Arca Russa
Costumi e tradizioni - «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Alena - Giovedì, 15 Febbraio 2007, 12:54
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Maslenitsa (settimana grassa ) e’ la festa del ritorno della primavera che risale direttamente ai tempi pagani. La si festeggia durante l’ultima settimana prima il Velikij post (la Grande Quaresima). I bliny si cuociono per tutta la settimana, la loro forma rotonda rappresenta l'immagine magica del sole. Ogni giorno di Maslenitsa ha il suo proprio nome. L’ultimo giorno di Maslenitza coincide con la domenica del perdono (proschennoje voskresen’e ). Ognuno chiede perdono agli altri per i propri peccati. Tutti si genuflettono verso gli altri ed esprimono un sincero auspicio con questa particolare frase: "Dio ti perdonerà". Nell’ultimo giorno di Maslenitsa la gente brucia il fantoccio di paglia (simbolo dell’inverno).
Alena
Myshkin - Giovedì, 15 Febbraio 2007, 17:08
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
E' molto carina la rappresentazione della Maslenitsa che Nikita Mikhalkov fece nel film "Сибирский Цирюльник" (il Barbiere di Siberia).
Argonauta - Giovedì, 15 Febbraio 2007, 18:34
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Mi meraviglio di te Myshkin!!!!!!!!!!!!!!!!
Pensavo che avessi un buon gusto!!!!!
La Maslenitsa di Nikita Mikhalkov è stata concepita per un pubblico "americano"!!!!!!
(Il Barbiere è secondo me il peggior film di Mikhalkov)
marturano - Giovedì, 15 Febbraio 2007, 18:36
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
E il mio articolo sulla Màsleniza nessuno lo legge?
Myshkin - Giovedì, 15 Febbraio 2007, 20:49
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Mi sa che mi è sfuggito... dove lo hai inserito?
marturano - Giovedì, 15 Febbraio 2007, 21:46
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Io aveva cercato di allegarlo qui, ma non ci sono riuscito. E non so come fare ancora. Datemi una dritta...
marturano - Giovedì, 15 Febbraio 2007, 21:47
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
La Màsleniza o il Trionfo della Vita
La festa più importante e più gioiosa del calendario pagano slavo è proprio l’addio al gelido inverno quando con la caratteristica uscita di una processione su slitte si annuncia che questa è l’ultima scivolata sulla neve che fra poco (si spera!) si sarebbe sciolta. Se abbiamo poi ben compreso lo spirito dello smierd, la fine dell’inverno è per questo suo mondo una grande liberazione. E sì! La luce ritorna, le tenebre si ritirano e la vita continua…
Inverno in russo è una parola femminile mentre Gelo è maschile e perciò quando l’inverno, ossia Zimà, sta per finire, rimane ancora il testardo Nonno Gelo, ossia Ded Moròz, che deve ancora decidersi a lasciare questo mondo! E infatti Nonno Gelo occorre sempre sopportarlo un po’ più a lungo. E affinché non rimanga troppo tempo e rovini la terra, la donna dello smierd prepara la gelatina (kisèl) di avena e il più vecchio della famiglia (fra vecchi ci si capisce meglio!) con un cucchiaio di questa gelatina in mano si china sulla “gattaiola” (la finestra del lupo in russo volkovòe oknò/волковое окно) e ne pone un bel po’ all’esterno e dice: “O Gelo, o Gelo! Vieni a mangiare questa gelatina! O Gelo, o Gelo! Non colpire la nostra (anche tua, cioè!) avena, il lino e la canapa e non spaccare il terreno!” e così dopo qualche giorno ecco che sui grandi laghi del nord si ode uno strano e terribile scoppiettìo mattutino. Non bisogna temere però! E’ soltanto il ghiaccio che comincia finalmente a fendersi in superficie per il disgelo. Ora sì! che si può cominciare a tirare un sospiro di sollievo e, come si diceva a Sorocì in Bielorussia, si possono portare le galline a bere nello stagno! Anche i tetti cominciano a piangere mentre lasciano gocciolare l’acqua dagli spioventi…
Insomma, è finita la vita per Zimà e per Nonno Gelo! Devono ritornarsene ambedue nelle loro case oscure del sottosuolo!
La prima ad andarsene, come abbiamo detto, è Zimà. La gente lo sa e le prepara la festa dell’addio: Fa un bel pupazzo di legno o di paglia, lo pianta in mezzo ad un campo e mette la vecchia e bruttissima Zimà alla gogna di tutti! Presto sarà bruciata!
L’inverno nella mitologia slava era abbinato alla Morte chiamata, questa, in vari modi: Marena, Morena, Mara e simili, nomi tutti derivati dalla radice indoeuropea *mor- morire (evidentemente è la stessa radice di moròz, Gelo) e quindi non fa meraviglia se aggiungiamo qui che non solo durante l’anno, e proprio d’inverno, si commemorassero più volte gli antenati. Siccome poi nello stesso periodo si celebrava la Màsleniza⁄Масленица, secondo le nostre ricerche non possiamo escludere che questa festività, oltre ad essere una delle feste più popolari e più partecipate della Rus’, era la grande festa della stirpe, ossia in onore del nume Rod e giustamente si collegava agli antenati. Una conferma a questo nostro modo di vedere ci viene dal fatto che proprio in questi giorni in cui nessuno era sicuro che il Sole sarebbe ritornato a riscaldare, si cercava rifugio presso le tombe affinché i defunti intercedessero presso gli dèi e la vita sulla terra riprendesse con nuovo vigore. D’altronde la Battaglia del Cielo fra gli dèi neri e quelli bianchi era ormai in corso e nessun avrebbe potuto modificarne l’esito, se non si aiutava l’auspicato vincitore sacrificandogli quanto era rimasto di meglio dell’anno passato.
Fra le popolazioni slave del Medioevo il Sacrario della Stirpe dove si pregava e si facevano i sacrifici comuni occupò sempre un posto molto importante. Di solito questo kapìsc’c’e (ricordate che questo tempio si chiama così in russo?) si trovava in un posto centrale oppure non molto discosto dai villaggi che serviva. Normalmente tutto circondato da pietre lucide aveva una forma circolare tipica (rimandiamo per una descrizione più particolareggiata ai testi di V.V. Sedov o di J. Hermann o di quello scavato a Pskov dalla prof.ssa Labutina una ventina di anni fa) con un‘orientazione dell’accesso al tempio verso sudovest in modo che chi entrasse guardava sempre verso il Sole Nascente a comprova dell’importanza della venerazione slava di questo astro. Notevole è la forma del sacrario simile ad un fiore con sei petali e forse per questo l’iris (Iris germanica sp.) era considerato un fiore divino. Un simulacro (kumir) fatto di un tronco intero di quercia era posto al centro ed intorno vi ardevano dei fuochi con altri kumiry eretti ed il complesso era vegliato dai volhvy e dai loro aiutanti.
L’archeologia aiuta poco a localizzare questi sacrari slavo-russi, specialmente se corrispondono nell’organizzazione spaziale a quelli maggiori scavati ad Arkona, sull’isola di Rügen, o nei dintorni di Novgorod dove oggi c’è il Convento di Peryn (Perun!), ma nella grande pianura nascosti nei boschi dovettero essercene molti. Fra i simulacri ritrovati invece dagli archeologi in area “russa” c’è quello famoso, ora nel Museo di Cracovia, rinvenuto alla metà del XIX sec. presso il fiumiciattolo Zbruc’, affluente del Dnepr non molto lontano da Kiev. Questo però è un obelisco di pietra carpatica di tipo egiziano alto ca. 3 metri a sezione quadrata con quattro facce umane ricavate sui quattro lati. Ogni lato poi è diviso in almeno tre file di sculture: quella superiore è dedicata al dio stesso, quella mediana agli uomini, e quello inferiore al mondo degli inferi (l’interpretazione è di B.A. Rybakov). Delle quattro figure rappresentate sempre con un cappello sulla testa due sono femminili e due maschili e ognuna di esse ha i propri simboli distintivi ben evidenti. Questa descrizione però non ci dice quali dèi il simulacro rappresenti né se è quello di un solo dio con quattro sembianze diverse oppure di quattro dèi separati. D’altro tipo sono i sacrari fra gli alberi della foresta che, come d’altronde nel resto d’Europa, si trovavano esclusivamente celati nei querceti o presso i crocicchi dei sentieri che attraversano la foresta.
Comunque sia, possiamo immaginare come, prima dell’arrivo del Cristianesimo, la grande processione raccogliesse la gente da ogni izbà e si dirigesse verso il Sacrario comune, posto da qualche parte su una collina artificiale nel nord oppure all’interno della foresta, da qualche parte fra il Bacino del Pripjat’ e i declivi dei Carpazi, a pregare solennemente per il ritorno della vita ossia a celebrare la Màsleniza.
Le descrizioni delle cerimonie collettive pagane che ci rimangono risalgono… al XVII sec. e qualcuna addirittura al secolo scorso! E’ riferito ancora di sacrifici cruenti di animali e, pensate!, persino di uomini! Dunque il Paganesimo è ancora al di là di essere sconfitto! Ad ogni modo, alla fine tutti gli animali offerti agli dèi erano consumati in un grande convito sacro in cui si serviva da bere e da gustare cibo inebriante allo scopo di chiudere la celebrazione in solenni pratiche orgiastiche. A prova di ciò si sono ritrovate nelle aree archeologiche attribuibili presumibilmente a questi conviti sacri, in cui si sono trovate numerose ossa raccolte alla rinfusa, ma prevalentemente di animali a partire dal cavallo, dal toro, dalla capra etc. fino a giungere a ossa anche umane parzialmente bruciate!
Per quanto riguarda i sacrifici umani, nelle Cronache se ne parla spesso, già a partire dal 983 d.C. quando san Vladimiro, dopo una sua vittoria contro i nomadi Peceneghi, volle ringraziare gli dèi con il sacrificio di un giovinetto. Si tirò a sorte e venne fuori il nome di uno dei figli dei suoi variaghi. Questi però, essendo cristiano, si rifiutò di cedere uno dei suoi ragazzi e prese in giro i volhvy che erano andati da lui per prendersi il figlio. Il variago affermò che era molto stupido adorare dei pezzi di legno che oggi erano lì in piedi, ma che domani diventavano semplice legno marcio! A questa grave offesa agli dèi slavi i volhvy e gli uomini mandati da Vladimiro dettero fuoco alla casa e il variago con i suoi finì sotto un mucchio di cenere fumante e facendo sì che il sacrificio fosse comunque compiuto.
Venivano sacrificati anche uccelli come il gallo quale animale solare ed anche questo è testimoniato da più di una fonte fino al XVI sec. Ad esempio, i Variaghi che discendevano il Dnepr diretti a Costantinopoli, nel X sec. d.C. sostavano su un’isola del fiume molto dopo Kiev, Berezan’, e lì sacrificavano il gallinaceo ringraziando gli dèi per essere giunti a pochi passi dal mare, sani e salvi!
Tuttavia i documenti moscoviti più tardi, non danno dei nomi particolari a quelle cerimonie invernali e neppure una è ricordata con quello di Màsleniza, ma ciò non toglie che quest’ultima festa non fosse proprio una delle più solenni del Paganesimo Slavo visto il grande interesse a cristianizzarla che ebbero in seguito sia la Chiesa Russa che gli stessi sovrani moscoviti.
Al principio del nostro lavoro abbiamo visto come un villaggio nascesse da un gruppo di migranti che lascia la terra d’origine e ha colonizzato una terra nuova. Se però abbiamo creduto che costoro si muovessero in modo isolato e senza concerto con gli altri rimasti indietro, abbiamo ricevuto l’impressione sbagliata. In realtà (l’abbiamo accennato) questi colonizzatori erano dei veri pionieri che, una volta saggiata la nuova situazione e accettatala, mandavano a chiamare i loro congeneri, “della stessa stirpe”, affinché seguissero nella nuova destinazione (come novoselzy) al più presto.
Alla fine tutti i migranti discendevano, diciamo così, da un’unica “ondata migratoria” e si sistemavano, per quanto possibile, in villaggi non distanti l’uno dall’altro mentre si tenevano in continuo contatto-scambio proprio attraverso quei sacrifici nel kapìsc’c’e comune! E quale maggiore celebrazione poteva esserci per rinsaldare i legami famigliari, se non quella dell’antenato divinizzato e rappresentante di tutta la stirpe (Rod)?
Màsleniza perciò era la festa, per così dire, della famiglia, viste le descrizioni che ci sono state tramandate e come tale va considerata, senza staccarla dalle precedenti Radunizi. Nei villaggi infatti non c’erano solo le Veci per decidere qualcosa di importante, ma anche le grandi adunate con gli altri villaggi “affini per origine” nei casi di decisioni più gravi che richiedevano una collaborazione più allargata. Così riaffermando l’appartenenza allo stesso Rod, Màsleniza doveva essere una di queste adunate dove occorreva pregare tutti insieme, se si voleva continuare a vivere. Oltre a ciò non possiamo non immaginare che il villaggio slavo orientale con le vecchie usanze e i vecchi costumi portati dalla valle dell’Elba, e questo è importante, non tenesse conto delle stratificazioni con le nuove culture incontrate nella Pianura Russa e perciò, allo stesso tempo, non difendesse la “slavità” della propria gente.
Aggiungiamo che proprio in difesa di questa “identità slava” la grande famiglia possedeva una gerarchia molto complicata e molto rigida facente capo al patriarca, vivo o “risuscitato” nel ricordo di ogni Ràduniza. Ad esempio, la donna che entrava nella nuova famiglia per matrimonio dipendeva rigidamente dalla suocera, più che dal marito, e le sue relazioni con le altre donne, sorelle o cugine del marito, erano improntate ad una certa soggezione persino quando queste le erano inferiori di età. Naturalmente la soggezione spariva non appena le nasceva un figlio o le cognate andavano in sposa altrove. E questo era necessario affinché la nuova generazione rimanesse sempre “slava”. Non possiamo in questa sede “immergerci” nel sistema parentale slavo poiché esso è complicato ed ha termini particolari per ogni membro che in italiano (e in molte altre lingue europee) non ci sono più (erano già scomparsi in latino!) e consigliamo perciò il nostro lettore più curioso di riferirsi al lavoro del linguista Kolesov o di Bienveniste, se vuole maggiori chiarifiche.
Torniamo allora alla Màsleniza. Ci sono varie dispute sull’origine di questa parola. La maggior parte degli studiosi russi insistono sulla derivazione da maslo ossia burro, in russo, riferendosi al fatto che il piatto tradizionale per questa festività erano le bliny spalmate o fritte nel burro! In realtà però le bliny sono un piatto venuto più tardi dal mondo mediterraneo nella cucina dello smierd medievale e perciò hanno poco a che fare con la Màsleniza slava, salvo la forma circolare tradizionale di questa specie di frittella (nota nel mondo romano-cristiano come Placenta, in Germania Pfannkuchen, in Inghilterra come Pancake e in Ungheria come Palaczinta derivata dalla pasta di frumento non lievitata usata nel rito romano per farne le ostie).
Nella forma invece i cibi caratteristici di questa festa erano, e continuarono ad essere, quelli a forma di sole e, in special modo, i kalacì (panini rotondi dolci di frumento che abbiamo già incontrato) o il karavài (la grande pagnotta rotonda detta anche ruota di pane) con ripieno di tvorog e naturalmente le uova!
Ricetta per le bliny o blinciki
(ridotta da La Cucina Tradizionale Russa di Carla Muschio, Xenia 2002)
Ingredienti: Farina, zucchero o miele, burro, uova, lievito o pasta acida (o pasta madre), sale, latte
Procedura: Riscaldare il latte sciogliendovi la pasta acida (o pasta madre), aggiungere il miele il tuorlo dell’uovo e il burro. Aggiungere metà della farina e amalgamare. Coprire l’impasto con un canovaccio bagnato e lasciare crescere per circa 2 ore. La pasta raddoppierà e quindi aggiungere il resto del latte, sempre tiepido, e il resto della farina. Aggiungere il bianco dell’uovo montato a neve e impastare di nuovo. Far lievitare per circa un’altra ora. Con le mani farne delle spianatine circolari e friggere nella padella con burro. La padella deve essere molto calda prima di cuocere le bliny. Il burro deve soltanto tenere ben unto il fondo della padella e quindi va aggiunto con parsimonia, ma spesso. Le bliny si cuociono almeno tre per ciascun commensale previsto e si impilano su un piatto di legno presentandole tiepide a tavola.
Se accostiamo questa festa ad analoghe celebrazioni presenti nella zona danubiana non slava (Valacchia), Màsleniza potrebbe significare unzione (sempre dalla radice *maz- di maslo, ma per mazat’, ungere) o meglio forse colei che unge ricordando così che una vergine era incaricata dell’unzione del simulacro della divinità col grasso dell’animale sacrificato e che l’animale doveva essere probabilmente il porco. Perché proprio il grasso e non la carne sanguinolenta? Per la semplice ragione che il lardo è quella parte che brucia meglio e più in fretta, portando in alto verso la divinità l’odore dell’arrosto col quale il dio si nutre, mentre il sangue, simbolo della vita, facendolo colare sul suolo è restituito alla Madre Umida Terra.
Ci sono molti indizi a favore del sacrifico del porcellino (porosjònok). Accenniamone alcuni.
1. Il porco ancor oggi non viene ucciso mai dallo smierd o da sua moglie che lo hanno allevato con amore perché questo animale è sacro ed è un loro amico. Ed infatti l’urlo del verro mentre viene ucciso è uguale a quello di un uomo nella stessa situazione estrema. Per questo s’incarica di solito il vicino… A nostro avviso questo ricorda che l’uccisione sacrificale era appunto esclusiva del volhv.
2. Il porco non veniva mai salato scorticandolo, ma rimaneva con pelle e peli, come infatti non si farebbe mai con un uomo da sacrificare.
3. Il grasso di porco diventò uno degli articoli di esportazione della Rus’ e quindi era tenuto in gran conto anche dal punto di vista del suo valore economico oltre che culinario. Con il Cristianesimo lo si usò anche per friggere, visto che non si poteva più offrirlo agli dèi.
4. Le vesciche o le budella del porco, tese, si usavano come lastre di vetro per le finestre, ma in realtà erano un segno della presenza protettiva in casa dell’animale.
Dunque i porci (insieme agli altri maschi di animali d’allevamento e cioè il toro e il caprone) quasi esattamente come nell’antichissimo rito romano dei Suovetaurilia si portavano in processione al kapìsc’c’e dove li attendeva il volhv per scannarli, concludendo il solenne rito con un gran convito e con una festa sfrenata dove si consumavano quelle carni ormai santificate.
Màsleniza perciò era una festa popolare e partecipatissima, ma anche di grande risonanza politica e culturale. Prova ne sia il fatto che alcune volte sia Pietro I che Caterina II inaugurarono di persona la Settimana della Màsleniza a Mosca e a San Pietroburgo. Naturalmente la teatralità richiesta nelle due capitali russe del XVII-XVIII sec. era tutt’altra rispetto alla licenziosità con la quale la Màsleniza si svolgeva nei villaggi e ciò, come abbiamo detto, era condannato dalla Chiesa Russa…
Se dunque la nostra interpretazione è giusta, ecco che, ad esempio, i nuovi matrimoni che avevano avuto luogo poco prima dell’inverno o durante quei giorni stessi, alla Màsleniza richiedevano ora tutta una serie di visitazioni che andavano fatte dalla nuova nuora ai suoceri, dal genero ai nuovi capi del villaggio, dalle madri alle figlie e ai figli, dai nipoti ai nonni etc. etc. sfruttando proprio questo momento dell’anno che annunciava la “liberazione” dalle ristrettezze della stagione brutta ormai alle spalle dopo la vittoria sul Karaciùn. E non era anche il giusto periodo per visitare villaggi lontani, prima che arrivasse la terribile rasputiza/pacпyтицa? Il prossimo scioglimento della neve e la formazione del fango micidiale avrebbe impedito a chiunque di mettersi in cammino, se avesse indugiato oltre.
Allora, ripetendo ancora una volta che alla fine dell’inverno c’era la Raduniza dove si ricordavano i defunti, la settimana seguente si apriva solennemente la Màsleniza.
Purtroppo a causa della sovrapposizione successiva di feste cristiane non è possibile fissare delle date precise e così, sebbene si faccia coincidere Màsleniza col Carnevale cristiano, tale coincidenza non è propriamente legittima, né congruente. Inoltre non si deve credere che tutti avessero un calendario e fissassero le date, come si fa oggi. Tenere il computo del tempo era un compito del volhv che sapeva quando chiamare a celebrare nei giorni opportuni. Il contadino al contrario contava i giorni o li definiva a seconda dei lavori da fare e a seconda del tempo che qui, nel nord della Pianura Russa, di solito è abbastanza ripetitivo.
Una delle nostre fonti (I. Pankeev) pone l’inizio della festa di regola a due mesi lunari dalla Pasqua e con ciò spiega perché la settimana di Màsleniza si è trasformata per la Chiesa Ortodossa in Settimana del Formaggio (Syrnaja Nedelja) ossia in cui è permesso mangiare prodotti caseari (come il maslo, il burro), prima del Gran Digiuno Pasquale…
Comincia dunque di Lunedì con il cosiddetto Incontro con l’Onorevolissima Màsleniza (Vstrecia). Continua il Martedì, chiamato il Dì degli Ammiccamenti (Zaigrysci), il Mercoledì invece c’è la Ghiottona (Làkomka) e il Giovedì è il Giorno Pazzo (Razgul). Ancora il Venerdì abbiamo la Sera con la Suocera (Tjòsc’ciny), il Sabato con la Visita alla Nuora (Zalòvkiny posidèlki) e si chiude con la Domenica ossia il Giorno dell’Addio (Prosc’cjònyi Den’) fra tutte le famiglie che ritornano ora alle loro case.
A parte questa ripartizione temporale è quasi sicuro che nell’antichità medievale la festa durasse più di una settimana visto che la Chiesa Ortodossa risulta averla ridotta per decreto patriarcale… perché troppo sacrilega! Vediamo un po’.
La prima giornata di allegria è già il sabato anteriore, la vigilia della Vstrecia, che appartiene tutta ai ragazzi. Questi sono subito mandati a costruire con la neve le montagne lungo le quali poi scivolare, le cosiddette e notissime Montagne Russe! E non solo! Chiameranno a gran voce Màsleniza e diranno: Tanti auguri col formaggio, col burro e con i kalacì e con le uova bollite! (in russo: С cыром, маслом, калачòм и печённым яйцòм!). La cosa più notevole è che questa “chiamata” era fatta gridando dai tetti delle case a cavalcioni sull’ohlupen’ per essere più vicini al cielo!!
In piazza sono state montate le altalene e le grandi giostre girevoli e sono arrivati gli Skomorohi (artisti di strada) con i loro vari spettacoli di destrezza e animali ammaestrati…
Naturalmente si sono preparati dei carri allegorici in cui (sul più grande di questi) siederà la grassa bojara (nobildonna antico-russa) che sarà trainata per le strade del villaggio. Abbiamo già detto della statua di paglia che è stata piantata in uno spiazzo, quella di Zimà-Marena. Resterà lì in attesa di essere bruciata all’ultimo giorno.
Le visite famigliari invece, ci sono già a partire dai primi giorni, dal lunedì.
Alla fresca sposa viene concesso di far visita ai suoi accompagnata dal suo uomo proprio adesso. E’ anche il tempo delle visite dei mediatori (svat e svaha) di matrimonio che verranno in visita in questi giorni e intorno ad un tino pieno di birra si parlerà di come organizzare il prossimo matrimonio (v. oltre).
Nel caso poi che la fresca sposa non fosse ancora incinta, si coglie l’occasione della Màsleniza per tentare con una cerimonia speciale accompagnata da un’invocazione alle Rozhenizy e alle Bereghinii (altre divinità collegate con la nascita e con gli antenati di sesso femminile) di favorire il concepimento. Le donne interessate, infatti, si recavano in una fonte sacra e, tiratesi su le gonne, si immergevano fino alla vita, sperando nell’azione fecondatrice dell’acqua e invocando le Bereghinii. Talvolta si invita qualche znaharka che se ne intende, per somministrare qualche pozione particolare…
Il rimedio “cristiano” della suocera per la nuora non ha ancora partorito
(raccolto da G. M. Naumenko (op. cit.), 1998)
Si prendano dei mirtilli, si schiaccino e si ponga il succo in una tazza di coccio insieme a del latte. Si mescoli per bene. Da questa tazza berranno insieme figlio e nuora e dopo aver bevuto i coniugi la romperanno insieme calpestandola per terra con i piedi di entrambi, mentre i genitori di lui cantano:
Quanti sono i cocci, altrettanti sono i figli e le figlie della nostra (nome della donna)! Andate a letto in due e alzatevi in tre. Fatelo ogni notte, figlio e figlia cari!
Con l’introduzione del Cristianesimo fu proibito però fare all’amore mentre era in corso il Grande Digiuno di Pasqua! E così, se si calcolava che il neonato era stato concepito in quel periodo, il pop non lo battezzava!
Nella zona fra Vladimir-sulla-Kljazma e Vjatka si era cristallizzata (naturalmente rammodernata) la processione di Màsleniza dietro una slitta di dimensioni insolite… fino alla fine del XIX sec.! Su questa slitta enorme sedeva appunto la bojara impersonata da un uomo travestito che reggeva nelle mani un corno pieno di mjod e tanti panini dolci (kalacì) da regalare agli astanti. E’ la parodia ridicola di Màsleniza, la ricca, rispetto all’emaciata e magrissima Zimà, la povera. La bojara è invitata casa per casa per conversare e godere di quello che le si offre di buono e quindi questo carro (si legge “trainato da 77 cavalli”…!) deve sostare numerose volte mentre attraversa il villaggio. Sulla slitta trova posto anche una piccola banda di musici che suona e invita la gente a cantare e a ballare in strada… Poi, chissà perché, la bojara viene sostituita sul carro da un uomo, anche lui grasso e ben pasciuto, il quale strimpellando la balalaika e accompagnato da altri uomini che impugnano le scope e fan chiasso per le strade e devono e mangiano da quello che gli altri carri in processione hanno caricato per la festa.
In realtà tutta questa cerimonia non è altro il ricordo del poljudie in formato minore in cui i nobili locali (bojari), per incarico del Knjaz di Kiev, durante il primo Medioevo “russo” venivano a prelevare il tributo casa per casa. Anzi! L’ostilità fra mir e gorod, alla quale abbiamo già dedicato alcune righe di questo lavoro, è parodiata ancor in chiave più chiara dalla città di neve (snezhnyi gorod) che è stata costruita durante queste festività da qualche parte e che ora viene posta sotto assedio. Naturalmente la città di neve è distrutta e gli assedianti hanno la meglio…
Nel frattempo si è presentata nel teatro di piazza la compagnia degli Skomorohi che ora prendono in giro il potere, senza tema di rappresaglie, e la festa continua fra grandi bevute e spettacoli di vario genere.
Una cosa notevole che la tradizione ci lasciato è che la gente del mir in questa occasione vuole che tutti indistintamente partecipino alla gioia comune e sta sempre attenta a chi manca nella piazza poiché, se qualcuno non è venuto, vuol dire che si trova in qualche tragica situazione e bisogna aiutarlo. Anche questo si fa…
Per tornare alla nuova sposa normalmente era proprio per Màsleniza che costei visitava la propria suocera per imparare (si diceva: Imparare a fare e a capire – poucit’ umu-razumu) ed era un grande onore per lei, quando la suocera le mostrava la batteria da cucina e le insegnava come usarla.
Come già in parte sappiamo, la batteria era abbastanza povera in confronto ad una odierna, ma funzionale e sufficiente per preparare i piatti del giorno e cioè le famose bliny! Abbiamo già dato una ricetta per queste frittelle o crêpes e quindi non ci ripeteremo, ma qui vogliamo evidenziare un particolare e cioè che, affinché anche la nuora avesse una parte giusta nella loro preparazione, la farina era portata proprio da quest’ultima! E siccome le bliny potevano esser fatte anche con farina di grano saraceno, ecco che la nostra sposa doveva saper fare sia quelle bianche (con frumento) sia quello rosse (con grano saraceno)!
Come sempre capita, ci sono poi quelle case dove non ci sono suoceri perché morti o altro. E allora sono gli altri suoceri che in questi giorni vanno a trovare il nuovo nucleo famigliare per insegnare alla sposa come cucinare e preparare il menu di Màsleniza.
Tutte queste sono rigorose regole di comportamento imprescindibili…
Consigli come cuocere le bliny
(da I. Pankeev (cit.), 1998)
Le spezie da mettere nella pastella delle bliny è diversa a seconda del luogo, ma il modo di cuocere invece è simile ovunque nella Pianura Russa. Dunque, quando la pastella è cresciuta per l’ultima volta, non bisogna più mescolarla, altrimenti rischia di “cadere” quando la si prenderà per cuocerla. Bisogna ora disporre di una piccola padella che è stata previamente riscaldata nella pec’ka e ben unta con burro. In questa si lascerà scivolare una dose di pastella. Non appena comincia a sollevarsi e a colorarsi, la si ungerà con burro dalla parte superiore e si lascerà cuocere e ricuocere rivoltandola con amore. Tutto questo è ideale farlo in una pec’ka e non su un braciere di carboni ardenti, come talvolta si faceva in passato. Tiratane via una, si rifà l’operazione ungendo di nuovo la padella e con un’altra cucchiaiata di pastella. La padella ogni tanto va pulita, ma non lavata né raschiata. Semplicemente usando sale e burro. Il sale si scioglierà parzialmente nel burro caldo e con esso si tergerà il fondo della padella. Ripetere poi con solo sale a freddo e poi con uno straccio pulito togliere via il sale e la padella è di nuovo pronta.
Il Martedì seguente ai cosiddetti Zaigrysc’i (civetterie, ammiccamenti) si fanno gli inviti – reciproci – a venire a sedersi (besedy) nel proprio giardino dove ci sono divertimenti per i giovani e cibo per tutti. Questo rientrava nello spirito slavo che non consentiva che alla fine dell’anno ci fossero troppe disparità fra membro e membro, fra famiglia e famiglia e quindi si dava fondo a tutte le provviste, senza avarizia e rivolgendosi a tutti, senza distinzione. Certo i vicini erano le persone più importanti e da tener buoni e così si sceglievano i giovani che avevano più “faccia tosta” per invitarli. Sulla soglia i ragazzi venivano accolti con dolci (prjaniki, specialmente) e bevande di frutta, ma già si sapeva che l’invito sarebbe stato rifiutato. Il che era soltanto un modo obbligato di comportamento e non voleva assolutamente dire che non ci sarebbe stato lo scambio di visita, specialmente se c’era già del tenero fra ragazzi e ragazze delle due case.
Per il ghiottone però il Mercoledì era il giorno più “appropriato”: la Làkomka. In questo giorno le grandi riunioni erano presso l’izbà della suocera più anziana dove c’erano a volte anche i parenti della sposa e qui si raccoglievano (gli ospiti che arrivavano portavano infatti da mangiare e da bere) cibi per tutti gli appetiti e dolci per tutti i palati.
Tvorozhnìc’ki per la Làkomka
Ci si procuri del tvorog freschissimo e lo si batta col pestello nel miele. Si aggiungano spezie molto aromatiche e un pizzico di pepe o analogo prodotto piccante. Mescolare il tutto ben bene e addensarlo con la farina. Se la massa risulta troppo densa, allungare con latte. A parte si preparano delle paste biscotto che ricoperte dal tvorog si servono molto fredde.
N.B. Il Tvorog è una specie di ricotta di latte vaccino o caprino molto simile al Quark tedesco.
Poi comincia il grande divertimento e le grandi bevute che coinvolgeranno finalmente tutti gli adulti nella festa generale, maschi e femmine, proprio al Giovedì! In questo giorno tutto è permesso, giocare, bere, mangiare a crepapelle, fare all’amore in pubblico, prendere in giro tutti in modo volgare, offendere vecchi e giovani, parenti e anziani, senza problemi e mettendo in evidenza i difetti ridicoli di ciascuno. Chi vuole si travestirà degli abiti dell’altro sesso e si comporterà di conseguenza fra le risate di tutti.
I forzuti, per esempio, si misurano nelle numerose lotte a suon di pugni, con scommesse e premi. Nudi fino alla cintola, nello spazio lasciato dal cerchio degli spettatori e dei fans, se le danno di santa ragione riscaldandosi nel freddo pungente finché uno dei due non scivola o cade e tutta la folla intorno a loro urla esaltando il vincitore e gufando il perdente. Niente di male! I due contendenti si abbracciano e si baciano e insieme a tutti gli altri vanno a bere, commentando errori e colpi bassi in allegria. La serata (o la nottata) infatti deve finire nelle situazioni più scomposte e nell’ebbrezza più generale…
La ricetta del piatto più buono della strjapuha
Le kulebjaki, ossia le torte ripiene salate (pirogì)
(da O.V. Platonova e E.A. Topoleva, 1984)
Dice un proverbio russo antico: L’ibzà non è bella per gli angoli che ha, ma per le torte ripiene che offre! (in russo: Не краснà избà углàми, а краснà пирогàми!). Una di queste torte salate sono le kulebjaki che non possono mancare sulla tavola di Màsleniza!
Preparare della pasta lievitata. Bollite delle uova, ai quali poi togliete i rossi. La pasta poi, mescolatela con un po’ di latte e coi rossi d’uovo. Dopo averla ben lavorata, lasciate la pasta a sé a crescere al calduccio. Con un matterello la spianerete sulla madia di casa in lunghe strisce larghe due palmi. A parte avrete preparato il ripieno di carne di porco. La carne deve essere stata bollita e macinata con spezie delicate (ukrop) e poi soffritta con cipolle per qualche minuto nel burro. Si aggiunge il bianco d’uovo bollito tagliato a pezzettini e un pizzico di pepe o altro surrogato piccante. Si procede a spalmare questa farcitura per bene sulle strisce di pasta spianata. Si ripiega la pasta in modo da rinchiudere tutta la farcitura su ogni striscia. Mettere nella pec’ka e controllare di tanto in tanto la cottura. Il tutto sarà pronto quando immergendo uno stecco di paglia in una striscia lo vedrete venir fuori asciutto. Tirare fuori dalla pec’ka e tagliare ora le strisce di traverso separando ogni pezzo dall’altro.
Tutti intanto stanno aspettando la vittoria del dio della luce e dell’avvento di Koljada (come questo dio talvolta è chiamato) e qualche gruppo di giovani già canta e suona chiamando: “Koljada, signore e padrone, vieni dunque!”
Finalmente il volvh annuncia ufficialmente che la battaglia del dio bianco sul dio nero è stata vinta dal primo e quindi ora è certo… si vivrà! Tutti esultano e corrono in casa a prendere il mazzo di paglia già preparato che ingrosserà il falò per bruciare nel campo, dove è rimasta per tutto il tempo, l’effigie di Zimà-Marena!
E’ giunto anche il tempo di salutare i propri morti, i navi, quasi a dire che ormai i vivi devono tornare fra poco al mondo normale. ”I morti vadano con i morti e i vivi restino con i vivi!” è il motto. Tuttavia i navi vanno trattati bene e quindi si sono cotti dei dolcetti apposta per loro che si poseranno sulle tombe rispettive e in loro compagnia si consumerà l’ultimo pasto di Màsleniza, tutti in letizia per la rinascita del mondo!
Tutti si salutano e si chiedono perdono l’un l’altro, prima di separarsi, perché si deve vivere senza spiacevoli pendenze. Poi ognuno prende la via di casa non senza ripetere la cerimonia dell’ultimissima cena in casa propria prima di andare a riposare e qui ora il figlio con la madre, la sorella col fratello si abbracceranno e si baceranno esultando per l’arrivo del nuovo Sole! Anzi! Nella regione di Jaroslavl’, non lontano da Mosca, a questo punto si cantava una vecchia canzone in cui si invocava il Knjaz ad essere un po’ più indulgente coi “suoi” smierdy!
Non ci interessa qui registrare e raccontare tutte le diverse manifestazioni di una festa allegra e senza freni perché, se lo facessimo, avremmo bisogno di moltissime più pagine. Il nostro intento al contrario è di sottolineare lo spirito di comunità e il rito del consumo di cibo e di bevande al massimo grado. Alla fine dell’anno niente di quanto si è accumulato deve restare poiché sta per cominciare un anno nuovo e tutti si devono ritrovare allo stesso punto di partenza per il nuovo ciclo vitale…
Se la festa sembra essere tutta slava per le varie rassomiglianze con altre feste simili nella Slavia Occidentale, in realtà si può identificare la Màsleniza (in parte, naturalmente) persino con la celebrazione di Lada, dea che abbiamo già incontrato. Chi, se non Lada e suo figlio, può annunciare meglio l’arrivo della stagione della luce? Infatti Lada è la dea della bellezza, madre di Lel’, il Dio dell’Amore analogo a Cupido, ma… questa dea è lituana! Presso i Lituani, infatti, esiste col nome di Didi Lada ossia la Grande Lada, Dea dell’Amore. Didi e Lada invece appaiono nella mitologia slava raccolta da A.A. Korinfskii come dèi separati nelle celebrazioni di primavera di Tula, oltre però non osiamo speculare…
E siccome abbiamo raccontato come l’orso veniva portato in giro nel villaggio, non possiamo che concludere con una breve descrizione della famosa e popolare Commedia dell’Orso eseguita a Màsleniza.
Il Poles’e, ossia le Paludi del Pripjat’, è pieno ancora oggi di orsi (Ursus arctos sp.) e la gente di queste parti ogni tanto ne cattura qualcuno oppure sorprende dei piccoli orsetti rimasti orfani. Non si possono uccidere e perciò sono allevati quasi come animali domestici. Anzi! Più a nord, a Smorgon in Bielorussia, c’era un vero e proprio allevamento di orsi ammaestrati che, si diceva, fosse sponsorizzato (nientedimeno!) dai principi Radziwill (-Sforza) ancora in piena età rinascimentale!
Ad ogni buon conto gli Skomorohi che vivevano di solito in tribù nel Poles’e ne portavano in giro qualcuno per fare una specie di spettacolo sacro della Battaglia del dio nero contro il dio bianco. All’orso era dato persino un nome di qualche caro defunto e, con le zanne e gli artigli ben limati in modo da non essere troppo pericoloso, il conduttore (vozhak) lo portava di festa in festa e di villaggio in villaggio. L’orso era al guinzaglio con un anello infilato nelle narici e una catena come uno schiavo vinto in battaglia, ma ben rispettato e trattato con delicatezza, e nello spettacolo il suo avversario era la capra, la dèa che Karaciùn avrebbe voluto che non partorisse il nuovo sole, come già sappiamo. In realtà la capra poi era un ragazzo che indossava una maschera di legno nero con un bel paio di corna e una lingua penzolante e appuntita, pure di legno. La capra fingeva di attaccare l’orso e il vozhak con qualche colpo di tamburo (strumento che portava legato in vita e riproduceva il suono del tuono) sollecitava l’animale a rizzarsi in tutta la sua altezza e la musica sembrava ritmare i suoi movimenti. “Ecco, l’orso ora danza!” Diceva il vozhak e la gente applaudiva. Poi il cappello-maschera del ragazzo veniva appeso capovolto alla zampa dell’orso che andava in giro fra gli astanti per raccogliere il compenso per il suo spettacolo ormai finito!
Myshkin - Venerdì, 16 Febbraio 2007, 11:38
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Molto bene, Aldo! Ho letto con gran piacere questo articolo in forma di racconto ben scritto sulla Maslenitsa. E' sempre molto interessante leggerti
Ho anche scoperto, con mia meraviglia, che la preparazione dei bliny è assai più elaborata e ricca di ingredienti di quella dei bliny che conosco io, preparati in modo molto più semplice e assolutamente non lievitati. Mi piacerebbe sapere se quello è l'antico modo di preparare i bliny, oggi non più usato, oppure semplicemente uno dei vari modi. E in questo chiedo il parere anche dei nostri cari amici russi.
marturano - Venerdì, 16 Febbraio 2007, 13:21
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Questo è un capitolo del mio prossimo lavoro che esce fra qualche settimana e si chiama VITA DI SMIERD, Cibo e Magia nel Medioevo Russo, Atena 2007. Appena saranno nelle mie mani le copie mie di diritto, te ne invierò una in omaggio! Va bene?
Myshkin - Venerdì, 16 Febbraio 2007, 13:28
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Accetto molto volentieri, caro Aldo! Grazie! Ma bisogna assoultamente farne avere una copia anche al nostro Zarevich. Posso fargliela avere io dopo averlo letto, non è un problema.
Alena - Venerdì, 16 Febbraio 2007, 13:29
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
marturano ha scritto:
Ricetta per le bliny o blinciki
(ridotta da La Cucina Tradizionale Russa di Carla Muschio, Xenia 2002)
Ingredienti: Farina, zucchero o miele, burro, uova, lievito o pasta acida (o pasta madre), sale, latte
Procedura: Riscaldare il latte sciogliendovi la pasta acida (o pasta madre), aggiungere il miele il tuorlo dell’uovo e il burro. Aggiungere metà della farina e amalgamare. Coprire l’impasto con un canovaccio bagnato e lasciare crescere per circa 2 ore. La pasta raddoppierà e quindi aggiungere il resto del latte, sempre tiepido, e il resto della farina. Aggiungere il bianco dell’uovo montato a neve e impastare di nuovo. Far lievitare per circa un’altra ora. Con le mani farne delle spianatine circolari e friggere nella padella con burro. .....
Se non sbaglio si chiamano "bliny na opare".
Myshkin ha scritto:
Mi piacerebbe sapere se quello è l'antico modo di preparare i bliny, oggi non più usato, oppure semplicemente uno dei vari modi.
E' uno dei vari modi. Le ricette dei bliny sono molte. Alcune ricette si possono trovare qui.
http://eda.pagan.ru/eda/pirog/010.php
Alena
Myshkin - Venerdì, 16 Febbraio 2007, 14:02
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Grazie Alena!
Argonauta - Venerdì, 16 Febbraio 2007, 15:09
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Accetto molto volentieri, caro Aldo! Grazie! Ma bisogna assoultamente farne avere una copia anche al nostro Zarevich. Posso fargliela avere io dopo averlo letto, non è un problema.
E a me? Io chi sono? Figlio di nessuno???
Myshkin - Venerdì, 16 Febbraio 2007, 15:22
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
A te una bella raccolta di Tex Willer, o qualche noir di Raymond Chandler!
Angelo di fuoco - Venerdì, 16 Febbraio 2007, 20:18
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Aldo, ho cominciato ha leggere il tuo testo sulla maslenica iersera e m'è molto piaciuto (infatti, conosci la Russia mooooooooooolto ma mooooooooolto bene, moooooooooooooooooooooooooooooooooolto meglio di me che vivo all'estero), ma è anche vero che per goderselo bene ci vuole abbastanza tempo e noi nel nostro secolo veloce non sempre ne disponiamo. Non è una richiesta a te di scrivere testi piú corti, brevi o concisi che dir si voglia, soltanto la costatazione d'un fatto. Rinnovo i complimenti e le grazie per i tuoi preziosi interventi.
Doppio bequadro - Domenica, 18 Febbraio 2007, 11:02
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Abbiamo provato a fare i bliny secondo l'antica ricetta, con il lievito, sono venuti buonissimi!
Evviva la Maslenizzza!
Adesso ci vuole un'altra ricetta per dimagrire...
Angelo di fuoco - Domenica, 18 Febbraio 2007, 15:45
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Oggi è la Domenica del Perdono, nonché il Capodanno cinese. Stasera, quando andrò a festeggiare colla gente del mio corso di cinese, ci porterò bliny...
marturano - Domenica, 18 Febbraio 2007, 19:28
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
provate questa:
L’Assedio e la Fame di Leningrado durante la II Guerra Mondiale
(in russo Grande Guerra Patriottica del 1941-1945)
da Food and Nutrition, Customs and Culture di P. Fieldhouse, London 1988
Nel settembre 1941 cominciarono gli attacchi aerei tedeschi sulla città di Leningrado (oggi San Pietroburgo) mentre le truppe di terra formavano attorno alla città una barricata quasi per segnare che era cominciato un assedio di 900 giorni. I Leningradesi intrappolati nel blocco dovevano sperimentare incredibili strettezze e privazioni compresa una drastica riduzione di forniture alimentari. Erano circa 2,8 milioni le persone intrappolate nella città e dovevano essere alimentate in qualche modo. All’inizio dell’assedio il deposito più grande di alimentari della città fu completamente distrutto e con questo gran parte delle forniture di carne, zucchero, burro e grano scomparve. C’era già stato un razionamento all’inizio dell’ano che era stato persino aggravato e così tutti cominciarono ad accumulare. Nel novembre le morti per inedia cominciarono a diventare la normalità. Gente disperata alla ricerca di cibo i alternativa a quello che mancava cominciarono a mangiare persino quegli animali che finora erano stati un tabù come gatti, cani e uccelli. La cellulosa della segatura o delle cortecce degli alberi si aggiunse alla farina per aumentarne la quantità…. La carta da parati fu staccata dalle pareti e anche la colla che si pensava fatta dalla fecola delle patate fu usata per cibarsi. Chi mangiò prima la carta, subito dopo consumò la colla solida, pensando che potesse essere un nutrimento. Man mano che l’assedio si allungava alcuni codici di comportamento cominciarono a sgretolarsi: Assassini per cibo o per un talloncino con cui comprarsi il cibo diventarono i casi di ogni giorno. Si sparse la voce che si usava carne umana per fare salsicce e le file per comprare da mangiare diventarono numerose e lunghissime. Alla polizia fu dato ordine di uccidere sul posto chiunque si comportasse da criminale. Qualcosa arrivava attraverso il lago Ladoga, ma fino alla primavera quando l’erba cominciò ad apparire non ci fu alcun sollievo per gli affamati. L’anno nuovo arrivò con minori problemi poiché il numero di persone sopravvissute era diventato molto piccolo e con qualche breccia nel blocco si riuscì ad alimentarle
Beowulf - Domenica, 18 Febbraio 2007, 20:27
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Oggi è la Domenica del Perdono, nonché il Capodanno cinese. Stasera, quando andrò a festeggiare colla gente del mio corso di cinese, ci porterò bliny...
Angelo vuoi diventare poliglotta?????
Russo, tedesco,italiano,spagnolo, me ne dimentico qualcuna?? ed ora anche il cinese
Vuoi diventare come zarevich che parla tutte le lingue del mondo tranne il turkmeno?????
Angelo di fuoco - Domenica, 18 Febbraio 2007, 21:28
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Conosco anche il francese...
Ebbene sí, voglio diventare poliglotta... verrà anche il tempo del turkmeno e del kirghiso, ed allora basteremo noi due (Zarevich ed io) per gestire questa Babilonia ch'è il nostro pianeta.
P.S. I bliny ebbero successo.
Argonauta - Lunedì, 19 Febbraio 2007, 04:06
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Nel settembre 1941 cominciarono gli attacchi aerei tedeschi sulla città di Leningrado (oggi San Pietroburgo) mentre le truppe di terra formavano attorno alla città una barricata quasi per segnare che era cominciato un assedio di 900 giorni.
Perché i nazisti non distrussero Leningrado come fecero con Stalingrado?
C'è qualcuno che è in grado di rispondere?
Argonauta - Lunedì, 19 Febbraio 2007, 04:07
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
A te una bella raccolta di Tex Willer, o qualche noir di Raymond Chandler!
...mi dispiace che i russi non li conoscono: si sono persi molto. Tolstoj non è tutto lo scibile della letteratura.....
Myshkin - Lunedì, 19 Febbraio 2007, 08:30
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
...mi dispiace che i russi non li conoscono: si sono persi molto. Tolstoj non è tutto lo scibile della letteratura.....
Perché tu pensi che i russi conoscono soltanto Tolstoj?
E ancora, c'è forse qualcuno che conosce
tutto lo scibile della letteratura, o che ha il dovere di conoscerlo?
Argonauta - Lunedì, 19 Febbraio 2007, 14:22
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
No, non credo e non ho affermato che esista qualche cosa che rappresenti lo scibile letterario...
Ho letto le tue parole con ironia e ti rispondo con ironia..... Penso che i fumetti sono importanti, e mi fa piacere constatare che moltissime persone (anche fra gli intellettuali o gli artisti) abbiano i miei gusti... E' un po' come quandoanni fa si diceva che il cinema non è "Arte" vera....
marturano - Martedì, 20 Febbraio 2007, 11:53
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Una curiosità per voi. A Mosca intorno al 1450 (secondo lo storico Vernadskii) il turco diventò una lingua di moda e tutti a corte lo capivano o lo parlavano. Addirittura molti bojari avevano mogli turchi e la potentissima famiglia Veljaminov (a cui apparteneva la dinastia moscovita) cambiò il nome in Aksakov (ossia Zoppicante in turco, aqsaq, come il latino Claudius) per rifarsi a Timur-i Lang ossia Tamerlano (mi informa il mio amico Pino Cossuto, turcologo). Se volete imparare il turco, non è difficile, ma dovete cambiare parzialmente il moodo di guardare le cose intorno a voi e, di conseguenza, come ordinare il pensiero. Consiglio una grammatica della serie Langescheidt che è la migliore per un occidentale. Una volta imparato il turco ottomano, potete esser capiti (e capire) fra i Curdi (sebbene costoro parlino poi una lingua come la nostra), fra i turkmeni, fra i Ciuvasci, fra gli Azeri e così via via fino a Urumci degli Uiguri della Cina... :nerd:
Angelo di fuoco - Martedì, 20 Febbraio 2007, 13:21
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Aldo, di', Langenscheidt produce le grammatiche in altre lingue che il tedesco?
Finora coi córsi d'autoapprendimento di Langenscheidt ho fatto buone esperienze col ceco e polacco, ma per me sono un po' inadeguati perché rivolti ai tedeschi e dunque mi spiegano alcune cose che conosco già dalla mia lingua madre. (per Beo: io NON parlo né il ceco né il polacco).
Ma questa moda del turco... è possibile che fosse moda del tartaro, ché anch'esso è lingua turca?
Grazie mille per esporci i tuoi conoscimenti... è sempre molto interessante!
Argonauta - Martedì, 20 Febbraio 2007, 16:28
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Perché i nazisti non distrussero Leningrado come fecero con Stalingrado?
C'è qualcuno che è in grado di rispondere?
Rispolvero questa mia domanda sperando che qualcuno possa conoscere la risposta. Mi sono sempre domandato il motivo per cui Hitler decise di non bombardare a tappeto Leningrado.
marturano - Venerdì, 02 Marzo 2007, 19:46
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Non è che gli articoli sono troppo lunghi, è che fanno parte di un intero capitolo di un libro e a me dispiace m,andarne un pezzo e lasciarne un latro per un'altra occasione. Anzi, qui di seguito c'è un argomento interessante: I Vampiri! Questo è corto...
IL VAMPIRO NEL MEDIOEVO RUSSO
di Aldo C. MARTURANO © 2007
Ed eccoli sullo sfondo di quel che stiamo guardando i maestosi e giganteschi alberi! Cupi, bui, maestosi e appena distinguibili l’uno dall’altro… Nei silenzi si sentono scricchiolii, soffi, squittii e tantissimi altre “voci” di ignoti esseri notturni che vivono fra quegli alberi e che suscitano subito la paura di una terribile minaccia per chi sta a guardare e ad ascoltare.
Oggi forse attribuiremmo quei suoni strani e inaspettati solo a qualche bandito che magari potrebbe saltar fuori dal buio per assaltare la nostra izbà, se abbiamo tanta fantasia, oppure pensiamo ad un branco di lupi famelici che è là in agguato e rabbrividiamo per lo spavento, tanto da veder già scintillare le loro zanne nel chiarore lunare. Trasferiamoci indietro in quel tempo ed ecco che queste sensazioni di paura e di mistero, pur uguali a quelle odierne, suscitavano sentimenti molto più intensi. Quella cupa realtà, oggi quasi sempre scientificamente spiegabile, era oltremodo difficile da descrivere allora se non immaginandola abitata dai spiriti malevoli che agivano contro la nostra vita proprio di notte, proprio col buio.
Gli spiriti malevoli ad ogni buon conto esistono e agiscono protetti dal buio della notte e dal dio Cernobog. Chi sono? Quanti sono? Di solito si aggirano intorno all’izbà e sono uomini e donne morti non naturalmente, ma uccisi o affogati o morti al freddo o suicidi e, a causa di questo modo innaturale di essere morti, non sono riusciti ad essere accolti dalla Madre Umida Terra che li rifiuta, non facendoli passare nel mondo sotterraneo.
Anche quelli che i pietosi parenti hanno sepolto, con una tomba lontana dai sopki e dai kurgany di famiglia a causa dell’impurità del defunto, vagano inquieti nella notte. Sicuramente confusi con gli spiriti malvagi del Paganesimo transilvano dal XV sec., sono chiamati vampiri (in russo antico upìr’) e si raccomanda a chiunque non voglia fare una brutta fine di non avvicinarsi troppo a loro e ai luoghi dove essi giacciono perché l’upyr’ si impadronirebbe di un tale incauto uomo curioso e lo metterebbe nella sua tomba al suo posto. Questi esseri hanno bisogno di nutrirsi e cercano aiuto dalle loro antiche famiglie o dai loro discendenti. Tornano così al villaggio con le sembianze di un amico o di un’amica ben conosciuta per riuscire a prendersi il corpo vivo di un uomo normale e portarselo via ovunque essi abitino.
I giorni più pericolosi erano proprio quelli del cosiddetto Semik quando si aggirano numerosi fra le izbe. Tuttavia in queste notti potevano persino essere interrogati per predire il futuro, dato che non vivevano più nella dimensione temporale umana. Guai però a venir fuori e a guardarli in viso! Gli upyri non sanno essere gentili e ricorrono facilmente alle brutalità o all’assalto improvviso. E fanno questo non solo con gli uomini, ma anche con gli animali di casa! Dunque ripetiamo, attenzione!
Nella foresta, dove vivono, hanno invece tantissimi alleati e d’inverno si pongono a capo di branchi di lupi affamati o si travestono essi stessi da lupi cercando di assaltare le izbe. Essendo ormai in parte disfatti, non sanno mangiare con la bocca e devono succhiare il sangue ai vivi: Sono diventati cioè dei lupi mannari! Aborriscono il Sole e perciò di giorno si nascondo nel folto e diventano invisibili, ma appena cala la notte e il cielo è dominato dal plenilunio, eccoli là ad ululare come lupe in calore.
Che fare per difendersi da loro?
Si suggerivano vari metodi. Prima di tutto bisognava trovare le loro tombe perché, se c’erano, il vampiro poteva essere neutralizzato meglio qui. In questo caso bastava porre sul cadavere o sulla copertura tombale un grosso pentolone di coccio con tanti carboni ardenti e lasciare il tutto a bruciare fuggendosene via. Il vampiro sarebbe scomparso per sempre. Probabilmente i kurgany o i sopki erano saccheggiati e maledetti dalla gente proprio a questo scopo nei giorni di Màsleniza e, addirittura, siccome in queste tombe erano sepolti dei nobili morti in guerra, nell’intreccio mitologico slavo questi stessi trapassati erano visti come i veri ed eterni vampiri originari che, anche da morti, riuscivano a tormentare gli smierdy nei villaggi continuando a comportarsi da… lupi famelici come quando, ancora in vita, venivano a prendersi i frutti del loro duro lavoro, sotto forma di tributo!
Uno scongiuro contro l’ululato minaccioso di cagne arrabbiate e lupe fameliche
(raccolto da A. V. Kopylova, 2003)
Hai figliato da cieca ed ora sii muta!
Si ripete tre volte e si sputa tre volte volgendo la testa a sinistra.
Quando giunse il Cristianesimo il pop locale al Semik veniva chiamato a celebrare una liturgia apposita per le anime senza tomba stabile su una fossa comune vuota, sempre scavata lontanissima dal villaggio. Se non si fosse fatto ciò quegli upyri avrebbero portato siccità, carestia e malattia a tutti…
L’ultima speranza per tener lontane queste forze impure rimaneva sempre la pianta magica per eccellenza contro le presenze infauste, ma non l’aglio che ormai è stato consacrato a quest’uso dal romanzo di Bram Stoker e nelle leggende intorno al principe valacco Vlad Ţepeş detto il Diavolo (in rumeno Dracul), bensì la cosiddetta Uva della volpe o Erba crociata (Paris quadrifolia sp.) chiamata in russo Volc’ja jàgoda/Волчья ягода, per fortuna comune anche da noi!
L’aglio però quale mezzo per respingere gli spiriti maligni non è un prodotto della fantasia del sopradetto romanziere, ma un vecchissimo mezzo contadino europeo per riconoscere i veleni. Specialmente nelle Terre Russe si tenevano in alto conto questo bulbo non solo per usarlo come un farmaco per moltissime malattie, ma posto nella ladànka del proprio marito o dei propri figli scongiurava automaticamente il malocchio e gli spiriti delle malattie e soprattutto avvisava della presenza di sostanze non normali magari propinate da un mago cattivo. Prima di mangiare qualcosa preparata da uno sconosciuto dunque, controllare il colore di uno spicchio del proprio aglio dopo averlo mondato e dopo averlo messo a contatto col cibo sospetto! Se annerisce, non toccare quel cibo per tutto l’oro del mondo!
A volte gli upyri erano assimilati ai navi/нави nel loro aspetto e nelle loro azioni, assolutamente ostili all’uomo vivo, ossia con le anime degli antenati i quali, scacciati dalla vita alla luce del sole, cercavano in certi giorni di ritornare dai loro parenti per vendicarsi di torti ricevuti. Il loro ritorno però avrebbe causato in qualsiasi caso uno scompiglio nell’ordine ormai stabilito dopo la loro morte e perciò andavano respinti nel mondo oscuro con riti propiziatori in modo da non scatenare la loro ira e da immobilizzarli con scongiuri e riti particolari nelle loro tombe, se ne avevano.
Nel 1092 questi maledetti navi avevano sconvolto addirittura l’intera città di Polozk. Ecco come ce lo raccontano le Cronache dei Tempi Passati: “A Polozk è successo qualcosa di assolutamente turpe! Di notte per le vie della città si sono sentiti dei sospiri quasi umani, uno scalpitio di cavalli misteriosi. Questo ha gettato la città nelle mani del demonio. Purtroppo nessuno degli abitanti di Polozk ha visto anima viva e quanto succedeva fuori, perché, se qualcuno osava mettere il naso fuori di casa o socchiudere solo la finestra, moriva immediatamente perché il diavolo che era lì fuori lo colpiva a morte non si sa come. Allora i cittadini di Polozk non uscirono più di notte dalle loro case, anche se le armate del demonio di giorno sparivano. Fra strettezze e confusione (quindi) morirono tantissimi uomini e donne a Polozk e nei villaggi vicini. Era stata insomma un’armata intera di demoni che aveva scorrazzato per la città a cavallo, ma invisibile ad occhio umano, che aveva tuttavia lasciato dietro di sé le impronte dei cavalli. Da allora era nato un proverbio qui a Polozk quando scoppiava una pestilenza: si affermava che “succedeva la stessa cosa di quella volta dei morti (viventi) che uccisero i cittadini di Polozk (traduz. Di ACM).”
I navi si commemoravano nei giorni di Radunizy di cui abbiamo già parlato ed erano temuti (più che rispettati) anche perché questi “parenti” si radunavano di solito (insieme al Bannik) intorno alla puerpera che stava per partorire e potevano decidere il destino del nuovo nato. D’altronde gli antenati potevano essere sempre d’aiuto continuando a vivere intorno alle izbe sotto forma di spiriti e si poteva perciò sempre chiedere loro di dare una mano nelle vicissitudini della vita! Qui aggiungeremo ancora che questa convivenza con i propri parenti morti è rimasta una caratteristica degli Slavi orientali e i Radunizy, raggruppati dalla Chiesa Russa in alcune feste commemorative, in realtà rimasero nell’abitudine rituale di ogni giorno in cui si lasciava un posto vuoto a tavola per i propri defunti. Quando si finiva di mangiare occorreva ringraziare sempre questi convitati invisibili! In realtà i navi erano dei morti che la Madre Umida Terra non accoglieva volentieri poiché avevano condotto una vita non buona e quindi erano destinati a vagare sulla strada dei vivi per scontare le loro malefatte!
…………
Il lupo tuttavia è un commensale del tutto particolare. E’ un altro animale totemico (specialmente per i nomadi a sud di Kiev) da rispettare e per lui c’era una speciale finestrella ricavata raso terra nell’izbà attraverso la quale gli si lasciava qualcosa da mangiare quando, durante gli inverni più duri, lo si sentiva ululare in cerca di cibo o annusare intorno alle izbe. Aveva paura del suono delle campane, si diceva, tanto che a Novgorod e dintorni quando c’era il duro inverno si andava in giro scotendo dei campanacci e dicendo scongiuri contro il lupo intorno alle stalle!
Né bisogna dimenticare la malattia tipica dei canidi selvaggi: La rabbia! Questa malattia, se presa da un essere umano, dava quel ghigno particolare e terribile prima di portare alla morte! E qui conviene ritornare sull’argomento lupo mannaro come commensale magico dello smierd associato al lupo rabbioso, se possiamo così dire.
Nella storia russa il primo lupo mannaro appartiene alla casta nobile rjurikide! E’ Vseslav Briacislavic’ ossia il nonno di sant’Eufrosina di Polozk, Patrona della Bielorussia! Nato nel 1029 probabilmente da madre ciuda (estone), già dalla nascita si mostrò nella sua natura magica poiché aveva una grossa voglia pelosa sulla testa, talmente deturpante per un principe che fu costretto ad indossare per tutta la vita una berretta che la nascondesse.
Dal Cantare della Schiera di Igor
(traduz. di Eridano Bazzarelli, Rizzoli 1991)
Vseslav il principe (Knjaz) rendeva giustizia al popolo durante il giorno e governava i principi delle città, ma di notte trottava come un lupo, correva da Kiev fino a Tmutorakan prima del canto del gallo, correva come un lupo incontro al grande Hors sulla strada. Per lui a Polozk suonavano a mattutino le campane di Santa Sofia ed egli ne udiva il suono da Kiev. Benché avesse cuore di stregone (Ciarodei) nel suo corpo diverso spesso soffrì sofferenze…
Tuttavia il lupo mannaro diventò popolarissimo come mito e come realtà “patologica” proprio in pieno sec. XIII. Una ragione molto importante per questa svolta culturale fu proprio la deforestazione nell’Europa Occidentale che privò il lupo del suo ambiente e lo spinse ad aggirarsi minacciosamente intorno alle stalle e quindi a coinvolgere anche l’uomo nella propria bestialità. In sé l’animale, a detta di G. Ortalli che lo ha ben studiato proprio per il periodo medievale, non è aggressivo verso l’uomo che anzi schiva, specialmente se non è col branco. Tuttavia, da bestia curiosa e sensibile, osserva sempre con attenzione la colonizzazione che gli uomini conducono nelle radure della sua foresta ed è attratto specialmente dai mansueti animali d’allevamento. Certamente non quelli di mole troppo grossa che il lupo non assalirebbe, ma quelli più piccoli come le capre o i maialetti. Basta però che compaia l’uomo che, ritto sulle gambe, si mostra ancor più grande e più minaccioso perché il lupo scompaia nel folto. Solo in inverni troppo lunghi si aggira, come abbiamo visto, fra le izbe alla ricerca di cibo e la donna si preoccupa persino di venirgli incontro lasciando qualcosa attraverso la finestra dell’izbà detta giustamente “del lupo”. Nella sua società la bestia è monogama, affettuosa coi suoi piccoli, rigida osservatrice delle regole del branco e ubbidiente al capobranco. In altre parole è molto più simile all’uomo di qualsiasi altro animale della foresta! E per questo la Chiesa Russa (lo sottolineiamo perché era tutto il contrario del punto di vista della Chiesa Latina) ha affidato il controllo dei lupi ad un santo “inventato”, san Giorgio…
Il lupo ha delle qualità che qualsiasi uomo ardito vorrebbe avere in sé e in altre parole: corre veloce (addirittura si diceva che avesse le ali e lo si riconosceva nel dio Simargl e nel suo kumir fra gli altri del pantheon vladimiriano) e con una resistenza da maratoneta, è silenzioso e paziente negli agguati, ha un buon odorato anche se la vista non è così buona, tanto che deve aspettare la luna piena per aggirarsi con più sicurezza fuori dal bosco. Tutto questo l’uomo conosce e apprezza da sempre, visto che da millenni ha adottato il lupo come suo miglior amico addomesticandolo e trasformandolo in un ubbidiente cane! E se noi oggi sognamo astronavi per muoverci velocemente su grandi spazi o armi mai viste per conquistare paesi lontanissimi, nel Medioevo si sognava di diventare dei lupi per intraprendere grandi imprese, ma come si fa a trasformarsi in un lupo?
A detta dei racconti popolari il lupo mannaro è una specie di malattia indotta da un incantesimo malvagio! In ragione di ciò, e l’abbiamo visto nell’esaltazione di Vseslav Brjacislavic’ Ciarodei, in certi frangenti il mago o lo stregone riesce con i propri poteri a trasformarsi in lupo per utilizzare le qualità di questa bestia (sortilegi) e agire contro i suoi avversari! Il mago può anche agire da “capobranco” e così trasformare lo smierd in una bestia al suo servizio e mandarlo in missione per suo ordine e conto (avevamo già prima accennato ai ritornanti!). Ecco che si parla di uomo-lupo ossia in russo volkodlak/волкодлак o, secondo la lettura del grande poeta russo A. Pusc’kin, vurdalak/вурдалак!
Secondo noi, vista anche l’etimologia della parola che è analoga a berserkr salvo che invece di Pelle d’orso qui il significato è Pelle di Lupo, il lupo mannaro è quanto rimane dello spavento nell’immaginario collettivo per la crudeltà delle razzie variaghe nei villaggi dove improvvisamente torme di uomini vestiti di pelli di lupo invadevano il villaggio in nome d’un dio maligno sgozzando gli uomini per impadronirsi delle pellicce preziose da commerciare e catturando le donne e i bambini per venderli in schiavitù! Altro che malattia o sortilegio! Era un rito sanguinoso… a vantaggio delle avide bande variaghe!
Secondo la mitologia popolare i maghi potenti mandano il loro sortilegio col vento e questo vento maligno può colpire lo smierd ignaro. Il malcapitato, quando è il tempo poi, si sente male mentre si vede crescere il pelo ovunque sul corpo e a volte non riesce a stare in piedi sulle gambe! Insomma lentamente si va trasformando in lupo, ma prima che divenga tale è già fuggito dalla sua izbà per compiere ciò che il potere magico lontano gli ha ordinato attraverso meccanismi telepatici. Ci sono addirittura maghi i quali, si racconta, riuscivano a trasformare un’intera allegra compagnia riunitasi per festeggiare in un branco di lupi i quali poi razziavano selvaggiamente a comando la regione intorno. Anzi, secondo altre ricerche, lo stregone in una festa di matrimonio può essere proprio l’amico dello sposo che fa da maestro di cerimonia, il cosiddetto druzhko, invidioso del fatto che costui abbia sposato la donna che invece toccava a lui. Per questo si trasforma in volkodlak, rapisce la sposa e la porta lontano. E’ pur sicuro che il volkodlak è “innamorato” della Luna perché tenta sempre di azzannarla e divorarla e talvolta ci riesce, nelle rare eclissi, ma poi deve risputarla perché è un boccone troppo grosso. Come si fa per rientrare nelle sembianze umane? Se per diventare volkodlak occorreva passare attraverso una fila di coltelli piantati in terra con la punta e la lama all’insù, per ritornare in sè bisogna rifare il passaggio, ma all’incontrario! Se poi capita che qualcuno abbia spostato o cambiato l’ordine dei coltelli, il volkadlak rimarrà lupo per sempre benché qualche volta riesca ancora ad usare bene la lingua degli uomini e sarà riconoscibile perché la sua ombra ha conservato i tratti dell’uomo che è in lui. Chi è diventato volkodlak una volta è però segnato a vita ed è destinato a trasformarsi in un morto vagante e cioè in upir’/упирь. Per questo, chiunque sappia di uno smierd che sia stato volkodlak, deve avvisare alla morte i suoi affinché nella tomba gli si sigilli la bocca o gli si ponga sulla lingua una moneta che serva per pagare e liberarsi del sortilegio. Solo così gli è evitato di diventare upir’!
Un commensale incomodo, a quanto pare, questo uomo-lupo, se persino poteva far parte della famiglia e, sebbene, e questo occorre dirlo, al contrario dei lupi veri il volkadlak è subito riconoscibile poiché non riesce a mangiare carne cruda e difficilmente riesce a sbranare un animale nella stalla benché lo si veda tentare!
Scongiuro contro il lupo rabbioso (chiamato qui cane cattivo!)
(periodo cristiano, M.N. Nikol’skii, 1988)
Signore Dio, ti prego! E te santa Vergine e san Nicola, santissima Immacolata (!), santissima Resurrezione, santo Mantello (!) e san Giorgio e te prego o rosso Sole, e te prego o chiarissima Luna, e voi prego Dèi dell’alba, Spiriti divini che aiutate, e te prego, o Cornacchia: Allontana i cani cattivi dal mio bestiame…
Da VITA DI SMIERD, Cibo e Magia nel Medioevo Russo in corso di stampa
Myshkin - Mercoledì, 14 Marzo 2007, 16:34
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Caro Marturano,
lo sai che ti leggiamo sempre con molto interesse, a prescindere dalla lunghezza dei tuoi post.
Perciò non temere di esaurire lo spazio nel forum, o peggio ancora che tu possa tediarci, con i tuoi articoli, e scrivi più spesso, piuttosto
Argonauta - Venerdì, 25 Maggio 2007, 05:46
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Marturano.... dove sei sparito?????????
Myshkin - Venerdì, 25 Maggio 2007, 07:20
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Marturano non è in Italia in questi giorni, mi aveva scritto che doveva partire.
Quando tornerà si farà vivo di sicuro.
Zarevich - Venerdì, 15 Febbraio 2008, 14:12
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Màslenitsa (Ма́слЕница), o Màsljanitsa (МàслЯница) nella vecchia ortografia russa, è un ciclo di feste conservato in Russia dai tempi pagani. Il rito è collegato con gli addii all’Inverno e l’incontro della Primavera.
Màslenitsa si festeggia nell’ultima settimana prima della Quaresima (Великий Пост), sette settimane prima della Pasqua Ortodossa. Il principale attributo della Maslenitsa sono i bliny (блины = le frittelle) e le feste popolari.
BLINY = БЛИНЫ
Màslenitsa è un addio birichino e allegro all’Inverno e l’incontro della Primavera che porta una vivificazione nella natura e il calore del sole. Dai tempi antichi la gente accoglieva la Primavera come l’inizio della nuova vita e veneravano il Sole che dà la vita e la forza a tutta la natura vivente.
In onore del Sole prima cuocevano le focacce o le schiacciate scipite (пресные лепёшки), ma poi si cominciarono a cuocere al forno i bliny.
Gli antichi credevano che insieme ad un tondo e arrossato blin somigliante al Sole loro mangeranno un corpuscolo del suo caldo e della sua potenza.
Ogni giorno della settimana di Màslenitsa ha il suo proprio nome ed esige certi rituali o precisi cerimoniali.
Lunedì è L’«INCONTRO» («ВСТРЕЧА»)
Per questo giorno costruivano i monticelli, le altalene, i baracconi ed i teatri dei saltimbanchi e dei burattini. Cominciavano a cuocere i bliny. Il primo blin lo davano sempre ai miseri per commemorare le anime dei defunti.
Martedì porta il nome di I «DIVERTIMENTI» («ЗАИГРЫШИ»)
Dal mattino i giovani ragazzi e ragazze si invitavano a scivolare con slitta dai monticelli e a mangiare i bliny. Invitavano anche i parenti e i conoscenti a mangiare i bliny fuori, vicino ai monticelli.
Mercoledì si chiama « IL GHIOTTONE» («ЛАКОМКА»)
In questo giorno un genero arrivava dalla suocera a mangiare i bliny. Si dice «к тёще на блины» cioè «dalla suocera ai bliny» che suscita molti scherzi e molte barzellette … Oltre a suo genero o i suoi generi, la suocera invitava anche gli altri ospiti.
Giovedì si chiama «LA VASTA BALDORIA» («ШИРОКИЙ РАЗГУЛ»).
Da questo giorno la Màslenitsa si svolge o agisce “a tutto campo” (во всю ширь). La gente si da all'allegria e se la spassa allegramente. I monticelli di ghiaccio, le altalene, i baracconi ed i teatri dei saltimbanchi e dei burattini, le passeggiate in trojka, le mascherate, i combattimenti a pugni, i banchettini e le bicchierate tumultuose e rumorose.
Venerdì si chiama «LE SERATE DELLA SUOCERA» («ТЁЩИНЫ ВЕЧЁРКИ»)
I generi invitavano le loro suocere e le offrivano i bliny. Si doveva far piacere e compiacere alla suocera perché sono capricciose …
Sabato si chiama «LE VEGLIE DELLA COGNATA» («ЗОЛОВКИНЫ ПОСИДЕЛКИ»)
Le giovane nuore invitavano le loro cognate. La sposa novella doveva fare alle cognate dei regali.
Domenica, l’ultimo giorno della Màslenitsa, si chiama «LA DOMENICA DEL PERDONO» («ПРОЩЁНОЕ ВОСКРЕСЕНЬЕ»).
Nell’ultimo giorno della Màslenitsa bruciano l’animale impagliato come un simbolo dell’Inverno. Preparano per il viaggio l’Inverno fino all’anno prossimo. Tutti, anche gli sconosciuti, si chiedono perdono l’uno con l’altro, si baciano tre volte e si fanno il segno della croce. Si dicono: «Perdonami, caro o cara … per l'amor di Dio!» («Прости меня, дорогой или дорогая … ради Христа!»). Si inchinano e si rispondono: «Dio ti perdona!» («Бог простит!»).
Se ne va la Maslenitsa ed insieme ad essa se ne va l’Inverno
Sotto il suono del disgelo. La Primavera arriva …
Quest’anno la Màslenitsa russa sarà dal 3 al 9 marzo 2008, il Carnevale russo, e non dimenticatevi il 9 marzo, nell’ultimo giorno della Maslenitsa, «LA DOMENICA DI PERDONO», di chiedere perdono a tutti i vostri vicini e non vicini. Ditegli «Perdonami, caro o cara … per l'amor di Dio!» («Прости меня, дорогой или дорогая … ради Христа!»).
LA PARENTELA РОДНЯ
Il gènero = Зять (Zjat’ - il marìto della figlia)
La nuòra = Невестка, Сноха (Nevèstka o Snokhà - la mòglie del figlio)
Il suòcero = Свёкор; Тесть (Sviokr o Test’ - il padre del marìto o della mòglie)
La suòcera = Свекровь; Тёща (Svekrov’ o Tioscià - la madre del marìto o della mòglie)
Il cognàto = Деверь (Dever’ – fratello del marito); Шурин (Shùrin - fratello della moglie); Свояк (Svojak – marito della cognata)
La cognàta = Золовка (Zolòvka – sorella del marito); Невестка (Nevèstka – moglie del fratello); Свояченица (Svojacenitsa – sorella della moglie)
C’è un proverbio russo
«Не всё коту масленица» cioè «Non sempre per il gatto c’è la maslenitsa», vuol dire che non è sempre festa e che le feste passano e «i gatti» non sempre possono rallegrarsi …
C'è un modo di dire italiano «...non è mica sempre domenica» o «Ogni giorno non è festa», a significare che non può sempre andare bene qualcosa che sembra abbastanza simile.
Metto tre foto in allegato
Sono due famosi quadri «MASLENITSA» di Boris Kustòdiev dalla Galleria Tretjakov
E la foto dal film di Nikita Mikhalkov «Il Barbiere di Siberia» («Сибирский Цирюльник») in cui è presentata la Festa di Maslenitsa sul ghiaccio dello stagno presso il Monastero Novodevicij a Mosca.
Zarevich - Sabato, 07 Febbraio 2009, 10:17
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Màslenitsa
Cicerin - Sabato, 07 Febbraio 2009, 20:27
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Conservo un vivissimo ricordo di questa festività russa, così folkloristica e affascinante.
Ho avuto la fortuna di poter assistere a una "Domenica del perdono" tenutasi qualche anno fa nella città di Jaroslav.
Ricordo che tutti i cittadini erano in festa e che allestirono un falò enorme, con una serie di danze di personaggi in costumi
tradizionali. E' stata una esperienza davvero indimenticabile ! Spero tanto di poter vedere altre Màslenitse magari in altri luoghi della Russia in cui non sono ancora stato
Zarevich - Domenica, 22 Febbraio 2009, 16:24
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Dal 23 febbraio al 1 marzo 2009 MASLENITSA RUSSA
Zarevich - Martedì, 24 Febbraio 2009, 14:18
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
In Russia è arrivata Màslenitsa, la Festa degli addii all’Inverno, il Carnevale Russo. Tutta la settimana dal 23 febbraio al 1 marzo (2009) si svolgeranno i divertimenti in tutta la Russia. Tutti mangiano i bliny (le frittelle) e si fanno gli auguri. A Mosca, come sempre, le principali solennità si svolgono a Vassìljevskij Spusk (Васильевский Спуск), cioè il versante di San Basilio. Chi che è stato a Mosca sa dove si trova, vicino alla Cattedrale di San Basilio dalla parte opposta alla Piazza Rossa; uno spazio fra la Cattedrale e il fiume Moscova.
I miei carissimi auguri della Màslenitsa!
С Масленицой!
Cicerin - Martedì, 24 Febbraio 2009, 16:08
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Caro Zarevich,
le foto che hai caricato sono bellissime e mi ricordano tanto la Maslenitza a cui ho avuto la fortuna di partecipare quando mi trovavo in Russia. Quanti bei ricordi! Mi piacerebbe tanto poter ripetere questa incredibile esperienza in futuro.
I festeggiamenti seguono lo stesso rituale nelle diverse città della Russia? Ad esempio i pietroburghesi e i moscoviti scandiscono i giorni nello stesso modo? E in Siberia? Là so che ci sono diverse tradizioni molto diverse da quelle dei russi europei, è probabile che anche la festa carnevalesca della Maslentitza si sia adattata ai costumi locali di quella gente, assumendo connotati nuovi e, per certi versi, ancora più interessanti dal punto di vista antropologico.
Angelo di fuoco - Martedì, 24 Febbraio 2009, 21:05
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Oggi abbiamo fatto i bliny colla ricotta, una cosa ghiottissima!
Argonauta - Martedì, 24 Febbraio 2009, 23:04
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Oggi abbiamo fatto i bliny colla ricotta, una cosa ghiottissima!
Ma dolci o salati???
A me piacciono i blyni salati con la ricotta spinaci e formaggio.....oppure blyni dolci con ricotta amarene e zucchero...
Angelo di fuoco - Mercoledì, 25 Febbraio 2009, 11:46
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Erano dolci (cioè, la ricotta era dolce). Comunque in casa nostra è tutt'uno perché la differenza non la fa la pasta, ma la farcia.
Myshkin - Mercoledì, 25 Febbraio 2009, 11:54
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Già, infatti. I bliny sono sempre uguali, a quanto ne so. Cioè, non esattamente, visto che che ognuno li fa lievemente diversi come consistenza, spessore, proporzioni di ingredienti... ma non esistono in versione dolce o salata.
E' il ripeno, o meglio, quello che ci simette sopra, che li fa dolci o salati. A me piacciono con la smetana, o con l'uovo, ma sono squisiti anche in versione dolce con le confetture dei vari di bosco!
Mi è venuta voglia improvvisamente a vedere le foto... stasera bliny!!
Zarevich - Mercoledì, 25 Febbraio 2009, 12:50
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
I bliny (блины) si mangiano sempre con il burro o con la smetàna (panna acida). Ma anche sono meravigliosi con il caviale rosso o nero ed anche con il salmone (лосось или сёмга) tagliato a fette sottili. Ma io ammiro i bliny con la marmellata di lamponi (малиновое варенье).
Mangiamo i bliny tutta la settimana fino al 1 marzo!!!
Myshkin - Mercoledì, 25 Febbraio 2009, 13:10
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Buonissimi!!
Io li ho mangiati con burro, con smetana, con ricotta, con uova, con caviale rosso (quello nero è troppo caro!), con varie marmellate fatte in casa, con sguscionka... ma non li ho mai provati con il salmone. Devo assolutamente provare.
Sì, mangiamo tutti bliny questa settimana!!
Zarevich - Mercoledì, 25 Febbraio 2009, 13:17
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Sì, ho dimenticato di scrivere che la marmellata deve essere SENZ'ALTRO fatta in casa, la marmellata russa. Non è jem! Deve essere Русское варенье!
Con il salmone (сёмга) sono buonissimi!
Argonauta - Mercoledì, 25 Febbraio 2009, 13:28
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Già, infatti. I bliny sono sempre uguali, a quanto ne so. Cioè, non esattamente, visto che che ognuno li fa lievemente diversi come consistenza, spessore, proporzioni di ingredienti... ma non esistono in versione dolce o salata.
E' il ripeno, o meglio, quello che ci simette sopra, che li fa dolci o salati. A me piacciono con la smetana, o con l'uovo, ma sono squisiti anche in versione dolce con le confetture dei vari di bosco!
Mi è venuta voglia improvvisamente a vedere le foto... stasera bliny!!
Sì infatti intendevo anche io per salati/dolci la farcitura!
..... mi piacciono di più quelli dolci, anche se sono terribilmente calorici!
Zarevich - Mercoledì, 25 Febbraio 2009, 13:30
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Carissimo Cicerin!
Ti rispondo alla tua domanda.
La Festa dell’addio all’Inverno, cioè la Maslenitsa è l’ultima settimana prima della Quaresima (Великий Пост). Ma questa festa ha un carattere pagano e si festeggiava sempre dai tempi remoti. Il blin è un simbolo del Sole. Di solito nell’ultimo giorno della Maslenitsa, domenica, accendono un grande falò e ci bruciano un pupazzo che simbolizza l’inverno.
La Màslenitsa si festeggia sul terreno di tutta la Russia da Kaliningrad a Vladivostok, è festeggiata dai russi o dagli ortodossi. Ma non dimentichiamo che la Russia è la Federazione in cui vivono anche altri popoli, non ortodossi. I musulmani, i buddisti ecc. Loro hanno le proprie feste secondo la loro religione.
Per noi non fa nessuna differenza dove vive un russo, se nella parte europea o asiatica. Se lui è russo, festeggia le sue feste secondo le proprie tradizioni. Sono sicuro che un russo che vive in Italia, cerca di festeggiare le feste russe.
Noi non abbiamo l’abitudine di dividere la Russia nelle parti europea e asiatica. È una definizione solo geografica.
Per i russi la Russia è la Russia.
Myshkin - Mercoledì, 25 Febbraio 2009, 13:37
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Блинчики!
He he, i gatti del mio giardino (ce n'è uno identico a questo della foto) divorerebbero quel piatto in una manciata di secondi.
Invece il nostro "Князь Кеша", non li mangerebbe nemmeno dopo due giorni di digiuno.
Cicerin - Mercoledì, 25 Febbraio 2009, 19:02
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Molto bene, ti ringrazio tanto. Mi hai dato degli ottimi spunti (soprattutto quanto riportato in grassetto)
Ci ho ripensato un po' e ho fatto anche qualche ricerca in internet a riguardo. Non ho delle prove certe, ma credo di poter associare per molti versi la Maslenitza russa alla tradizione plurimillenaria delle celebrazioni liturgiche praticate in epoca pagana da tutti i popoli di origine indoeuropea. Mi sto riferendo alle festività rituali del Solstizio d'inverno, che si tenevano in prossimità dell'attuale periodo natalizio e in quello immediatamente successivo e che erano spesso caratterizzate dall'allestimento di grandi roghi nelle piazze principali dei villaggi. Questo periodo dell'anno nasconde un significato che era profondamente sentito nell'antichità. Per gli iniziati era una porta, l’ingresso simbolico a uno stato superiore di consapevolezza. Il carnevale, e soprattutto quel modo di festeggiare il carnevale che caratterizza la Maslenitza dei russi potrebbe essere un retaggio di tutto questo, di quei giorni in cui si pensava che qualcosa di straordinario e di magico accadesse, un evento cosmico che assumeva un alto valore simbolico.
Ci tengo a sapere la vostra opinione in merito ma, concorderete con me che, quello che è comunemente conosciuto come il Solstizio d'Inverno, appartiene, in forme giustamente diverse come dice Zarevich, alla spiritualità di tutte le religioni del mondo. Non dimentichiamo, infatti, che si celebra l'avvenimento della "Fine dell'inverno" fin dall'età dei nostri antenati, ad esempio, presso le costruzioni megalitiche di Stonehenge, in Gran Bretagna, di Newgrange e Dowth, in Irlanda o attorno alle incisioni rupestri di Bohusian, in Iran, e della Val Camonica, in Italia, ci sono tracce di sue celebrazioni avvenute già in epoca preistorica. Si tratta di un fenomeno che fa parte di tutto l'insieme delle popolazioni indoeuropee: i Gallo-Celti lo denominarono "Alban Arthuan" ("rinascita del dio Sole"); i Germani, “Yulè” (la "ruota dell'anno"); gli Scandinavi "Jul" ("ruota solare"); i Finnici “July" ("tempesta di neve"); i Lapponi “Juvla"; i Russi mi risulta "Karatciun" (il "giorno più corto"). Certo, la data dovrebbe essere quella del 25 dicembre e la Maslenitsa si festeggia due mesi dopo. Eppure secondo me un nesso ci deve essere. Il calendario ortodosso è spostato in avanti di 15 giorni, vero? Questo potrebbe avvicinare in parte le date del Natale Solare e della Maslenitza, anche se forse vi sembrerà una forzatura.
Qui di seguito allego una descrizione del Solstizio di inverno dal punto di vista astronomico
In tale giorno il Sole nel suo moto annuo lungo l’eclittica – il cerchio massimo sulla sfera celeste che corrisponde al percorso apparente del Sole durante l'anno - viene a trovarsi alla sua minima declinazione nel punto più meridionale dell'orizzonte Est della Terra, che culmina a mezzogiorno alla sua altezza minima (a quell'ora, cioè, è allo Zenit del tropico del Capricorno) e manifesta la sua durata minima di luce (all'incirca, 8 ore e 50-55 minuti). Raggiunto il punto più meridionale della sua orbita e facendo registrare il giorno più corto dell'anno, riprende, da questo momento, il suo cammino ascendente.
Qui di seguito trovate una descrizione di come era celebrato nell'antica Roma:
Nella Romanità, in una data compresa tra dicembre e metà febbraio, si celebrava solennemente la rinascita del Sole, il Dies Natalis Solis Invicti (il giorno del Natale del Sole Invitto). Ciò avvenne dopo l'introduzione, sotto l'Imperatore Aureliano, del culto del dio indo-iraniano Mithra nelle tradizioni religiose romane, e l'edificazione del suo tempio nel campus Agrippae, l'attuale piazza San Silvestro a Roma. Il tempio era praticamente incluso all'interno di un più vasto ciclo di festività che i Romani chiamavano Saturnalia, festività dedicate a Saturno, Re dell'Età dell'Oro, che, a partire dal 217 a.C. e dopo le successive riforme introdotte da Cesare e da Caligola, si prolungavano dal 17 al 25 gennaio e finivano con le Larentalia o festa dei Lari, le divinità tutelari incaricate di proteggere i raccolti, le strade, le città, la famiglia. Il mito romano narra che il misterioso Giano, il dio italico, regnava sul Lazio quando dal mare vi giunse Saturno, che potrebbe essere inteso come la manifestazione divina che crea e ricrea il cosmo a ogni ciclo, colui che attraversa le acque, ovvero la notte e la confusione-caos successiva alla dissoluzione del vecchio cosmo, per approdare alla nuova sponda, ovvero alla luce del nuovo cosmo, del nuovo creato.
Infine qui c'è una descrizione della festività dal punto di vista spirituale:
E' importante comprendere come tale rinascita solare rappresenti "solo" il simbolo di una rigenerazione cosmica, in cui il Sole e la Luce sono associati all'idea d'immortalità dell'uomo, che opera la sua seconda nascita spirituale, sviluppando e superando il proprio stato sottile, nella notte del solstizio d'inverno, quando è possibile accedere al deva-yana ("via degli dèi" della tradizione indù) alla contrada ascendente e divina in cui l'uomo, restaurando in sé l'Adamo Primordiale, può intraprendere la strada dello sviluppo sovra-individuale. Questo è il momento in cui, quando la notte diviene padrona e il buio totale, è necessario mantenere accesa la fiamma della Fede, che al mattino, con l'alba, diverrà trionfante. In tal senso, uscendo da una sorta di oscura Caverna, con il Solstizio d'Inverno si passa dal nulla all'unità; geometricamente cioè, dal divenire sensibile, rappresentato dal simbolo della circonferenza, si passa all'eterno presente, che nell'uno e nel centro si esplicita perfettamente. Significativo è, inoltre, il passo evangelico in cui Giovanni Battista, nato nel giorno del Solstizio d'estate, rivolgendosi a Gesù, nato nel Solstizio d'Inverno, si pronunci in tal modo: «Bisogna che egli cresca e che io diminuisca».
Dal punto di vista iniziatico, la caverna, per via del suo carattere di luogo nascosto e chiuso, rappresenta un momento di totale interiorizzazione dell'essere, vale a dire il luogo dove avviene, accedendovi, la seconda nascita dell'iniziato. La seconda nascita, corrispondente nel significato ai Piccoli Misteri, si differenzia dalla terza nascita, in uscita dalla porta solstiziale d'inverno, corrispondente, invece, ai Grandi Misteri.La seconda nascita si realizza sul piano psichico, definendosi come rigenerazione psichica. La terza nascita, invece, opera direttamente nell'ordine spirituale e non più psichico, in quanto l'iniziato deve a quel punto aver risolto la sua individualità, trovando cosi libero accesso alla sfera di possibilità della comprensione sovra-individuale.Essa rappresenta il settimo livello del sistema dei chakra e corrisponde a ciò che nella Cristianità viene indicato come il settimo cielo. E' lo stato di consapevolezza della libertà assoluta, la sede del Creatore. Secondo gli indú, al chakra della corona si fondono la Prakriti, la sostanza primordiale, e il Purusha, lo spirito, l'essenza. Nel percorso rettilineo tra la seconda e la terza nascita, all'interno della Caverna Cosmica, tra le due porte solstiziali, l’illuminazione, dunque, penetra in noi dalla sommità del cranio. Concludiamo col ricordare che la rigenerazione cosmica, di cui si è scritto, è un fenomeno che non può prescindere dalla discesa e dall'aiuto di un avatara, di cui il Cristo Redentore è l'ultimo esempio: «Il Sole ritorna sempre, e con lui la vita. Soffia sulla brace ed il fuoco rinascerà».
Mi piacerebbe molto sapere se le giornate di festeggiamenti in cui è scandita la Maslenitza secondo la tradizione popolare russa vadano a ricalcare, per lo meno in parte, alcuni delle fasi iniziatiche in cui erano originariamente scandite le festività del Solstizio d'inverno. La vostra esperienza potrebbe, se non altro, portare supporto o smentire questa mia possibile interpretazione.
Zarevich - Mercoledì, 25 Febbraio 2009, 21:22
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Caro Cicerin! Ho letto il tuo messaggio con un gran interesse.
Hai scritto delle cose interessantissime.
A dire il vero non a tutte le tue domande potrei trovare le risposte giuste.
Nel mio primo messaggio di questo topic io ho cercato di scrivere della Maslenitsa e dei costumi legati con questa festa. Posso dirti che in Russia questa festa che dura una settimana è sempre stata festeggiata con solennità. Questa festa è molto amata dal popolo russo.
Sai, c'è una piece teatrale di Aleksandr Ostrovskij "La Fanciulla di Neve" cioè "Снегурочка". Ti consiglio di trovarla e leggerla. Spero che sia tradotta in italiano. Se no, si può trovare la trama dell'Opera Lirica di Rimskij-Korsakov scritta sull'opera di Ostrovskij.
La trama la puoi trovare anche sul nostro forum.
Ecco! Leggi con attenzione!
https://www.arcarussa.it/forum/viewt...=fanciulla+neve
Zarevich - Domenica, 31 Gennaio 2010, 08:19
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
ARRIVA. ARRIVA LA MASLENITSA!!!
С МАСЛЕНИЦЕЙ!
Myshkin - Domenica, 31 Gennaio 2010, 13:10
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
E' vero, febbraio è il mese della Maslenitsa!
Ma quando cade quest'anno la settimana della Maslenitsa? Non sarà per caso la prima settimana di febbraio, cioè da domani? Ricordo che lo scorso anno fu l'ultima settimana di febbraio.
Tutti a preparare bliny, dunque! A me piacciono molto con la smetana!
Il primo blin bisognerebbe darlo ai poveri, vero?
Zarevich - Domenica, 31 Gennaio 2010, 13:14
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Quest'anno (2010) la Settimana della Maslenitsa cade al 8 - 14 febbraio.
Myshkin - Domenica, 31 Gennaio 2010, 13:21
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Seconda settimana di febbraio, dunque.
Molto bene, faccio in tempo ad andare a prendere la smetana, che dove abito io non si trova così facilmente.
Maslenitsa 2010: 8-14 febbraio.
Zarevich - Martedì, 09 Febbraio 2010, 14:38
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
MASLENITSA. La Settimana che precede la Quaresima.
In Russia è iniziata oggi (8 febbraio) la Settimana che prende il termine di Màslenniza (Масленица) che pur coincidendo con il Giovedì Grasso non ha le stesse origini pagane. La tradizione di congedarsi dall’inverno per andare incontro alla primavera risale alla Russia precristiana ed oggi precede la Quaresima.
Così spiega Padre Filippo del Patriarcato di Mosca:
La Settimana che precede la Quaresima (Великий Пост) ha preso il nome di Màslenniza come termine tradotto dal greco per indicare un periodo di tempo in cui si potevano mangiare soltanto latticini.
Nell’antica Rus non esistevano nè burro e nè latticini, per cui si decise che la denominazione stessa doveva indicare cosa fosse permesso e cosa no. In russo «maslo» («масло») si traduce in questo caso come burro.
Questa settimana ricorre ogni anno in un giorno diverso sulla base del computo della Pasqua basato su un particolare calendario ortodosso. Quest’anno (2010) inizia l’ 8 febbraio e si conclude domenica 14 mentre l’anno prossimo (2011) si aprirà il 28 febbraio.
Dall’antichità è pervenuto fino a noi il senso della festa e dell’allegria che culmina nel tradizionale falò di primavera in cui viene bruciato il pupazzo che sinboleggia l’inverno.
Ma il fuoco non ha nulla di aggressivo,ma aggiunge nuovo nmotivo di allegria.
Oggi questa festa è una occasione per ritrovarsi con gli amici dinanzi ad un piatto di bliny (блины), le antiche frittelle della Russia e dimenticare le offese e i patimenti dell’anno trascorso.
Appunto per questa l’ultimo giorno di questa festa si chiama la Domenica del Perdono (Прощёное Воскресение).
Zarevich - Domenica, 14 Febbraio 2010, 19:44
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Oggi (14 febbraio 2010) i cristiani ortodossi russi celebrano la DOMENICA DEL PERDONO (ПРОЩЁНОЕ ВОСКРЕСЕНЬЕ) – l’ultima giornata prima della Quaresima (Великий Пост). Secondo la tradizione, la Domenica del Perdono chiude il consumo dei prodotti grassi, compreso il formaggio. Ma l’essenziale è la purificazione dell’anima dei credenti. Non a caso la Domenica del Perdono la Chiesa ricorda la cacciata di Adamo dal Paradiso terrestre – avvenimento che ricorda agli uomini la loro peccabilità comune e che per tornare al Paradiso occorre purificare i peccati.
Oggi tutti, anche gli sconosciuti, si chiedono perdono l’uno con l’altro, si baciano tre volte e si fanno il segno della croce. Si dicono: «Perdonami, caro o cara … per l'amor di Dio!» («Прости меня, дорогой или дорогая … ради Христа!»). Si inchinano e si rispondono: «Dio ti perdona!» («Бог простит!»).
Vi bacio e vi chiedo perdono!
Zarevich
ПРОЩЁНОЕ ВОСКРЕСЕНЬЕ
la DOMENICA DEL PERDONO
Прощёное воскресенье.
Начало повинного дня.
У всех попрошу прощенья.
Скорее, простите меня!
За горечи и обиды,
За долгую память их.
Дурную меня простите.
Ушедших прошу и живых.
Lo schiaccianoci - Domenica, 14 Febbraio 2010, 21:29
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Grazie! Questa è davvero una bella tradizione!
Vangelo secondo Matteo 6, 14-15: “Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe”.
Zarevich - Sabato, 05 Febbraio 2011, 18:38
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
«MASLENITSA» «МАСЛЕНИЦА»
Serie: «Il banchetto da casa» («Домашний пир»)
Casa Editrice «Arkaim» Mosca 2007 (Pagine 128)
Издательство «Аркаим» Москва 2007
La Màslenitsa, la festa brillante, ardita e audace, il tempo emozionante, allegro e gioioso, il tempo di una vera sagra. È venuto il tempo di divertirsi e abbigliarsi, di fare i girotondi, sfornare i bliny e fare baldoria a più non posso. Per una brava massaia la Màslenitsa è l'occasione migliore di sorprendere tutti con la sua arte culinaria.
In questo libro potete scoprire delle ricette antiche di Maslenitsa e potete rallegrare i vostri con i bliny (блины = le crêpes) e i blìnciki (блинчики = le frittelline ripiene), la kulebjàka (кулебяка = il pasticcio ripieno di carne, pesce o cavolo) o le olàdji (оладьи = le frittelle), i shànezhki (шанежки = i pasticcini) o le vatrùshki (ватрушки = le focacce con ricotta), il kissèl (кисель = la gelatina di fecola con succo di frutta) e lo sbìten’ (сбитень = la bevanda calda a base di acqua, miele ed aromi)… Ed allora ogni vostro giorno sarà come la Màslenitsa…
Myshkin - Sabato, 05 Febbraio 2011, 19:04
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Per una brava massaia la Màslenitsa è l'occasione migliore di sorprendere tutti con la sua arte culinaria.
Massaia..... questa desueta parola mi fa venire in mente che, qui in Italia, una qualunque donna si sentirebbe offesa e svilita a sentirsi qualificare con questo termine: se volete inimicarvi a morte una donna, non dovete far altro che chiamarla "massaia" o "casalinga".
Mi domando come è interpretata questa cosa invece in Russia, al giorno d'oggi. Mi piacerebbe sentire il parere di qualche donna russa, in proposito.
Cicerin - Martedì, 15 Febbraio 2011, 19:49
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Caro Myshkin,
ho chiesto questa cosa. A me risuta che anche "хозяйка" (massaia) in Russia non sia proprio un complimento, forse è anche peggio del termine "домохозяйка" (casalinga), dal quale poi deriva...
Insomma, in entrambi i casi intendiamo una donna molto brava nel cucinare, lavare e stirare e
fare i mestieri di casa, così brava da non avere altro per la testa che la conduzione della casa.
Credo che le "brave massaie" siano sempre esistite, oggi forse sono meno che in passato, ma
se ci pensate un po', credo che ognuno di voi ne possa annoverare almeno una, tra i vostri parenti
o conoscenti.
Detto questo, Zarevich evidentemente voleva utilizzare l'accezione ironica del termine
...e se una donna ci sforna degli ottimi блины in occasione della Maslenitza e le diciamo scherzosamente
"Ты хорошая хозяйка!" credo che nessuno si offenderà, tanto più che il carnevale è tradizionalmente
festa di baldoria e allegria
Zarevich - Sabato, 18 Febbraio 2012, 11:34
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Nell’anno 2012 la Maslenitsa si festeggia dal 20 al 26 febbraio.
In Russia è la Festa degli addii all’Inverno, il Carnevale Russo. Tutta la settimana dal 20 al 26 febbraio 2012 si svolgeranno i divertimenti in tutta la Russia. Tutti mangiano i bliny (le frittelle) e si fanno gli auguri. A Mosca, come sempre, le principali solennità si svolgono a Vassìljevskij Spusk (Васильевский Спуск), cioè il versante di San Basilio. Chi che è stato a Mosca sa dove si trova, vicino alla Cattedrale di San Basilio dalla parte opposta alla Piazza Rossa; uno spazio fra la Cattedrale e il fiume Moscova.
I miei carissimi auguri della Màslenitsa!
С Масленицой!
Масленица- это подготовительная неделя к Великому посту посвящена в христианском смысле одной цели – примирению с ближними, прощению обид, подготовке к покаянному пути к Богу – в этом христианская составляющая масленицы. Масленая неделя, Масленица – просторечное название Сырной седмицы — последней перед Великим постом недели. В продолжение масленицы не едят мясо, но можно употреблять рыбу и молочные продукты. Масленица — это сплошная неделя, отменяется пост в среду и пятницу.
Zarevich - Domenica, 23 Febbraio 2014, 08:08
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Lunedì, 24 febbraio 2014, prende il via a Mosca la festa tradizionale della «Grande Maslenitsa» («Великая Масленица»), in cui si terranno più di 500 eventi.
In particolare, più di 600.000 moscoviti cuoceranno le tradizionali frittelle dell'area russofona, i bliny (блины), e una gigante del peso di 450 chilogrammi.
Il festival si svolge dal 24 febbraio al 2 marzo e i principali siti in cui avverranno le fritture saranno i parchi della città, le zone pedonali, e quasi tutte le istituzioni culturali.
ПОЗДРАВЛЯЮ ВСЕХ С МАСЛЕНИЦЕЙ!
BUONA MASLENITSA!
Zarevich - Domenica, 15 Febbraio 2015, 12:29
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Nell’anno 2015 la Maslenitsa si festeggia dal 16 al 22 febbraio.
Mangiamo tutti bliny questa settimana!!
I miei carissimi auguri della Màslenitsa!
Buona Maslenitsa! С Масленицой!
Zarevich - Domenica, 14 Febbraio 2016, 15:10
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Nell’anno 2016 la Màslenitsa si festeggia dal 7 al 13 marzo
Zarevich - Domenica, 12 Febbraio 2017, 15:37
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Màslenitsa russa si festeggia nell’ultima settimana prima della Quaresima (Великий Пост), sette settimane prima della Pasqua Ortodossa. Il principale attributo della Maslenitsa sono i bliny (блины = le frittelle)
Nell’anno 2017 la Maslenitsa si festeggia dal 20 al 26 febbraio.
Mangiamo tutti bliny!
I miei carissimi auguri della Màslenitsa!
Buona Maslenitsa! С Масленицой!
TUTTO DEI BLINY RUSSI!
https://www.arcarussa.it/forum/viewtopic.php?p=26436#p26436
Zarevich - Lunedì, 12 Febbraio 2018, 20:50
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
«LA MASLENITSA 2018: LE TRADIZIONI E LA DATA DEL FESTEGGIAMENTO»
«МАСЛЕНИЦА 2018: ТРАДИЦИИ И ДАТА ПРАЗДНОВАНИЯ»
La Màslenitsa (Масленица) è una festa antica russa. In sostanza è una settimana d’addio con l’inverno e il solenne incontro con la bella primavera: le mascherate, scendere dal monticello ghiaccio con la slitta per divertimento, le feste all’aria aperta e i vari cibi offerti agli ospiti. Nel calendario non c’è nessuna data concreta del festeggiamento, ma si può calcolare la data di Maslenitsa. Basta sottrarre dalla data di Pasqua 56 giorni: sono 48 giorni della Quaresima e una settimana della Maslenitsa stessa. In conclusione quest’anno, 2018, la Maslenitsa russa si festeggia dal 12 al 18 febbraio. Vorrei presentare alcune illustrazioni dei quadri dei pittori russi dedicati alla Maslenitsa russa.
Zarevich - Giovedì, 16 Febbraio 2023, 10:19
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
«MASLENITSA DI MOSCA» 2023 «МОСКОВСКАЯ МАСЛЕНИЦА»
A Mosca si terrà il tradizionale festival di strada «Maslenitsa di Mosca» («Московская Масленица»). Alla vigilia della primavera, il 17 febbraio 2023, 23 sedi del festival apriranno per le strade di Mosca. Ogni anno la primavera viene celebrata nella capitale con il festival di strada Maslenitsa di Mosca. Dal 17 al 26 febbraio 2023, delizie culinarie e varie prelibatezze saranno preparate per i residenti e gli ospiti della città in 23 sedi e, naturalmente, i pancake saranno il momento clou del programma. Puoi trovare dozzine di tipi di formaggi, molte prelibatezze di pesce e carne negli chalet commerciali. Ci saranno frittelle tradizionali russe, così come pachat mordoviani, tabani Udmurt e frittelle dell'Estremo Oriente nelle sedi del festival. In totale, verranno offerti più di 50 tipi di frittelle: ogni visitatore del festival potrà scoprire qualcosa di nuovo e gustoso. Inoltre, gli ospiti della vacanza non solo assaggeranno i pancake, ma impareranno anche a cucinarli. In totale, sono previste più di 2.000 master class culinarie e creative, si terranno più di duecento spettacoli culinari. Soprattutto per i bambini è stato preparato un programma di conoscenza della cucina e dell'artigianato popolare. Il manifesto culturale del festival promette di essere luminoso, con esibizioni di gruppi folcloristici, gruppi folcloristici e cori cosacchi. Le composizioni musicali aiuteranno a comprendere meglio le tradizioni popolari, i rituali ea creare un'atmosfera spirituale per salutare l'inverno. Le piste di pattinaggio opereranno in 19 sedi del festival, verranno aperti chalet speciali per raccogliere aiuti umanitari «Mosca aiuta».
Zarevich - Domenica, 17 Marzo 2024, 08:40
Oggetto: «LA MASLENITSA CIOE’ IL CARNEVALE RUSSO»
Cosa devi ricordare in questo giorno speciale. Il 17 marzo 2024 si celebra la Settimana del formaggio (l'ultima domenica prima della Quaresima, in cui sono ancora ammessi latticini, uova e pesce). Ricordi dell'esilio di Adamo. Domenica del perdono (secondo l'antica tradizione della chiesa, tutti i cristiani ortodossi in questo giorno si chiedono perdono, questo viene fatto per entrare nella Quaresima con un'anima pura). Nella Chiesa ortodossa russa oggi, oltre alla preghiera per la Quaresima, si celebra la memoria di 15 santi conosciuti per nome. La domenica del perdono è l'ultimo giorno prima della Quaresima. Il giorno in cui in ogni chiesa ortodossa viene celebrato un rito unico del perdono. Tutti, giovani e anziani, compreso Sua Santità il Patriarca, si inchinano l'uno all'altro, si inginocchiano chiedendosi perdono, e poi si abbracciano fraternamente. In un mondo moderno e pieno di orgoglio, questa è la cosa più difficile. Non solo «perdona» formalmente tutti, compresi i tuoi colpevoli personali, ma inchinati ai loro piedi. Incommensurabilmente difficile. Ma dovrebbe. Altrimenti, come cristiani, non valiamo nulla. Dobbiamo però capire che il perdono delle offese personali non significa un «perdono» ipocrita, che è altrettanto lontano dalla comprensione cristiana del vero Amore: «Ama i tuoi nemici, annienta i nemici della Patria, aborrisci i nemici di Dio». Non abbiamo il diritto di perdonare i nemici della Russia, ma dobbiamo semplicemente schiacciarli. A sangue freddo, senza amarezza satanica, ma in modo tale che non oseranno mai più invadere la Terza Roma e l'intero mondo russo. Chiedo a tutti coloro che ho offeso o turbato, volontariamente o involontariamente, con le mie parole o azioni con tutto il cuore, di perdonarmi per amore di Cristo. Buona Grande Quaresima a voi, cari fratelli e sorelle!