Il cinema italiano piange Dino Risi maestro della commedia all'italiana
Con Mario Monicelli, Nanny Loy, Ettore Scola, Luigi Comencini, è stato uno dei grandi maestri della commedia all'italiana. Il nostro cinema piange la morte di Dino Risi, che si è spento ieri mattina nel residence Aldovrandi della capitale, in cui risiedeva da tempo. Aveva 91 anni. Se ne va così un grande vecchio della settima arte, protagonista di una stagione irripetibile, che vanta - specie negli ultimi anni - numerosi, ma mai del tutto riusciti, tentativi di imitazione. Una formula capace di piacere sia ai critici che al pubblico, con la sua capacità di coniugare divertimento e affresco sociale.
Eppure, il milanesissimo Risi - nasce il 23 dicembre 1916, nel capoluogo lombardo - al cinema non ci arriva proprio da ragazzino. Prima, infatti, studia e consegue una laurea in Medicina. I genitori immaginano per lui una carriera in psichiatria, ma il giovane Dino ha altri progetti. E si butta a capofitto nel mondo del cinema. I primi lavori degni di nota arrivano al servizio di altri registi: ad esempio, come aiuto di Mario Soldati, in "Piccolo mondo antico" (1940), o di Alberto Lattuada, in "Giacomo l'idealista" (1943). Nel 1948, il suo debutto dietro la macchina da presa, col cortometraggio "Barboni", ambientato tra i poveri della sua città d'origine.
Il suo primo lungometraggio arriva solo nel 1952, ed è "Vacanze col gangster". Ma il vero successo arriva un po' più tardi, con la commedia di costume "Il segno di Venere" e soprattutto con l'exploit al botteghino di "Pane amore e...", con Sophia Loren protagonista. Pellicola che bissa i successi di "Pane amore e fantasia" e "Pane amore e gelosia". Un anno dopo, 1956, nuovo boom: questa volta tocca a "Poveri ma belli". Realizzato con mezzi modesti, diventa un campione d'incassi.
E già questi titoli fanno capire come si svilupperà il cinema di Risi: popolare ma mai eccessivamente sentimentale, attento al costume ma senza rivendicazioni ideologiche. Una cifra che resterà anche nelle sue opere successive: il drammatico "Una vita difficile", con un inedito Alberto Sordi; il supercult "Il sorpasso", per molti una delle vette assolute della commedia all'italiana, col suo attore preferito Vittorio Gassman; e quello che è e resta uno dei suoi titoli più celebri, "I Mostri" (1963).
Un'attività intensa, quella di Risi, che dura anche per tutti gli anni Settanta. Decennio in cui realizza, tra gli altri, "In nome del popolo italiano" (1971), "I nuovi Mostri" (1977), "Caro papà" (1979). E anche "Profumo di donna", ancora con Gassman, che ottiene due nomination all'Oscar. E che avrà un remake in salsa hollywoodiana un bel po' di anni dopo, con Al Pacino protagonista.
Negli anni Ottanta, invece, assistiamo a una minore produzione cinematografica, malgrado film come "Fantasma d'amore" (1981) e "Sesso e volentieri" (1982). Nei Novanta, c'è un ulteriore allentamento: interrotto dal tentativo - non riuscito - di far rivivere i fasti di "Poveri ma belli" con il film "Giovani e belli" (1996)
Ma la grande stagione della commedia all'italiana sta per finire, anche per la scomparsa dei suoi volti più celebri: Gassman, Tognazzi, Manfredi, Sordi. E così, a inizio Millennio, Risi si rivolge alla tv e gira la fiction "Bellissime", ispirata a Miss Italia, e girata a Salsomaggiore. Un finale un po' malinconico, per questo grande vecchio della settima arte. A cui però, nel 2002, la Mostra di Venezia assegna il Leone alla carriera: riconoscimento meritatissimo, non c'è dubbio. L'ultima onorificenza, nel giugno 2004: quando l'allora presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, lo insignisce del titolo di Cavaliere di Gran Croce. E tutto il mondo del cinema lo applaude. Prima dell'ultimo festeggiamento ufficiale: quello per i suoi novant'anni.