Oggetto: «IO, PRIGIONIERO IN RUSSIA»
Vincenzo Di Michele
«IO, PRIGIONIERO IN RUSSIA»
Dal diario di Alfonso Di Michele
la preziosa testimonianza di un reduce

Casa Editrice «MEF - Maremmi Editore Firenze» 2008-2011 (Pagine 144)


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“In quei giorni di combattimento gli aerei russi ci lanciarono sulle nostre linee dei volantini, invitandoci alla diserzione. In tali messaggi ci ricordavano le festività di Natale, le nostre mogli, i nostri figli e i familiari. Ci dicevano: ‘Perché siete venuti qui in Russia a combattere contro un popolo che non ha mai minacciato di invadere l’Italia?’ Quindi concludevano dicendo di tornare a casa o di darci prigionieri.”


Il racconto di un reduce della Seconda Guerra Mondiale sul fronte russo, in quella che è stata definita “la campagna militare più sanguinosa della storia mondiale”. Nel 1942, all'età di vent'anni, un ragazzo abruzzese viene sradicato dalle sue terre e mandato a combattere in Russia a ridosso del Fiume Don. Impiegato sul fronte di Prima Linea, si scontra immediatamente con la dura realtà di sofferte e cruente battaglie. A seguito di una travolgente offensiva sovietica viene fatto prigioniero. Internato nei Campi di concentramento, la prigionia mostra da subito la sua crudele accoglienza con quelle spietate marce del “Davaj!” dove riesce a sopravvivere grazie al grande senso di umanità delle mamme russe le quali, camminando insieme ai prigionieri, porgono loro cibo e bevende nonostante le proteste dei figli con la divisa della loro stessa Nazione. Dal Campo di concentramento di Tambov, all'Ospedale di Bravoja, fino ai Campi di lavoro del cotone di Taskent in Kazakhstan, è riassunta la sofferenza di questo giovane Alpino e di migliaia di altri prigionieri. Infine, dopo quasi quattro anni, il travagliato ritorno a casa.

 
Oggetto: Re: «IO, PRIGIONIERO IN RUSSIA»
Non sapevo che vicino a Tambov era un campo di concentramento.. davvero c’era:
http://pronweb.livejournal.com/25013.html
http://www.baltmemo.com/pisarev_rada.htm
“Ospedale di Bravoja” qui sembra ci sia uno sbaglio, scritto così il nome del luogo non sembra affatto russo, forse si tratta del nome “Borovoe”, in effetti villaggi sotto questo nome ci sono moltissimi e almeno due si trovano nella regione di Voronezh e nella regione di Lipetsk, cioè non lontano da Tambov (Borovoe).

 
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Oggetto: Re: «IO, PRIGIONIERO IN RUSSIA»
Spiegatemi per favore perché in Italia escono tali libri dei fascisti che arrivarono ad uccidere il popolo russo ed a bruciare le terre russe? Come deve reagire un russo ai simili libri? È vergogna ed io non vorrei mai vedere sul forum i ricordi dei fascisti, cosiddette testimonianze dei «reduci».

 
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Oggetto: Re: «IO, PRIGIONIERO IN RUSSIA»
Caro Zarevich, credo di poterti spiegare quanto chiedi, visto che ho pubblicato io questa recensione, per quanto questa tua reazione mi sorprenda non poco.
Sei in grave errore nel pensare che questo sia un libro scritto da un “fascista”: queste non sono le memorie di un gerarca fascista. L’autore di queste memorie, come la stragrande maggioranza degli italiani che si ritrovarono a combattere nel ruolo di invasori in Russia, è soltanto uno dei tanti giovani di vent’anni che in quegli anni infelici della storia d’Italia furono obbligati a partire per il fronte russo, per combattere una guerra che non comprendevano e non condividevano, e di certo non avevano il potere di sottrarvisi.
Non vi è nessuna apologia, nessun tentativo di difendere le ragioni inesistenti di una guerra tanto insensata, ma solo la volontà di fornire una viva testimonianza, a tutti gli italiani che non sanno cosa significò per migliaia di giovani connazionali quell’assurda scelta del regime fascista.
Accusare di fascismo l’autore di questo libro è come rivolgere una simile accusa alle decine di migliaia di giovani russi che negli anni 1980-89 si ritrovarono nel ruolo di invasori dell’Afghanistan, loro malgrado.

 
Oggetto: Re: «IO, PRIGIONIERO IN RUSSIA»
Дорогой Мышкин!
В отличие от тебя, меня очень удивила твоя позиция. Ты, как никто другой знаешь, какие ужасы испытала Россия в той войне и оправдывать силы, которые пришли убивать, жечь и насиловать, не самый лучший способ прикрывать все те преступления. Так можно договориться до того, что все те миллионные жертвы войны совершили двадцатилетние невинные мальчики, которых послали убивать страшные дяди. Печатать мемуары солдат, которые убивали, шли и жгли всё на своём пути и называть это невинной кампанией на восток, всё это оправдание преступлений войны. Что бы было, если бы им не сломили хребет и они бы дошли до Москвы и взяли бы её. Думаю, что сейчас бы были другие мемуары, торжествующие. Не считаю нужным рекламировать подобные издания, так как они оскорбляют память и достоинство русского человека. Для подобных опусов есть другие форумы и ты их знаешь. Когда мы с тобой в 2006 задумывали этот наш форум, то у нас были с тобой искренние и чистые намерения никогда не уподобляться некоторым итальянским форумам с откровенно русофобскими тенденциями. Сейчас форум твой, меня ты мягко и ловко отодвинул, поэтому ты вправе писать всё то, что тебе заблагорассудится.
С уважением
Zarevich


 
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Oggetto: Re: «IO, PRIGIONIERO IN RUSSIA»
Caro Zarevich,
sorvolo sulla nota finale della tua risposta per non alimentare sterili polemiche. Consentimi invece di farti notare che tua posizione è basata su considerazioni aprioristiche, e stai azzardando un giudizio senza conoscere quello che giudichi.
Sai bene che io sono l’ultima persona qui che può essere sospettata di “russofobia”, e che mai mi sognerei di pubblicizzare o dare risonanza a testimonianze o esternazioni di quel tenore. Ma io amo giudicare “a ragion veduta”, dopo cioè aver toccato con mano, e aver valutato personalmente. Per questo motivo, ho acquistato questo libro, e stai pur certo che, se dopo averlo letto, dovessi trovarvi dei sentimenti “anti-russi” o “fascisti”, o comunque di giustificazione e difesa nei confronti delle azioni commesse durante la guerra che gli italiani furono costretti a combattere contro la Russia, di sicuro eliminerò questa recensione, e tornerò a scrivere in proposito, segnalando il mio sbaglio ed invitando a non comprare tale libro.
Il diario di un soldato, del reduce di una guerra sbagliata, può anche essere una raccolta di testimonianze positive, vale a dire di condanna delle scelte di un regime, degli ordini ricevuti, e di solidarietà verso un popolo ingiustamente attaccato. Un’occasione in più, cioè, per riflettere sugli orrori causati da un regime fascista che la maggior parte di noi non ha conosciuto, se non attraverso i racconti dei nostri genitori e attraverso libri , film e tv.
Torno comunque a ribadire il concetto che i nostri paesi, Italia e Russia, hanno entrambi fatto, nel corso del secolo passato, molte cose di cui non andare fieri, quanto piuttosto di cui vergognarsi. Ti ho fatto un esempio nel mio precedente post, ma sai bene che ne esistono molti altri. Ma, a differenza di te, io non credo che tutti coloro che furono materialmente coinvolti in queste guerre/invasioni sbagliate, condividano le stesse responsabilità con coloro che le vollero e ordinarono, siano essi soldati/reduci russi o italiani.

 
Oggetto: Re: «IO, PRIGIONIERO IN RUSSIA»
Дорогой Мышкин!
Пусть это останется на твоей совести.

 
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Oggetto: Re: «IO, PRIGIONIERO IN RUSSIA»
Ragazzi ....

 
Oggetto: Re: «IO, PRIGIONIERO IN RUSSIA»
E' un piacere rivederti Karenin :) :) :)

Credo di intuire che cosa ha irritato il nostro Zarevich, probabilmente si tratta del fatto che nel libro in questione viene affrontato il tema della prigionia degl'italiani in Russia. Il tema è certamente "sensibile", perché in casi simili il rischio di mostrare invertiti nei loro ruoli l'aggressore e la vittima è sempre in agguato.
Ritengo però di poter assicurare tutti, che, anche se non l'ho letto né conosco le sue recensioni, questo libro è estraneo da simili intenzioni revisioniste, semplicemente per il fatto che veramente nessuno in Italia, nemmeno i pochi nostalgici rimasti di Mussolini, nemmeno i neofascisti, cerca di difendere la scelta di allora di aggredire l'URSS. Tutti sanno sin troppo bene, che la spedizione fu improvvisata in modo criminale: non erano adeguati gli equipaggiamenti più essenziali, nemmeno gli stivali; tutti sanno che morirono più soldati a causa del congelamento dei piedi, che sotto il fuoco nemico; infine, l'aggressione dell'URSS, nei cui confronti non avevamo nessuna rivendicazione da fare, dev'essere considerata per quello che è, un'atto insieme di viltà e di cinico opportunismo.
Questo sul versante "politico" della vicenda. C'è però anche un versante "umano", quello dei molti soldati ed ufficiali, che hanno raggiunto la Russia per compiere il loro dovere militare (perché convinti di quel che facevano oppure perché non avevano vere alternative all'obbedienza, se non quella di passare sotto Corte Marziale); qualcuno avrà anche commesso atrocità, ma generalizzare sarebbe ingiusto nei confronti dei loro compagni, che invece non ne hanno commessa alcuna, anzi hanno sofferto e sono morti e non devono essere ancora una volta coperti di fango.
Uno dei temi del libro, mi sembra, che sia proprio il particolare sentimento dei soldati italiani, che, nonostante la guerra, non riuscivano a riconoscere nei russi dei veri nemici; il sentimento -a quanto sembra- veniva ricambiato dai contadini russi (questa è una storia che ho già sentito varie volte). L'episodio della marcia della mamme russe, che portano il nutrimento ai soldati prigionieri, per tenerli in vita, secondo me è una bellissima ed eterna metafora dell'amore per la vita delle madri, che è più forte e sconfigge il desiderio di morte dei guerrieri.
Mi viene anche da pensare, che seppure la politica ed i governi hanno più volte stabilito, che i nostri due popoli dovessero essere nemici, c'è qualcosa di evidentemente più profondo, che impedisce nei fatti che questo avvenga, o almeno che avvenga fino in fondo.

Anch'io sono seriamente preoccupato, per l'attuale vasta diffusione di tesi revisioniste: si nega la Shoah, si cerca di dipingere Hitler come un sincero patriota, se non addirittura come un simbolo dell'unità e dell'indipendenza d'Europa e ancora si cerca d'imporre l'equazione III Reich=URSS; soprattutto nascono in tutta Europa movimenti e partiti veri e propri dichiaratamente neo-nazi. Tutto ciò è estremamente allarmante, ma nel nostro caso, che cosa bisogna temere? Questo libro avrà davvero la patetica e vana intenzione di mostrare gl'italiani (invasori) come le innocenti vittime della crudeltà dei russi (che si difendevano)? Non vorrà semplicemente renderci partecipi dello stato d'animo di un soldato italiano, che si trovava lì a combattere, senza nemmeno sapere il perché?

Infine invito tutti quanti ad accogliere l'esortazione di Karenin; ognuno di noi ha il suo carattere e le sue ragioni, che talvolta possono anche stridere con quelle di qualcun altro. L'unica possibilità di stare insieme sta nel cercare di "sopportarsi" persino, quando serve. Cerchiamo di non litigare troppo, almeno tra di noi! :up:

 
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Oggetto: Re: «IO, PRIGIONIERO IN RUSSIA»
La sensibilità di Zarevich, e quella di molti altri russi, potrebbe in effetti essere colpita dal titolo e dall'immagine in copertina di questo libro. Ma, se si legge la prefazione riportata, l'impressione che si potrebbe avere in un primo momento viene meno. Credo che la testimonianza dei pochi uomini superstiti italiani della campagna di Russia non debba essere cestinata come spazzatura. Su questo ho avuto alcune discussioni con i miei amici russi, quando molti anni fa, mi son messo a leggere le pagine scritte in corsivo
su un diario da uno di quei "reduci" che in Russia ci era stato mandato per combattere il nemico, ma che una volta tornato in Italia, aveva avuto così tante impressioni positive di questo popolo, di questo paese che aveva iniziato a studiare il russo, meditando di ritornarci e rivedere le persone che aveva conosciuto seppure grazie a una campagna militare. Ricordo che in quel diario erano citati anche alcuni episodi delle premurose "mamme russe" che con raro senso di umanità rifocillavano i nemici prigionieri. La lettura di questo diario è stata per me molto interessante, non solo per il carattere inedito, ma anche perchè tra le pagine ingiallite si poteva leggere il graduale cambiamento delle opinioni del soldato sulla Russia. Giorno per giorno si descrivevano il viaggio, le persone incontrate, le barbarie commesse dall'esercito nell'aggressione all'URSS, ma anche le reazioni emotive dei soldati al freddo, alle intemperie, l'orrore di vivere una guerra assurda dalla quale sarebbero potuti non tornare..due popoli così vicini tra loro eppure su fronti contrapposti e costretti a uccidersi l'un l'altro. Peccato che tutto questo rimarrà nel vecchio cassetto di una casa, e che forse andrà perduto nell'oblio...

Leggendo questi testi, il rischio di russofobia sussiste, ma non per questo credo che si debba proporre una sorta di censura su questi libri...il lettore ha le armi culturali per sapere inquadrare storicamente gli eventi e saper giudicare quello che legge. Anzi, a lettura ultimata, può essere che il suo interesse per la Russia ne esca rafforzato, apprezzando i piccoli gesti di un popolo che pur nel disastro seppe essere così nobile.
Il libro ci è stato proposto da Myshkin ed è stato pubblicato da una casa editrice non sospetta di simpatie neofasciste..credo che lo leggerò e in realtà mi sa che dovremmo leggerlo metaforicamente tutti assieme e discuterlo attorno a un tavolo, capire quali sono le origini della russofobia e se, tra le sue righe, se ne possa trovare qualche spunto.
Dalla lettura di "Fahrenheit 451" di Ray Bradbury, ho imparato che è proprio il rogo dei libri ad essere nazista, il condannare a priori alcuni testi o idee senza prima averne considerato la possibile logica, seppure perversa, che ne ha giustificato la scrittura in un particolare frangente storico.
Questa secondo me è la via maestra per combattere il nazismo, battersi perchè le idee dell'altro per quanto sbagliate vengano espresse, lette e comprese, in modo tale da poterle poi contestare.
Non è la sola possibilità di leggere qualcosa che automaticamente determina l'adesione a certe idee

E se i militanti dei partiti neonazisti che stanno nascendo in europa avessero davvero letto il "Mein Kampf" di Hitler, magari spiegato e commentato a scuola da un bravo insegnante, dubito che ora sosterrebbero certe idee volte alla completa distruzione di qualsivoglia vivere civile tra i popoli e le etnie.

 
Oggetto: Re: «IO, PRIGIONIERO IN RUSSIA»
Meraviglia solo una cosa, perché quando "voi" vedete e leggete in alcuni forum italiani la sortita propagandistica neofascista, gli attacchi ostili della palese russofobia, serbate un silenzio ostinato? Suppongo che non si debba qui dire il nome di quei forum? Conoscete bene i suoi nomi.
Per quanto riguarda la pubblicità di quelle edizioni o di quei ricordi dei soldati italiani che 60 anni fa sono venuti ad uccidere e bruciare le terre russe, non aspettate da noi la nostra comprensione e compassione. Potete dire quanta gente è stata uccisa da loro, quanti villaggi sono stati bruciati da loro? Perché sono venuti? A che serve? Per fare? Forse in questo modo perdoniamo Hitler? Dio gli perdoni! Cominceremo a leggere i ricordi dei soldati tedeschi che ci racconteranno come erano innocenti e che quel Mangiafuoco Hitler li ha spediti in Russia.
La guerra è la guerra e si può tutto condannare all'oblio e non val la pena di rispolverare i vecchi atti eroici e sconsiderati.
Non si può consentire con ogni opinione perché quell’opinione è stata espressa dal tuo connazionale. Esiste la verità nuda e cruda.
Non penso che si debba sollevare questa questione sul nostro forum.
Per amor della nostra amicizia. :bash:

 
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Oggetto: Re: «IO, PRIGIONIERO IN RUSSIA»
Zarevich, io credo che su questo forum l'opinione sia una sola.

L'Italia e la Germania avevano torto, erano guidate da due criminali assassini, mentre l' Unione Sovietica ha subito delle perdite umane incalcolabili a causa di queste folli operazioni militari e si è difesa eroicamente.
Hitler e Mussolini non saranno mai perdonati per quello che hanno fatto, e nemmeno saranno compresi
dai russi o dagli italiani. Questa è la verità, e non c'è nulla da discutere...

Ma il fatto di leggere libri come questi per poter rispondere alle tue domande "Perché sono venuti? A che serve? Per fare?" non lo trovo una cosa sconsiderata, considerando proprio il "lato umano" delle vicende
di cui parlava Vincentius.

Per un motivo semplice: arrivare ad una maggiore comprensione storica di un periodo funesto dove i nostri due popoli, che grandi cose hanno in comune, si ritrovarono in guerra su fronti contrapposti...
a tal riguardo sarà mia premura cercare in lungo e in largo un diario di un soldato russo che mi descriva quello che ha visto sul fronte, mentre difendeva i villaggi russi dall'avanzare dell'esercito nazi-fascisti.

Per amore della nostra amicizia, e di una visione genuinamente comune e condivisa degli eventi della seconda guerra mondiale, mi fermo qui...

rinnovando a Zarevich, Myshkin, Vincentius, Assol e agli altri la mia gratitudine per poter leggere le numerose informazioni che vanno scrivendo su questo forum, che io spesso solo silenziosamente leggo. :oops:

 

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