dal dittatore che ne riconosceva l’ingegno e non ne riteneva l’attività talmente pericolosa da giustificare provvedimenti “definitivi”. Bulgakov poté così sopravvivere ai margini del “vivaio letterario” dell’età staliniana. Certo l’attenzione del tiranno accompagnò l’ultimo decennio della vita di Bulgakov come una presenza sardonica e imperscrutabile. L’11 marzo 1940, il giorno seguente la sua morte, dalla segreteria di Stalin telefonarono alla vedova per accertarsi dell’avvenuto decesso dello scrittore: forse si trattava semplicemente di chiudere un’annosa pratica.
Ma il 3 luglio 1941, mentre l’avanzata tedesca sembrava inarrestabile, quando Stalin parlò attraverso la radio al popolo sovietico esortandolo a resistere fino in fondo, usò la formula: “Mi rivolgo a voi amici miei”, le stesse parole pronunciate da Aleksej Turbin sulla scala del ginnasio di Kiev, nel terzo atto del dramma che tanto apprezzava.


Mario Alessandro Curletto

 
Oggetto: «MIKHAIL BULGAKOV: UNO SCRITTORE RUSSO»
AL GOVERNO DELL’URSS

Da Michail Afanas’evič Bulgakov

(Mosca, B. Pirogvskaja, 35-a, int. 6)


Mi rivolgo con la seguente lettera al Governo dell’URSS:

1.

Dopo che le mie opere sono state proibite, tra molti cittadini ai quali è nota la mia attività di scrittore hanno cominciato a diffondersi voci che mi hanno tutte date lo stesso consiglio:
Scrivere “un dramma comunista” (tra virgolette riporto le citazioni), e inoltre rivolgermi al Governo dell’URSS con una lettera di pentimento nella quale dovrei rinnegare le idee espresse nelle mie precedenti opere letterarie e assicurare che d’ora in poi lavorerò come scrittore compagno di strada, fedele all’idea del comunismo.
Lo scopo: salvarmi dalle persecuzioni, dalla miseria e dall’inevitabile rovina finale.
Non ho seguito questo consiglio. Non credo che avrei potuto comparire in una luce favorevole di fronte al Governo dell’URSS scrivendo una lettera falsa, che avrebbe costituito un voltafaccia politico disgustoso oltreché ingenuo. Quanto al dramma comunista, non ho neppure provato a scriverlo, sapendo in partenza che non ci sarei riuscito.
Il desiderio maturato in me di porre fine al mio supplizio di scrittore mi induce a rivolgermi al Governo dell’URSS con una lettera sincera.

2.

Passando in rassegna i miei di ritagli di giornali ho constatato di aver ricevuto dalla stampa sovietica, nei dieci anni della mia attività letteraria, 301 recensioni, di cui 3 favorevoli e 298 ostili e ingiuriose.
Aleksej Turbin, protagonista del mio dramma I giorni dei Turbin è stato definito in versi sulla stampa un “FIGLIO DI CANE”, mentre l’autore è stato presentato come un “VECCHIO CANE rimbecillito dall’età”. Hanno scritto di me come di uno “SPAZZINO della letteratura”, che raccatta gli avanzi “VOMITATI da una dozzina di commensali”.
Hanno scritto:
“… MICHELACCIO Bulgakov, mio compare e, SCUSATE LA PAROLA, SCRITTORE, fruga NELLA VECCHIA IMMONDIZIA… Che razza di MUSO hai fratellino… Io sono una persona gentile, però BISOGNEREBBE ROMPERTI UN VASO IN TESTA… Avevamo bisogno dei Turbin come UN CANE HA BISOGNO DEL REGGISENO… E invece TURBIN è saltato fuori, QUEL FIGLIO DI CANE, CHE NON ABBIA NÉ SUCCESSO NÉ INCASSI…” (Žizn’ ISKUSSTVA, n° 44-1927).
Hanno scritto “Di Bulgakov, che rimane quello che era, RAZZA NEOBORGHESE, e schizza la sua saliva velenosa ma impotente sulla classe operaia e sui suoi ideali comunisti”. (Komsomol’skaja Pravda, 14/X-1926).
Hanno affermato che mi piace “L’ATMOSFERA DA ACCOPPIAMENTI CANINI che aleggia intorno alla rossa moglie di un amico”, (A. Lunačarskij, Izvestija, 8/X-1926), e che il mio dramma I giorni dei Turbin “PUZZA”, (resoconto stenografico di una riunione dell’Agitprop. Maggio 1927), e così via…
Mi affretto a precisare che non sto a riportando questi giudizi per lamentarmi delle critiche o comunque per entrare in polemica. Il mio scopo è molto più serio.
Intendo provare, documenti alla mano, come tutta la stampa dell’URSS, e con essa tutti gli organismi preposti al controllo del repertorio, durante l’intero arco della mia attività letteraria, all’unanimità e CON STRAORDINARIO ACCANIMENTO, abbiano dimostrato che le opera di Michail Bulgakov nell’URSS non possono esistere.
E io dichiaro che la stampa dell’URSS HA PERFETTAMENTE RAGIONE.

3.

Lo spunto per questa lettera mi è fornito dal mio pamphlet L’isola purpurea.
Tutta la critica sovietica, senza esclusione, ha definito quest’opera “insulsa, debole, meschina” … “una pasquinata contro la rivoluzione”.
L’unanimità si è rotta all’improvviso e in modo sorprendente.
Sul n° 12 del Repertuarnyj Bjulleten’ (1928) è apparsa una recensione di P. Novickij che definisce L’isola purpurea “una parodia interessante e acuta” sulla quale “incombe l’ombra funesta del Grande Inquisitore, oppressore dell’arte, fautore di STEREOTIPI DRAMMATICI SERVILI E ASSURDI, DA LECCAPIEDI, che mortificano la personalità dell’attore e dell’autore”, e parla inoltre, a commento de L’isola purpurea, di “un’oscura forza malefica che educa ILOTI, LECCAPIEDI E PANEGIRISTI…”.
Novickij dice che “se questa oscura forza esiste, ALLORA SONO GIUSTIFICATI LO SDEGNO E IL FEROCE SARCASMO DI QUESTO DRAMMATURGO IDOLATRATO DALLA BORGHESIA”.
Mi sia consentito chiedere — qual è la verità?
Che cos’è, in definitiva, L’isola purpurea? “Una commedia meschina e insulsa” o “un acuto pamphlet”?
La verità sta nella recensione di Novickij. Non posso giudicare sino a che punto la mia commedia sia acuta, ma riconosco che davvero su di essa incombe l’ombra funesta del Comitato Generale per il Repertorio. Proprio questo Comitato educa gli iloti, i panegiristi, i “servitori” impauriti. Proprio il Comitato uccide il pensiero creativo, soffoca il teatro sovietico e lo annienterà definitivamente.
Queste idee io non le ho mormorate in un angolo. Le ho portate sulla scena in forma di pamphlet teatrale. La stampa sovietica, insorta a difesa del Glavrepertkom, ha scritto che L’isola purpurea è una pasquinata contro la rivoluzione. Ciò è del tutto privo di senso. La commedia non è una pasquinata contro la rivoluzione per una serie di motivi ma, per brevità, ne indicherò uno solo: scrivere una pasquinata sulla rivoluzione È IMPOSSIBILE, data la straordinaria grandiosità dell’evento. Un pamphlet non è una pasquinata e il Glavrepertkom non è la rivoluzione.
Ma quando la stampa tedesca afferma che L’isola purpurea è “il primo appello alla libertà di stampa nell’URSS” (Molodaja Gvardija, n° 1-1929), dice la verità. Questo lo riconosco. La lotta contro la censura, qualunque essa sia, e sotto qualunque potere, è un mio dovere di scrittore, così come gli appelli alla libertà di stampa. Sono un appassionato sostenitore di questa libertà e suppongo che, se un qualsiasi scrittore pensasse di dimostrare che a lui non è necessaria, sarebbe come un pesce che dichiarasse pubblicamente di poter fare a meno dell’acqua.

4.

Ecco dunque una delle caratteristiche della mia opera, già più che sufficiente di per se stessa a far sì che i miei lavori nell’URSS non possano esistere. Ma ad essa sono collegati gli altri elementi presenti nei miei racconti satirici: le tinte cupe e mistiche (io SONO UNO SCRITTORE MISTICO), di cui mi servo per rappresentare le innumerevoli mostruosità della nostra vita quotidiana, il veleno di cui è intrisa la mia lingua, il profondo scetticismo nei confronti del processo rivoluzionario in atto nel mio arretrato paese, processo al quale contrappongo e preferisco una Grande Evoluzione e, soprattutto, la raffigurazione di alcune terribili caratteristiche del mio popolo, le stesse che, prima della rivoluzione, furono causa di profonde sofferenze per il mio maestro M.E. Saltykov-Ščedrin.
Inutile dire che la stampa sovietica non ha neppure pensato di notare seriamente tutto questo, impegnata com’era a diffondere poco credibili giudizi sulle “CALUNNIE” contenute nella satira di M. Bulgakov.
Soltanto una volta, quando il mio nome cominciava appena a farsi conoscere, fu notato con una punta di altezzoso stupore:
“M. Bulgakov VUOLE diventare il satirico della nostra epoca (Knigonoša, n° 6-1925).
Ahimé, il verbo “volere” è erroneamente usato al presente, mentre bisognava volgerlo al passato: M. Bulgakov È DIVENTATO UNO SCRITTORE SATIRICO proprio in un tempo in cui ogni autentica satira (che affondi in zone proibite) nell’URSS era assolutamente impensabile.
Non è toccato a me l’onore di esprimere sulla stampa questo concetto criminale. Lo ha fatto, con esemplare chiarezza, V. Bljum, in un articolo (Literaturnaja gazeta, n° 6) il cui senso è racchiuso, con brillante precisione, in una sola formula:
OGNI SCRITTORE SATIRICO NELL’URSS ATTENTA ALL’ORDINE SOVIETICO.
Posso io esistere nell’Unione Sovietica?

5.

E infine l’ultimo tratto distintivo dei miei lavori stroncati, i drammi I giorni dei Turbin e La corsa e il romanzo La guardia bianca: una ostinata rappresentazione dell’intelligencija russa come la componente migliore della nostra società. In particolare la rappresentazione di una famiglia di intellettuali della piccola nobiltà, gettata da un’ineluttabile fatalità storica nel campo dei bianchi, negli anni della guerra civile, nella tradizione di Guerra e pace. Una rappresentazione del genere è assolutamente naturale per uno scrittore che abbia legami di sangue con l’intelligencija.
Ma nell’URSS tali rappresentazioni assicurano all’autore, assimilato ai sui personaggi malgrado egli si sforzi di RIMANERE IMPARZIALE FRA ROSSI E BIANCHI, l’attestato di membro della guardia bianca, cioè di nemico. E una volta bollato con questo marchio è chiaro che nell’URSS egli si può considerare un uomo finito.

6.

Si conclude così il mio ritratto letterario, che è anche un ritratto politico. Non saprei dire quale grave delitto vi si possa scoprire, ma una sola cosa vorrei chiedere: che non si cerchi nulla al di là di ciò che ho esposto in tutta coscienza.

7.

Adesso sono stato annientato.
Il mio annientamento è stato accolto dall’opinione pubblica sovietica con piena soddisfazione e viene definito un “SUCCESSO”.
R. Pikel0, commentando il mio annientamento (Izvestija, 15/IX-1929), ha espresso un pensiero liberale:
“Con ciò non intendiamo dire che il nome di Bulgakov sia stato cancellato dalla lista dei drammaturghi sovietici”.
E ha voluto lasciare qualche speranza allo scrittore sgozzato aggiungendo che “il provvedimento riguarda soltanto le sue opere teatrali passate”.
Tuttavia la realtà, cioè il Comitato Generale per il Repertorio, ha dimostrato che il liberalismo di R. Pikel’ è privo di ogni fondamento.
Il 18 marzo 1930 ho ricevuto dal Glavrepertkom la laconica comunicazione che È STATA PROIBITA LA RAPPRESENTAZIONE non di un mio vecchio lavoro, ma del nuovo La cabala dei bigotti (Molière).
Detto in breve: sotto due righe di linguaggio burocratico sono stati sepolti il lavoro nelle biblioteche, la mia fantasia e un’opera che aveva ricevuto da qualificati esperti di teatro innumerevoli giudizi positivi — un lavoro brillante.
R. Pikel’ si sbaglia. Sono stati distrutti non soltanto i miei lavori passati, ma anche quelli presenti e futuri. Io stesso, con le mie mani, ho gettato nella stufa le bozze di un romanzo sul diavolo, di una commedia e l’inizio di un secondo romanzo, Il teatro.
Per le mie opere non c’è speranza.

8.

Chiedo al Governo Sovietico di considerare il fatto che io non sono un uomo politico ma un letterato e che ho dato tutta la mia produzione teatrale alle scene sovietiche.
Desidero richiamare l’attenzione sui seguenti due giudizi sul mio conto, apparsi sulla stampa sovietica.
Entrambi provengono da implacabili nemici delle mie opere, per questo sono molto importanti.
Nel 1925 è stato scritto:
“È apparso uno scrittore CHE NON SI PRESENTA NEPPURE SOTTO I COLORI DEI COMPAGNI DI STRADA” (L. Averbach, Izvestija, 20/IX-1925).
E nel 1929:
“Il suo talento è evidente, tanto quanto la natura socialmente reazionaria della sua arte”. (R. Pikel’, Izvestija, 15/IX-1929).
Prego di considerare che per me l’impossibilità di scrivere equivale a una sepoltura da vivo.

9.

CHIEDO AL GOVERNO DELL’URSS CHE MI SIA ORDINATO DI LASCIARE CON URGENZA IL TERRITORIO SOVIETICO INSIEME CON MIA MOGLIE LJUBOV’ EVGEN’EVNA BULGAKOVA.

10.

Faccio appello allo spirito umanitario del potere sovietico e chiedo di essere, con magnanimità, lasciato libero, come scrittore che in patria non può più essere utile.

11.

Se ciò che ho scritto non risulterà convincente e io rimarrò condannato al silenzio a vita in URSS, chiedo al Governo Sovietico di assegnarmi un lavoro consono alla mia specializzazione e di destinarmi a un teatro in qualità di regista di ruolo.
Chiedo espressamente UN ORDINE TASSATIVO, UNA DESTINAZIONE D’UFFICIO, poiché tutti i miei tentativi di trovare un lavoro nell’unico campo in cui posso essere utile all’URSS, come specialista altamente qualificato, sono miseramente falliti. Il mio nome è diventato talmente odioso che le mie domande di lavoro hanno suscitato addirittura SPAVENTO, sebbene a Mosca un gran numero di attori, registi e direttori di teatro conosca benissimo le mie eccellenti doti in campo teatrale.
Offro all’URSS la collaborazione di uno specialista — regista e attore — assolutamente onesto, insospettabile di sabotaggio, pronto a mettere in scena qualsiasi lavoro, da quelli shakespeariani ai contemporanei.
Chiedo di essere assegnato come aiuto-regista al 1° Teatro d’Arte, la migliore scuola, diretta dai maestri K. S. Stanislavskij e V. I. Nemirovič-Dančenko.
Se non mi verrà accordato di lavorare come regista, chiedo di essere assunto come comparsa. Se neppure questo mi sarà consentito, chiedo di poter fare l’assistente di scena.
Se neppure questo è possibile, chiedo al Governo Sovietico di agire nei miei confronti come ritenga necessario, ma di agire in qualche modo, poiché IN QUESTO MOMENTO io, drammaturgo autore di cinque lavori teatrali, noto nell’URSS e all’estero, ho davanti a me la miseria, la strada e la rovina.

Mosca
28 marzo 1930
M. Bulgakov








Una ventina di giorni dopo la spedizione di questa lettera vi fu la famosa telefonata di Stalin a Bulgakov. Ecco come Ljubov’ Evgenievna, seconda moglie dello scrittore, ricordò questo episodio nelle sue memorie, scritte verso la fine degli anni ’60. “… Andai io a rispondere al telefono. Era Tovstucham il segretario di Stalin, dal Comitato Centrale del Partito. Chiamai Michail Afanas’evič e continuai le mie faccende domestiche. Michail Afanas’evič prese il ricevitore e subito esclamò: «Ljubaša!» con voce così forte e nervosa che io mi precipitai al telefono (che aveva una cuffia di derivazione). Sono sicuramente l’unica ad aver ascoltato questo dialogo.
All’altro capo c’era Stalin. Parlava con voce un po’ sorda, con un chiaro accento georgiano, e si nominava in terza persona. Chiese a Bulgakov: «Desiderate forse lasciare il paese?» […] Ma Michail Afanas’evič preferì rimanere nell’URSS”
La terza moglie di Bulgakov ,Elena Sergeevna, nelle sue memorie (1956) fornì di questo episodio una descrizione più particolareggiata.
“Il 18 aprile, verso le 6-7 di sera arrivò a casa nostra (mia e di mio marito E. A. Šilovskij) nel vicolo Bol’šoj Rževskij; era agitato, e raccontò quanto segue. Come sempre dopo pranzo era andato a riposare, ma improvvisamente squillò il telefono e Ljuba lo chiamò dicendo che dal Comitato Centrale chiedevano di lui. Michail Afanas’evič non vi credette, pensava che fosse uno scherzo (allora queste cose si facevano), arruffato e irritato, afferrò il ricevitore e udì:
— Michail Afanas’evič Bulgakov?
— Sì, sì.
— Adesso parlerà con Voi il compagno Stalin.
— Chi? Stalin? Stalin?
E subito udì una voce dal forte accento georgiano:
— Sì, parla Stalin. Salve, compagno Bulgakov (o Michail Afanas’evič, non ricordo esattamente).
— Salve, Iosif Vissarionovič.
— Abbiamo ricevuto la Vostra lettera. L’abbiamo letta coi compagni. Riceverete una risposta positiva… Ma davvero volete lasciare il paese? Vi siamo venuti tanto a noia?
Michail Afanas’evič disse che questa domanda era giunta per lui così inattesa (come del resto la telefonata stessa), che rimase per un attimo interdetto, quindi rispose:
— Ho riflettuto molto negli ultimi tempi, se uno scrittore russo possa vivere fuori dalla patria. E ritengo che non possa.
— Avete ragione. Anch’io la penso così. Dove volete lavorare? Al Teatro d’Arte?
— Sì, mi piacerebbe. Ma, l’ho già detto, non mi è stato permesso.
— Presentate domanda. Credo che acconsentiranno. Dovremmo incontrarci e parlare.
— Sì, sì Iosif Vissarionovič, ho molto bisogno di parlare con Voi.
— Sì, dobbiamo trovare il tempo di incontrarci, assolutamente. Per ora Vi auguro ogni bene.”
In un’intervista radiofonica rilasciata nel 1967, Elena Sergeevna diede una versione leggermente diversa del colloquio, senza la promessa, da parte di Stalin, di un incontro:
“Stalin disse: «I compagni e io abbiamo ricevuto la Vostra lettera, avrete una risposta positiva.» Poi, dopo un breve silenzio aggiunse: «Ma davvero dobbiamo lasciarVi andare all’estero? Vi siamo venuti tanto a noia?»
Era una domanda inattesa. Ma Michail Afanas’evič rispose subito: «Ho riflettuto a lungo, e ho capito che uno scrittore russo non può vivere fuori dalla patria». Stalin disse: «Anch’io la penso così. Dunque, andrete a lavorare in un teatro?» «Sì, mi piacerebbe.» «Ma in quale?» «Al Teatro d’Arte. Ma non mi prendono.» Stalin disse: «Presentate domanda ancora una volta. Credo che Vi accetteranno…»
Mezz’ora dopo telefonarono dal Teatro d’Arte: Michail Afanas’evič fu assunto.”

 
Oggetto: «MIKHAIL BULGAKOV: UNO SCRITTORE RUSSO»
Lidia Janòvskaja Лидия Яновская
«I RICORDI SU MIKHAIL BULGAKOV»
«ЗАПИСКИ О МИХАИЛЕ БУЛГАКОВЕ»
Serie: «Collezione» («Коллекция»)
Casa Editrice «Tekst» Mosca 2007 (Pagine 432)
Издательство «Текст» Москва 2007

Il lavoro del testologo è somigliante al lavoro dell'investigatore. Nel libro del ricercatore dell'opera di Mikhail Bulgakov, del noto testologo russo Lidia Janòvskaja (Лидия Яновская, nata nel 1926), ci sono entrati dei suoi lavori scritti nel corso di vari anni. Lo studio annoso, il lavoro di molti anni della vita e l’attività letteraria di Bulgakov, il lavoro con i suoi manoscritti e l’amicizia con la vedova dello scrittore – Elena Serghejevna Bulgakova, portarono Lidia Janòvskaja a scrivere questo libro sorprendente e stupefacente, un libro colmato dei fatti poco noti e conosciuti e delle scoperte testologiche.



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Descrizione: Lidia Janòvskaja
«I RICORDI SU MIKHAIL BULGAKOV»
Serie: «Collezione»
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Oggetto: «MIKHAIL BULGAKOV: UNO SCRITTORE RUSSO»
Varlen Stronghìn Варлен Стронгин
«MIKHAIL BULGAKOV. LA MORFINA. LE DONNE. L’AMORE»
«МИХАИЛ БУЛГАКОВ. МОРФИЙ. ЖЕНЩИНЫ. ЛЮБОВЬ»
Casa Editrice «ACT» Mosca 2011 (Pagine 512)
Издательство «АСТ» Москва 2011

Com'era l'uomo che creò il più misterioso e sensoriale romanzo nella letteratura russa? Mikhail Bulgakov aveva tre mogli, due divorzi e una passione. La fedele Tatjana Lappa (Татьяна Лаппа 1892-1982), la stravagante Lubov Belosèrskaja (Любовь Белозерская 1895-1987) e la disperata Elena Shylòvskaja (Елена Шиловская 1893-1970). Quale di queste tre donne era quella, unica? La biografia di Mikhail Bulgakov potrebbe essere simile alla biografia del semplice medico di quegli anni: di buona famiglia, il servizio dello Stato, Guardia Bianca, il vagabondaggio e le sofferenze dell’intellettuale russo… Ma c’erano due circostanze. La sua genialità letteraria e … la morfina. L’autore del presente libro «MIKHAIL BULGAKOV. LA MORFINA. LE DONNE. L’AMORE» («МИХАИЛ БУЛГАКОВ. МОРФИЙ. ЖЕНЩИНЫ. ЛЮБОВЬ») è il noto scrittore e ricercatore Varlèn Stronghìn (Варлен Стронгин) il quale esaminò praticamente ogni giorno della vita di Mikhail Bulgakov e seppe esporre e riassumere in modo affascinante tutta la storia della vita e dell’amore dello scrittore che, credete, non brucerà mai questo manoscritto …



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Descrizione: Varlen Stronghìn
«MIKHAIL BULGAKOV. LA MORFINA. LE DONNE. L’AMORE»
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Oggetto: «MIKHAIL BULGAKOV: UNO SCRITTORE RUSSO»
«LO SPAZIO DI BULGAKOV» IN MOSTRA A PIETROBURGO
«ПРОСТРАНСТВО БУЛГАКОВА» НА ВЫСТАВКЕ В ПЕТЕРБУРГЕ

Il 15 maggio 2011 si compiono 120 anni dalla nascita di Mikhaìl Bulgàkov (Михаил Булгаков 1891-1940). A questa ricorrenza è dedicata la mostra «Questo mondo è mio» («Этот мир – мой»), presso l’Istituto di Letteratura Russa «Casa di Pushkin» («Пушкинский Дом») di Pietroburgo. Nell’esposizione sono presentati i documenti autentici dall’archivio privato dello scrittore nella sezione manoscritti dello stesso istituto: il certificato di nascita, la laurea universitaria della facoltà di medicina, le fotografie rare, gli autografi … Sono presentati anche gli album con i disegni a matita fatti da Bulgakov a casa sua o durante le prove teatrali delle sue pièce. Mikhail Bulgakov raccoglieva tutto quello che era legato al suo lavoro. Lui raccoglieva ogni cosa scrupolosamente: i programmi teatrali, i biglietti, i disegni legati alle prime rappresentazioni teatrali. Dopo la sua morte, sua moglie, Elena Bulgàkova, continuò a raccogliere i materiali su Bulgakov.

SITO UFFICIALE DELL’ISTITUTO DI LETTERATURA RUSSA
www.pushkinskijdom.ru



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Oggetto: «MIKHAIL BULGAKOV: UNO SCRITTORE RUSSO»
Evghenij Jàblokov Евгений Яблоков
«MIKHAIL BULGAKOV E LA CULTURA MONDIALE»
«МИХАИЛ БУЛГАКОВ И МИРОВАЯ КУЛЬТУРА»
Casa Editrice «Dmitrij Bulanin» San Pietroburgo 2011 (Pagine 624)
Издательство «Дмитрий Буланин» Санкт-Петербург 2011

Основная задача книги - дать систематизированные сведения о различных аспектах творчества Михаила Булгакова, прежде всего о его произведениях. Первая часть содержит ряд таблиц, в которых тексты писателя (кроме эпистолярных) сгруппированы по различным основаниям: в алфавитном порядке (с указанием первых публикаций), по хронологии, по жанрам; специально отмечены тексты, подписанные инициалами либо псевдонимами. Вторая часть – «Историко-библиографический справочник» - представляет собой систему статей, содержащих основную информацию о большинстве булгаковских произведений (история создания, обстоятельства публикации или сценического воплощения, цензурная история, восприятие современниками и т.п.). Наиболее объемной является третья часть – «Словарь-тезаурус». Наряду с сугубо прикладными, информационно-поисковыми возможностями, она дает представление о совокупности культурных фактов, нашедших отражение в произведениях Булгакова. Одной из важнейших установок при составлении «Словаря-тезауруса» была максимальная (по крайней мере, в тенденции) полнота охвата материала.



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Descrizione: Evghenij Jàblokov
«MIKHAIL BULGAKOV E LA CULTURA MONDIALE»
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Oggetto: «MIKHAIL BULGAKOV: UNO SCRITTORE RUSSO»
Vera Kalmykòva Вера Калмыкова
«MIKHAIL BULGAKOV»
«МИХАИЛ БУЛГАКОВ»
Casa Editrice «KoLibri» Mosca 2015 (Pagine 96)
Издательство «КоЛибри» Москва 2015

Mikhail Bulgakov (Михаил Булгаков), il celebre scrittore e drammaturgo russo.
Михаил Булгаков — выдающийся русский писатель и драматург, приобретший мировую известность в конце XX века. Пожалуй, сегодня нет человека, не слышавшего о знаменитом романе «Мастер и Маргарита». Блестящий сатирик и непревзойдённый очеркист, он написал «Роковые яйца» и «Собачье сердце», создал панораму Москвы 1920-х гг. Главным интересом Булгакова всегда оставался человек, живущий в необратимо меняющемся мире. По натуре саркастичный и резкий, Булгаков ставил перед читателем одни и те же вопросы: насколько прочно человеческое благородство? Может ли интеллигент выдержать давление воинствующей серости, невежества, подлости и хамства? Действительно ли грубый напор и беспощадная власть в состоянии раздавить личность или миром правят силы, помогающие выстоять в борьбе со злом? «Рукописи не горят», и время не властно над произведениями, созданными мастером с чистой душой и мудрым сердцем. И чем дальше от нас уходят по времени даты создания произведений Булгакова, тем сильнее возрастает интерес читателя и зрителя к ним.



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Descrizione: Vera Kalmykòva
«MIKHAIL BULGAKOV»
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