L’Italia, se necessario, concederà le basi militari di Sigonella per i bombardamenti americani in Libia, come era da aspettarsi, perché Roma, dopo gli accordi firmati con Washington, non ha poi tanta scelta. Gli Stati Uniti chiamano, l’Italia è in guerra.
Come annunciato dal ministro della Difesa Roberta Pinotti, se gli Stati Uniti lo chiedessero, le basi di Sigonella saranno disponibilissime per i raid in Libia. Si tratterà di 30 giorni di bombardamenti contro la roccaforte di Daesh a Sirte, dicono gli americani. Qualche bomba e via insomma… Tuttavia non c'è traccia di alcun coordinamento né con il governo di Tobruk, né tantomeno con la Russia, che ha già definito illegali i bombardamenti americani.
L'Italia, che di fatto entra in guerra, si piega di nuovo alle decisioni degli Stati Uniti, perché? Sputnik Italia ha raggiunto per un'intervista Mirko Molteni, giornalista esperto di storia e argomenti militari, collaboratore di "Analisi Difesa" e del quotidiano "Libero".
— Gli Stati Uniti aprono la guerra in Libia. Se sarà richiesto, le basi di Sigonella saranno disponibili per i raid. L'Italia è di fatto in guerra?
— Tecnicamente è quasi in guerra. Il problema è che l'ISIS già da tempo ha iniziato a minacciare attentati in territorio italiano, soprattutto mettendo nel mirino Roma in quanto capitale mondiale del Cristianesimo. Il fatto del concedere o meno le basi non cambierà di molto il rischio attentati. Vari estremisti sono stati arrestati in territorio italiano negli ultimi mesi, l'ultimo era un pakistano arrestato a Vaprio D'Adda in Lombardia. È stato accusato di aver preparato attentati jihadisti su territorio italiano.
— Che rischi corre l'Italia con il suo coinvolgimento nella guerra libica?
— Sicuramente aumenterebbe il livello della minaccia, che però è già abbastanza consistente. Questo coinvolgimento potrebbe contribuire ad eliminare l'illusione dell'Italia di sentirsi più al riparo da una minaccia terroristica.
È vero che l'Italia non era in cima alla lista degli obiettivi dell'ISIS, ma è anche vero che la polizia e i servizi segreti italiani hanno lavorato molto bene nell'arrestare molti sospetti. Le notizie sugli arresti dei jihadisti fanno meno notizia rispetto ad un tragico attentato. Lo Stato dovrà comunque migliorare sempre più la sorveglianza e l'azione preventiva.
— Le basi NATO in Italia, che vengono sempre più implementate, sono fondamentali per le strategie di guerra degli Stati Uniti. L'Italia, che ha inoltre firmato in merito un accordo con Washington l'anno scorso, è una vera piattaforma di lancio e di guerra. Il governo italiano non ha voce in capitolo, no?
— Certo! Questo accodarsi alle grandi potenze è una tendenza tipica dell'Italia degli ultimi decenni. Già nel 2011, tra l'altro proprio in Libia, il governo di Berlusconi non è riuscito a opporsi alla campagna aerea contro Gheddafi scatenata dalla Francia di Sarkozy. L'Italia è stata costretta ad accodarsi a Francia e Stati Uniti in quello storico errore che ha creato instabilità in Libia.
Venendo ai fatti più recenti, è evidente che questa campagna aerea di 30 giorni iniziata dagli Stati Uniti su richiesta del governo di Tripoli di Serraj è un'iniziativa più politica che militare. Serraj chiede aiuto agli Stati Uniti per potersi legittimare come unico leader di governo credibile della Libia attuale. Sappiamo benissimo invece che c'è anche il Parlamento di Tobruk a cui fanno capo le forze del generale Haftar, anch'esse molto impegnate contro l'ISIS nella zona di Bengasi. La Libia ancora non conta un governo unitario. Un intervento straniero in Libia andrebbe accordato anche con le milizie di Haftar, impegnata contro l'ISIS.
— Con la concessione delle proprie basi, l'Italia viene meno del suo ruolo di intermediario puramente politico che rivestiva fino adesso mantenendo un profilo basso. Come si spiega quest'accodarsi e questo servilismo nei confronti degli Stati Uniti?
— È il frutto di 70 anni di storia, dell'allineamento dell'Italia all'interno della NATO. Finita l'Unione Sovietica e il Patto di Varsavia, è venuto a cessare il pericolo dall'Est, oggi la Russia è nostro alleato alla lotta al terrorismo nei fatti. In Italia però è continuata un'abitudine mentale della classe politica di delegare i propri interessi agli Stati Uniti. Dovranno passare molti anni perché ci si riabitui veramente a pensare in termini di interesse nazionale.
— A proposito di Russia, da Mosca è già arrivata la reazione ai raid americani in Libia, ritenuti dal Cremlino illegali. Secondo te la partecipazione dell'Italia a questi raid con la concessione delle basi potrà intaccare i rapporti fra Roma e Mosca?
— I rapporti direttamente con la Russia credo di no, perché Mosca capisce che l'Italia in un certo senso è obbligata. Questi bombardamenti potrebbero portare ad una recrudescenza della rivalità fra i due governi libici. Per cui si vanno a minare i tentativi di mediazione. La parte di Tobruk non è stata consultata sulle azioni militari degli Stati Uniti.
Se le due maggiori potenze, Stati Uniti e Russia, volessero collaborare nel vero senso della parola contro l'ISIS, si potrebbe studiare un'azione anche in Libia contro la roccaforte dell'ISIS a Sirte, però con una maggiore efficienza. I raid americani in Siria per esempio di fatto rischiano di creare più problemi all'aviazione russa, perché non si coordinano bene. Una campagna militare di 30 giorni su Sirte è chiaramente un'azione quasi solo politica.
L'Italia non è un paese sovrano, ha ceduto la sua sovranità ai criminali di guerra e golpisti americani e all'erede del nazismo la kapò merkel e ai criminali di guerra della nato, l'art. 11 della costituzione italiana viene calpestato e chi dovrebbe garantire la costituzione che è il capo dello stato non lo fà, gli italiani sanno da che famiglia proviene il capo dello stato, che dovrebbe avere almeno il coraggio di dimettersi.
«SPUTNIK»
Ultima modifica di Zarevich il 02 Lug 2024 09:48, modificato 1 volta in totale
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Zarevich