| «ALDO CANESTRI: IL CELEBRE TRADUTTORE RUSSO» | |
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Zarevich
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«ALDO CANESTRI: IL CELEBRE TRADUTTORE RUSSO»
«ALDO CANESTRI: IL CELEBRE TRADUTTORE RUSSO»
«АЛЬДО КАНЕСТРИ: ВЫДАЮЩИЙСЯ РУССКИЙ ПЕРЕВОДЧИК»
Il grande traduttore Aldo Canestri (Альдо Канестри, 1936-2014). Aldo Canestri, professore di linguistica all'Università di Mosca, vincitore del premio della fondazione «nuovo millennio», traduttore, giornalista e autore di numerosi dizionari russo-italiano e italiano-russo, membro del progetto «Io parlo russo». Aldo Canestri è il figlio di un comunista italiano inviato in URSS nel 1932 come dirigente. Aldo Canestri è nato a Mosca nel 1936 e trascorse parte l'infanzia nel famoso hotel «Lux» della capitale, dove risiedevano i dirigenti comunisti internazionali. Dopodiché con il padre è andato in Italia ed ha vissuto in diversi Paesi. Dopo la morte del padre nel 1953, Aldo Canestri ha fatto ritorno in Russia. Ha lavorato come docente di linguistica presso l'Università di Mosca (ex «Istituto di Lingue Straniere Maurice Thorez», dal 1962 insegnava italiano. È morto a Mosca nel 2014 all'età di 78 anni. Aldo Canestri, da decenni uno degli italianisti più noti di Mosca. Linguista, filologo, autore di numerosi saggi, libri di testo e dizionari. Il celebre linguista, filologo, autore di numerosi saggi, libri di testo e dizionari, ha continuato a insegnare per 52 anni lingua italiana e traduzione. Aldo Canestri è autore di numerosi dizionari e guide di conversazione per la combinazione russo-italiano e italiano-russo, di dizionari specializzati di lingua italiana e di manuali di lingua italiana, traduttore in italiano di poesia russa, è prematuramente scomparso il 25 novembre 2014.
Una personalità straordinaria, un uomo che ha dedicato tutta la sua vita al suo meraviglioso lavoro di traduttore italiano in Russia. L'Università di Mosca è orgogliosa di un uomo simile e ogni anno ne onora la memoria organizzando una serata in ricordo di Aldo Canestri tra studenti e docenti. Aldo Canestri era uno straordinario esperto di Mosca. Lui e la sua famiglia vivevano nel centro storico di Mosca e Aldo Canestro conosceva tutte le strade e i vicoli della vecchia Mosca e lo raccontava a sua figlia, che durante l'infanzia portava sempre a fare passeggiate ed escursioni per Mosca. Lo scrive la figlia Ilectra Canestri, oggi esperta nel campo della moda e del design, specializzata negli stili e nelle tendenze della moda e del design del XX e XXI secolo. Si è laureata con lode presso la Facoltà di Giornalismo dell'Università di Mosca. Dal 1994, come studentessa, ha iniziato la sua carriera professionale nell'ultimo giornalismo russo di moda, design e architettura. Suo padre è sempre stato conosciuto negli ambienti dei linguisti moscoviti e di tutti coloro che studiavano la lingua italiana. Molte persone hanno imparato dai suoi libri, dizionari e frasari e gli sono sempre grati per il suo lavoro. Ilectra Canestri racconta che suo padre per molti anni ha tradotto in italiano il settimanale «I Tempi Nuovi» («Новое время»). La rivista veniva pubblicata ogni settimana in 15 lingue e Aldo Canestri traduceva l'intera versione italiana della rivista. Era molto impegnato, ma trovava sempre il tempo per sua figlia di passeggiare per la sua amata Mosca. Amava tenere lezioni in russo sulla letteratura e la cultura italiana a tutti gli studenti delle diverse facoltà dell'Università di Mosca. Ho molti libri scritti da Aldo Canestri a casa. Si tratta di tutti i tipi di frasari, dizionari e libri per bambini russo-italiano e italiano-russo di scrittori russi tradotti in italiano. In precedenza, nell'URSS esistevano due case editrici «Ràduga» («Радуга») e «Progress» («Прогресс»), specializzate esclusivamente in libri di autori russi in lingue straniere. Aldo Canestri collaborò con queste case editrici moscovite e per loro tradusse in italiano molti libri russi. Questo è il tipo di persona di cui volevo scrivere, in modo che lo conoscessero e non lo dimenticassero mai. Adesso non è con noi e sono già arrivate altre persone, anche italiani, che continuano la sua opera in Russia.
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«ALDO CANESTRI: IL CELEBRE TRADUTTORE RUSSO»
«È IL LUCCIO CHE COMANDA» «ПО ЩУЧЬЕМУ ВЕЛЕНИЮ»
La famosissima fiaba conosciuta da tutti i bambini russi grazie a una proposizione magica: «È il luccio che comanda, è Emelja che rimanda…» cioè in russo: «По щучьему велению, по Емелину хотению…».
La fiaba di Emelja (Emeljan – Емельян), lo stolto che fece una buca nel ghiaccio, nell’acqua vide un luccio e l’afferrò con la mano. Ma quello non era un semplice luccio ma un pesce magico che cominciò a parlare con voce umana: Tieni bene a mente quel che ti dirò. Ogni volta che avrai un desiderio devi dire: «È il luccio che comanda, è Emelja che rimanda…». Da allora cominciano le avventure dello stolto Emelja. La fiaba è deliziosa, saggia e edificante come tutte le fiabe popolari. Nelle fiabe popolari è posto come non plus ultra della sapienza che noi dobbiamo decifrare e renderci conto. Il testo italiano nella traduzione di Aldo Canestri l’ho preso dal libro edito nel 1976 dalla Casa Editrice “Progress” Mosca che era specializzata in libri russi nelle lingue straniere. Il testo l’ho riscritto per il nostro forum perché suppongo che in internet non ci sia affatto. Va detto che questa fiaba fu più volte filmata come il film a soggetto o come cartone animato. Il più famoso film «È il luccio che comanda» («По щучьему велению») tratto dalla fiaba fu girato moltissimi anni fa, nel 1938, dal regista Aleksandr Ròu.
«È IL LUCCIO CHE COMANDA» «ПО ЩУЧЬЕМУ ВЕЛЕНИЮ»
Fiaba russa popolare Русская народная сказка
C’era una volta un vecchio e aveva questo vecchio tre figli: due erano intelligenti e il terzo, Emelja, era stolto. I due fratelli maggiori erano sempre a lavorare e Emelja, invece, se ne stava tutta la giornata sulla stufa e non voleva saper altro.
Un giorno i due fratelli maggiori andarono al mercato e le cognate vollero mandare Emelja per acqua:
- Emelja, va’, ci occorre dell’acqua.
E Emelja dall’alto della stufa:
- Non mi va …
- Vacci, vacci. Emelja, se no i fratelli tornano dal mercato e non ti portano i regali.
- E va bene, ci vado.
Emelja si calò giù dalla stofa, si vestì, prese le secchie e l’accetta e andrò al fiume.
Nel ghiaccio Emelja fece una buca, attinse l’acqua, mise le secchie accanto a sé e prese a guardare nella buca. Nell’acqua vide un luccio. Colse l’attimo buono e con destezza lo afferò con la mano:
- Eh, ne viene una zuppa saporita!
Ma d’improvviso il luccio parlò con voce umana:
- Emelja, rimettemi in acqua: ti sarò utile.
Emelja rise:
- Utile a cosa? No, no, ti porto a casa: le cognate avranno di che fare la zuppa di pesce. E una zuppa di quelle saporite!
Il luccio lo implorò di nuovo:
- Emelja, Emelja, rimettimi in acqua: farò tutto quel che desideri.
- E va bene, solo che prima devi dimostrarmi che non mi imbrogli, poi ti rimetterò in acqua.
Il luccio gli chiese:
- Emelja, dimmi, che cosa desideri?
- Voglio che le secche se ne vadano da sole a casa senza che l’acqua si versi …
Il luccio gli disse:
- Tieni bene a mente quel che ti dirò. Ogni volta che avrai un desiderio devi dire:
È il luccio che comanda,
È Emelja che rimanda …
Ed Emelja ripete:
È il luccio che comanda,
È Emelja che rimanda …
- Andate, secchie! A casa!
Appena finito di parlare, le secchie da sole s’incamminarono per la salita. Emelja rimise il luccio nell’acqua e tenne dietro alle secchie.
Le secchie camminavano per le strade del vilaggio, la gente si meravigliava e Emelja dietro e per giunta ridacchiava. Le secchie entrarono nell’isba e si allinearono da sole sulla panca. Emelja, invece, si arrampicò sulla stufa.
Passò del tempo e le cognate dissero a Emelja:
- Emelja, cosa fai lì coricato? Va’ un po’ a spaccare legna.
- Non mi va …
- Se non spacchi la legna, i fratelli quando tornano dal mercato non ti portano i regali.
Emelja non aveva nessunissima voglia di lasciare il calduccio della stufa. Ma si ricordò del luccio e piano, senza farsi sentire, disse:
È il luccio che comanda,
È Emelja che rimanda …
- Tu, ascia, va’ a spaccar legna e tu, legna, vieni nell’isba e entra nella stufa …
Passò dell’altro tempo e lo zar venne a sapere delle prodezze e delle malefatte di Emelja e mandò il suo più importante cortigiano:
- Portami qui alla reggia lo stolto Emelja, se no ti faccio mozzare la testa.
Il Gran cortigiano comprò una passa, prugne secche, panpepato e andò al vilaggio. Entrò nell’isba dove viveva Emelja e cominciò a chiedere alle cognate quali erano le cose che piacevano a Emelja.
- Al nostro Emelja piace quando gli si usa gentilezza e tenerezza, quando gli si promette un caffettano di panno rosso: allora fa qualunque cosa gli si chiede.
Il gran cortigiano diede a Emelja l’uva passa, le prugne secche, il panpepato e gli disse:
- Emelja, Emelja, cosa fai lì sulla stufa? Vieni con me dallo zar.
- Sto bene anche qui, al calduccio …
- Emelja, Emelja, lo zar ti regala un caffettano di panno rosso e il cappello e gli stivali.
Emelja ci pensò su un po’ e poi disse:
- E va bene, va’ avanti e io ti vengo dietro.
Il Gran cortigiano se ne partì e Emelja se ne stette per un po’ sulla stufa e poi disse:
È il luccio che comanda,
È Emelja che rimanda …
- Muoviti, stufa, portami dallo zar!
Qui l’isba scricchiolò in ogni angolo, il tetto ballò, una parete si staccò e la stufa da sola uscì fuori, poi si mise sulla strada e partì per la reggia.
Lo zar guardò alla finestra e si meravigliò:
- Che prodiglio è mai questo?!
Il Gran cortigiano gli rispose:
- È Emelja che è arrivato sulla stufa.
Lo zar uscì dal palazzo sulla scalinata e chiese a Emelja:
- Emelja, come mai ci sono tante lamentele contro di te? Ne hai messa sotto, di gente!
- Sono loro che si buttavano sotto la slitta!
In quel mentre la figlia dello zar, la principessa Maria, stava osservando dalla finestra lo stolto Emelja la vide e disse senza farsi sentire:
È il luccio che comanda,
È Emelja che rimanda …
- Voglio che la principessa si innamori di me.
E aggiunse:
- E tu, stufa, torna a casa …
Nella reggia intanto si sentivan urli e pianti. La principessa Maria voleva vedere Emelja, non poteva vivere senza di lui, chiese al padre di darla in moglie a Emelja. Lo zar, tutto dispiaciuto per questo fatto, sconsolato, chiamò il Gran cortigiano e gli disse:
- Va’ e torna con Emelja, vivo o morto, se no ti faccio mozzare la testa.
Il Gran cortigiano comprò vini dolci e vivande varie e se ne partì per il villaggio, entrò nell’isba e cominciò a rimpinzare Emelja. Emelja bevve, mangiò, si ubriacò e si buttò a dormire. Il Gran cortigiano lo caricò sulla carrozza e lo portò dallo zar. Lo zar ordinò di portare subito una botte con cerchi di ferro. Dentro questa botte furono messi Emelja e la principessa Maria, poi la botte fu incatramata e getata in mare.
Passò del tempo: Emelja si svegliò e vide che era buio e non si poteva rigirare.
- Dove mai mi trovo?
E una voce gli rispose:
- Che molestia e che noia, Emelja caro! Ci hanno incatramati dentro questa botte e ci hanno gettati nel mare azzurro.
- E tu chi sei?
- Sono la principessa Maria.
Allora Emelja disse:
È il luccio che comanda,
È Emelja che rimanda …
- Venti, scatenatevi, portate la botte sulla sabbia asciutta, sulla sabbia gialla …
I venti si scatenarono. Il mare ondeggiò, si mosse. Le onde gettarono la botte sulla sabbia asciutta, sulla sabbia gialla, Emelja e la principessa Maria uscirono dalla botte.
- Emelja, dove vivremo adesso? Dovresti costruire una isba per abotarci.
- Non mi va …
Maria insisteva e allora Emekja disse:
È il luccio che comanda,
È Emelja che rimanda …
- Voglio un palazzo di pietra col tetto d’oro …
Appena lo ebbe detto, apparve un palazzo di pietra col tetto d’oro. Tutt’intorno c’era un giardino verde e fiorito e cantavano gli uccelli. La principessa Maria ed Emelja entrarono nel palazzo, si sedettero alla finestra.
- Emelja caro, non potresti diventare un bell’uomo?
Emelja non stette a pensarci a lungo:
È il luccio che comanda,
È Emelja che rimanda …
- Voglio essere un bel giovane, bello come è bello il sole.
Ed Emelja diventò bello che non c’è favola che tenga né c’è penna che a descriverlo pervenga.
In quel tempo lo zar era a caccia e passando da quelle parti vide il palazzo, lì dove prima non c’era mai stato niente.
- Che è quell’usurpatore che senza il mio volere ha costruito sulle mie terre questo palazzo?
E mandò per sapere chi ci abitava. I cortigiani corsero al palazzo, si fermarono sotto la finestra e cominciarono con le domande. Emelja rispose loro:
- Dite allo zar che è mio ospite, io stesso gli dirò tutto.
Lo zar accettò l’invito. Emelja gli andò incontro, lo condusse al palazzo, l’invitò a tavola. Si misero a banchettare. Lo zar mangiava, beveva e si meravigliava a non finire:
- Chi sei, bel giovane?
- Rammenti di quello stolto Emelja, che venne da te sulla stufa e che tu ordinasti di rinchiudere dentro una botte incatramata, con tua figlia, che poi facesti gettare in mare? Sono io quell’Emelja. Adesso se volessi potrei far precipitare in rovina tutto il tuo regno.
Lo zar si spaventò a morte. Cominciò a chiedere perdono:
- Sposa mia figlia, caro Emelja, prendi il mio regno, ma risparmiami la vita!
Fu apparecchiato un banchetto coi fiocchi, da lasciarci la bocca e gli occhi. Emelja sposò la principessa Maria e prese a governare il regno.
Ora la favola è finota, è finita, terminata. Bravo te che l’hai sentita, bravo me che l’ho raccontata.
Traduzione dal russo di Aldo Canestri
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«ALDO CANESTRI: IL CELEBRE TRADUTTORE RUSSO»
«CAVAL SAURO, CAVAL MAURO…» «СИВКА-БУРКА, ВЕЩАЯ КАУРКА…»
Il testo italiano della fiaba russa «Caval sauro, caval mauro» è stato preso da me dall’edizione «L’Uccello di Fuoco», tradotta e pubblicata nel lontano anno 1976 dalla Casa Editrice sovietica di Mosca «Progress» («Прогресс»), specializzata nei libri degli autori russi nelle lingue straniere, compreso l’italiano. Oggi questo libro è una vera rarità bibliografica, come anche la Casa Editrice di Mosca «Progress» che è già passata alla storia ed è ormai un ricordo. Qui si dovrebbe dire che il libro è molto bello ed è con le bellissime illustrazioni dei coniugi, dei pittori russi Igor e Ksènja Jershòv (Игорь и Ксения Ершовы). Il libro contiene cinque fiabe magiche russe: «L’Uccello di Fuoco» («Жар-Птица»), «La Principessa Ranocchia» («Царевна-Лягушка»), «Caval sauro, caval mauro» («Сивка-бурка»), «Emèlja lo stolto» («Емеля) e «Vassilìssa la Bella» («Василиса Прекрасная»). Tutte le fiabe sono tradotte dal russo all’italiano dal grande traduttore Aldo Canestri (Альдо Канестри, 1936-2014). Aldo Canestri, professore di linguistica all'Università di Mosca, vincitore del premio della fondazione «nuovo millennio», traduttore, giornalista e autore di numerosi dizionari russo-italiano e italiano-russo, membro del progetto «Io parlo russo». L'italiano Aldo Canestri è nato a Mosca, dopodiché con il padre è andato in Italia ed ha vissuto in diversi Paesi. Dopo la morte del padre nel 1953, Aldo Canestri ha fatto ritorno in Russia. Ha lavorato come docente di linguistica presso l'Università di Mosca (ex «Istituto di Lingue Straniere Maurice Thorez»), dal 1962 insegnava italiano. È morto a Mosca nel 2014 all'età di 78 anni. Aldo Canestri, da decenni uno degli italianisti più noti di Mosca. Linguista, filologo, autore di numerosi saggi, libri di testo e dizionari.
«L’UCCELLO DI FUOCO»
Fiabe russe in italiano
Traduzione di Aldo Canestri
Illustrazioni di Igor e Ksènja Jershòv
Casa Editrice «Progress» Mosca 1976 (Pagine 84)
Издательство «Прогресс» Москва 1976
«CAVAL SAURO, CAVAL MAURO…» «СИВКА-БУРКА, ВЕЩАЯ КАУРКА…»
Una fiaba popolare russa che è conosciuta a tutti, è raccontata e letta dai genitori e dai nonni ai loro bambini. È famosa a tutti i Russi grazie al suo «motto arguto» magico:
Caval sauro, caval mauro, = Сивка-бурка,
Caval di cavalla, caval di càbala, = Вещая каурка,
Pàrati dinanzi a me ricco = Стань передо мной,
Come canna al vento ritto = Как лист перед травой!
La bellissima fiaba popolare russa. Che cosa significa la denominazione della fiaba: «Caval sauro, caval mauro» cioè in russo «Сивка-бурка» («Sìvka-bùrka»)? A questa domanda non si può rispondere in modo univoco. Prima di tutto «Сивка-бурка» («Sìvka-bùrka») è un cavallo incantato o magico delle favole russe. Da questo punto di vista «Caval sauro, caval mauro» («Сивка-бурка») significa prima di tutto il colore del cavallo. La parola «сивый» («sìvyj») cioè «grigio cenere a mantello di cavallo», invece la parola «бурый» («bùryj») cioè «grigio-marrone o bruno». Poi leggiamo: «Caval di cavalla, caval di càbala» cioè in russo «Вещая каурка». Il significato dell’espressione «вещая каурка» («vèsciaja kaùrka») dice della capacità del cavallo di prevedere il corso degli avvenimenti e testimonia della verità d'un fatto della capacità particolare e magica del cavallo.
«CAVAL SAURO, CAVAL MAURO…» «СИВКА-БУРКА, ВЕЩАЯ КАУРКА…»
C’era una volta un vecchio che aveva tre figli. I due più grandi mandavano avanti la casa e tutto il resto, erano lesti e lindi; il minore, Ivan lo scemo, era fatto invece a modo suo: gli piaceva andare per funghi nel bosco e in casa preferiva starsene sulla stufa. Quando venne l’ora di morire il vecchio chiamò i figli e comandò:
- Dopo che sarò morto dovrete per tre notti di seguito venire alla mia tomba e portarmi del pane.
Il vecchio fu sepolto. Venne la notte e a vegliare sulla tomba doveva andarci il figlio maggiore; ma non ci andò; о perché non ne aveva voglia о perché aveva paura. E allora il fratello maggiore disse a Ivan:
- Ivan, va' in vece mia questa notte: io ti compro poi del panpepato.
Ivan accettò, prese del pane e andò alla tomba del padre. Si mise lì accanto. A mezzanotte la terra si aprì, il padre si levò dalla tomba e chiese:
- Chi c'è qui? Sei tu, mio figlio maggiore? Dimmi che cosa succede in Russia: sono i cani che abbaiano, sono i lupi che ululano о è mio figlio che piange?
Ivan rispose: - Sono io, tuo figlio. E in Russia tutto è calmo.
Il padre mangiò il pane e si rimise nella tomba. Ivan tornò a casa e per strada raccolse dei funghi. Quando fu a casa il fratello maggiore gli chiese:
- Hai visto nostro padre?
- L'ho visto.
- Ha mangiato il pane?
- Sì. A sazietà.
Venne la seconda notte. Era la volta dell'altro fratello, ma non ci andò: о perché non ne aveva voglia о perché aveva paura. E disse a Ivan:
- Ivan, vacci tu in vece mia questa notte. Io poi ti faccio un paio di calzari di scorza di betulla.
- E va bene: ci vado.
Ivan prese del pane, andò alla tomba del padre. Si mise lì accanto. A mezzanotte la terra si aprì, il padre si levò dalla tomba e chiese:
- Chi c'è qui? Sei tu, mio secondo figlio? Dimmi che cosa succede in Russia: sono i cani che abbaiano, sono i lupi che ululano о е mio figlio che piange? Ivan rispose:
- Sono io, tuo figlio. E in Russia tutto è calmo.
Il padre mangiò il pane e si rimise nella tomba. Ivan tornò a casa e per strada raccolse dei funghi. Il fratello subito gli chiese:
- Il padre il pane l'ha mangiato?
- Sì. A sazietà.
La terza notte era la volta di Ivan. Disse ai fratelli:
- Ci sono andato per due notti di fila: andateci voi ora, che io mi riposo. I fratelli gli risposero:
- No, Ivan, oramai sei pratico; vacci tu.
- E va bene.
Ivan prese del pane e partì. A mezzanotte la terra si apri, il padre si levò dalla tomba:
- Chi c'è qui? Sei tu, mio figlio minore Ivan? Dimmi che cosa succede in Russia: sono i cani che abbaiano, sono i lupi che ululano о è mio figlio che piange? Ivan rispose:
- Sono tuo figlio Ivan. E in Russia tutto è calmo.
Il padre mangiò il pane e disse:
- Solo tu hai fatto come avevo detto: non hai avuto paura di venire alla mia tomba per tre notti di seguito. Vai ora in un campo di aperta campagna e chiama:
«Caval sauro, caval mauro,
Caval di cavalla, caval di càbala,
Pàrati dinanzi a me ricco
Come canna al vento ritto».
Arriverà un cavallo: tu entragli nell'orecchio destro ed escine da quello sinistro. Così diventerai baldo e bello. Montaci poi sopra e parti. Ivan prese le briglie, ringrazio il padre e andò a casa e per strada non si dimenticò di raccogliere funghi. A casa i fratelli gli chiesero:
- Hai visto nostro padre?
- Si, l'ho visto.
- Il pane, l'ha mangiato?
- Si, ne ha mangiato a sazietà e ha detto di non andarci più.
In quel tempo lo zar fece annunciare dai banditori che tutti i giovani baldi e belli, scapoli, dovevano presentarsi alla reggia. La sua adorata figlia, Bella-Come-Nessuna (Красà-Ненаглядная), aveva ordinato un palazzo con dodici colonne, con dodici corone. Lei si sarebbe messa alla più alta finestra per vedere chi sarebbe stato capace di raggiungerla con un balzo del proprio cavallo e di baciarla sulla bocca. A questo cavaliere, non importa chi esso fosse, lo zar avrebbe dato in sposa la figlia, Bella-Come-Nessuna, e la metà del regno per giunta. I fratelli di Ivan sentirono il bando e dissero fra di loro:
- Tentiamo la fortuna!
E così diedero ai loro bravi cavalli l’avena, li condussero fuori della stalla, si vestirono ammodo, si pettinarono i riccioli. Ivan dall'alto della stufa disse:
- Fratelli, prendetemi con voi: voglio anch'io tentare la fortuna!
Scemo, dorminpiedi, dorminstufa! Va' per funghi e non far ridere la gente! I fratelli montarono sui loro bravi cavalli, si misero i cappelli alla gagliarda, fischiarono e urlarono ai cavalli e partirono al galoppo: solo un gran polverone si lasciarono dietro. Ivan prese le briglie e andò in campagna. Arrivo in un campo e grido, come il padre gli aveva insegnato:
«Caval sauro, caval mauro,
Caval di cavalla, caval di càbala,
Pàrati dinanzi a me ricco
Come canna al vento ritto».
Qui, non si sa da dove, arrivò di camera un cavallo: la terra gli tremava sotto, dalle narici soffiava fiamme,
- Cosa mi comandi?
Ivan accarezzò il cavallo, gli mise le briglie, gli si infilo nell'orecchio destro e uscì da quello sinistro: divento baldo e bello che non c'è favola che tenga né c'è penna che a descriverlo pervenga. Montò sul cavallo e partì. Il caval sauro-mauro correva di camera, sotto gli tremava la terra, monti e piani con la coda non toccava, i ceppi e gli alberi se li faceva passare sotto gli zoccoli. Così Ivan arrivò alla reggia: qui c'era gente a non finire. Nell'alto palazzo con dodici colonne e con dodici corone, in cima, alla finestra più in alto, stava la principessa Bella-Come-Nessuna. Lo zar uscì sulla corte e disse:
- Chi di voi, baldi giovani, con un salto del suo cavallo raggiungerà la finestra e bacerà sulla bocca mia figlia l'avrà in sposa e metà del regno per giunta.
E i baldi giovani presero a saltare. Ma non c'era niente da fare: troppo in alto era la principessa. Tentarono anche i fratelli di Ivan: nemmeno a metà strada arrivarono. Venne la volta di Ivan. Ivan fece fare al cavallo una rincorsa, urlò, fischiò, saltò e arrivò due corone al di sotto della finestra. S'impennò di nuovo, un altra volta prese la rincorsa e arrivò ad una corona al di sotto della finestra. Volteggiò e girò ancora, scaldò per bene il cavallo e gli fece fare un salto altissimo: come il fuoco passò al di sopra della finestra, baciò la principessa sulla bocca di miele e la principessa riuscì a dargli un colpetto in fronte con il suo anello: gli lasciò un segno. Qui il popolo tutto gridò:
- Fermatelo, fermatelo!
Ma di Ivan nemmeno l'odore. Ivan intanto galoppò fino a un campo in aperta campagna, s'infilò nell'orecchio sinistro del cavallo, uscì da quello destro e ritornò a essere Ivan lo scemo qual era. Lasciò andare il cavallo, tornò a casa e per strada raccolse dei funghi. Si fasciò la fronte con uno straccio, salì sulla stufa e ci si sdraiò. Arrivarono i fratelli, raccontarono dove erano stati, cosa e chi avevano visto:
- Ci sono stati molti baldi giovani, ma ce n'è stato uno, il più bravo, che con un balzo del suo cavallo è saltato fino alla principessa e l'ha baciata sulla bocca. Tutti hanno visto da dove era venuto, nessuno ha visto per dove se n'è andato. Ivan dall'alto della stufa disse:
- E che, non sono stato io?
I fratelli si infuriarono:
- Stolto e stoltezze dice! Stattene sulla stufa e mangiai funghi, va’!
Ivan pian pianino si levò lo straccio dalla fronte, da lì dove la principessa l'aveva segnato con l’anello: subito la isbà si illuminò tutta di fuoco vivo. I fratelli presero paura, gridarono:
- Che fai, scemo? Ci bruci l'isbà!
Il giorno dopo lo zar chiamò a banchetto tutti i boiardi e i principi e anche tutto il popolo, e ricchi e poveri, e vecchi e giovani. I fratelli di Ivan si prepararono per andare al banchetto. Ivan disse:
- Portatemici con voi!
- Ma cosa dici, scemo: vuoi far ridere la gente! Stattene sulla stufa a mangiare i funghi.
I fratelli montarono sui loro bravi cavalli e partirono; Ivan andò a piedi. Arrivò al banchetto e si mise in un angolino. La principessa Bella-Come-Nessuna cominciò a servire gli ospiti. Offriva la coppa di miele e guardava se c'era chi aveva il segno sulla fronte. Così servì tutti gli invitati; si avvicinò poi a Ivan: il cuore le diede un tuffo. Lo guardò e vide che era tutto sporco di fuliggine, e capelli spettinati e irti. La principessa Bella-Come-Nessuna cominciò a chiedergli:
- Chi sei? Di dove sei? Perché hai la fronte fasciata?
- Ho preso una botta.
La principessa gli slegò lo straccio sulla fronte: subito tutto il palazzo si illuminò di luce viva. La principessa gridò:
- Ecco il segno che ho lasciato! Ecco il mio sposo! Lo zar si avvicinò e disse:
- Questo qui è il tuo sposo? Ma se è brutto e sporco di fuliggine!
Ivan allora disse allo zar:
- Posso andare a lavarmi la faccia?
Lo zar glielo permise. Ivan uscì in cortile e gridò come il padre gli aveva insegnato:
«Caval sauro, caval mauro,
Caval di cavalla, caval di cabala,
Pàrati dinanzi a me ricco
Come canna al vento ritto».
Subito, non si sa da dove, apparve correndo di gran camera un cavallo, la terra gli tremava sotto, dalle narici soffiava fiamme, dalle orecchie il fumo a spirale gli usciva. Ivan gli si infilò nell'orecchio destro, uscì da quello sinistro e diventò un giovane così baldo e bello che non с'è favola che tenga né c'è penna che a descriverlo pervenga. Il popolo tutto gridò per la gran meraviglia. Le cose, dopo, non furono lunghe: un allegro banchetto e poi le nozze.
Traduzione di Aldo Canestri
«CAVAL SAURO, CAVAL MAURO…» «СИВКА-БУРКА, ВЕЩАЯ КАУРКА…»
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«L’UCCELLO DI FUOCO» Fiabe russe in italiano Traduzione di Aldo Canestri Illustrazioni di Igor e Ksènja Jershòv Casa Editrice «Progress» Mosca 1976 (Pagine 84) |
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Zarevich
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«ALDO CANESTRI: IL CELEBRE TRADUTTORE RUSSO»
«ЧТО ТАКОЕ ХОРОШО И ЧТО ТАКОЕ ПЛОХО?» «CHE COS’È BENE? E MALE È QUANDO?»
Chi non conosce i versi di Vladimir Majakòvskij (Владимир Маяковский, 1893-1930) scritti per bambini? Uno dei più famosi è «Che cos’è bene? E male è quando?» o l’altra traduzione «Questo è bene e questo è male». Nell’anno 1984 la Casa Editrice di Mosca «Ràduga» («Радуга»), che negi tempi sovietici era specializzata nelle pubblicazioni dei libri degli autori russi nelle lingue straniere, ha tradotto e ha pubblicato un libro con la poesia di Vladimir Majakovskij. La traduzione dal russo all’italiano è stata fatta dal traduttore Aldo Canestri. Le illustrazioni sono di Viktor Kirillov. Aldo Canestri ha tradotto il titolo «Что такое хорошо и что такое плохо?» di Majakovskij un modo seguente: «Questo è bene e questo è male», ma anche usa un’altra traduzione di questa espressione «Che cos’è bene? E male è quando?». Aldo Canestri (Альдо Канестри, 1936-2014), il professore di linguistica all'Università di Mosca, vincitore del premio della fondazione «nuovo millennio», traduttore, giornalista e autore di numerosi dizionari russo-italiano e italiano-russo, membro del progetto «Io parlo russo». L'italiano Aldo Canestri è nato a Mosca, dopodiché con il padre è andato in Italia ed ha vissuto in diversi Paesi. Dopo la morte del padre nel 1953, Aldo Canestri ha fatto ritorno in Russia. Ha lavorato come docente di linguistica presso l'Università di Mosca (ex «Istituto di Lingue Straniere Maurice Thorez»), dal 1962 insegnava italiano. È morto a Mosca nel 2014 all'età di 78 anni. Aldo Canestri, da decenni uno degli italianisti più noti di Mosca. Il noto linguista, filologo, autore di numerosi saggi, libri di testo e dizionari. Ha anche tradotto in italiano una serie delle fiabe popolari russe, il libro «L’Uccello di Fuoco» pubblicato dalla Casa Editrice «Progress» Mosca nel 1976.
Il piccino dal babbo viene = Крошка сын к отцу пришел,
E gli fa interrogando: = И спросила кроха:
- Che cos’è bene? = - Что такое хорошо
E male è quando? = И что такое плохо?
Ciò che ha detto al tuop pupo = У меня секретов нет,-
È un segreto di cui mi libero: = Слушайте, детишки,-
Tutto quel che ho saputo = Папы этого ответ
Ve lo dico in questo libro. = Помещаю в книжке.
- Se la via è ventosa = Если ветер крыши рвёт,
E dalla grandine è scheggiata, = Если град загрохал,
È per tutti una cosa = Каждый знает - это вот
Che fa male alla passeggiata. = Для прогулок плохо.
Se la pioggia non è impicciona = Дождь покапал и прошел.
E sole è intorno = Солнце в целом свете.
È un bene per un piccino = Это - очень хорошо
Come anche per il genitore. = И большим и детям.
Se il viso del nostro giovane = Если сын чернее ночи,
È nero come notte nera = Грязь лежит на рожице,-
Lo sporco non giova, no = Ясно, это плохо очень
Alla sua pelle tenera. = Для ребячьей кожицы.
Se il bimbo ama il sapone = Если мальчик любит мыло
Per ragione d’igiene, = И зубной порошок,
Al dentifricio non s’oppone = Этот мальчик очень милый,
È un bambino che mi va a genio. = Поступает хорошо.
Se un prepotente ometto = Если бьет дрянной драчун
Picchia i deboli, brr = Слабого мальчишку,
Io non ce lo metto = Я такого не хочу
Nel mio libro. = Даже вставить в книжку.
Questo invece grida: - Guai = Этот вот кричит: - Не трожь
A toccare i più spersi! = Тех, кто меньше ростом! -
È un bimbo da guardare, = Этот мальчик так хорош,
Proprio bello a vedersi. = Загляденье просто!
Se hai fatto proprio a pezzi = Если ты порвал подряд
Il libro e la palla che avevi ieri = Книжицу и мячик,
Come vuoi che si apprezzi = Октябрята говорят:
Questa tua cattiveria. = Плоховатый мальчик.
Se il bimbo ama lo studio = Если мальчик любит труд,
Tiene sul libro il ditino, = Тычет в книжку пальчик,
Gli diciamo tu ed io = Про такого пишут тут:
- Sei un bravo e bel bambino. = Он хороший мальчик.
La cornacchia, col becco ad arco, = От вороны карапуз
Fa scappare il bambino. = Убежал, заохав.
Il piccino è un bel codarlo. = Мальчик этот просто трус.
Non è il mio beniamino. = Это очень плохо.
Questo ometto, frugolo = Этот, хоть и сам с вершок,
Affronta l’invitto uccello = Спорит с грозной птицей.
E lo mette in fuga. = Храбрый мальчик, хорошо,
Il corraggio serve nella vita se ce l’ho. = В жизни пригодится.
Questo nel pattume razzola. = Этот в грязь полез и рад.
Sporca camicie decine su decine. = Что грязна рубаха.
Di lui diciamo: Ma che razza = Про такого говорят:
Di sudicione. = Он плохой, неряха.
Questo al lavandino = Этот чистит валенки,
Scarpe, stivali = Моет сам галоши.
Lava uno ad uno. = Он хотя и маленький,
Noi diciamo: - Bravo, tu vali. = Но вполне хороший.
Lo ricordi, ogni piccino: = Помни это каждый сын.
Crescerà un gran maiale = Знай любой ребёнок:
Di ogni piccolo miaialino. = Вырастет из сына cвин,
E questo è un gran male. = Если сын - свинёнок.
Il puppo della risposta è soddisfatto. = Мальчик радостный пошёл,
Ve lo posso confermare. = И решила кроха:
«Farò solo il benfatto. = «Буду делать хорошо,
So come non far male». = И не буду – плохо».
1925
Traduzione dal russo di Aldo Canestri
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«CHE COS’È BENE? E MALE È QUANDO?» |
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«ALDO CANESTRI: IL CELEBRE TRADUTTORE RUSSO»
Aldo Canestri Альдо Канестри
«NUOVO GRANDE DIZIONARIO RUSSO-ITALIANO»
«НОВЫЙ БОЛЬШОЙ РУССКО-ИТАЛЬЯНСКИЙ СЛОВАРЬ»
Casa Editrice «Drofà» Mosca 2011 (Pagine 838)
Издательство «Дрофа» Москва 2011
Il nuovo grande dizionario russo-italiano contiene circa 220.000 parole e frasi con uno sviluppo dettagliato dei significati delle parole, ampia compatibilità e fraseologia. Rispetto ad altri dizionari russo-italiano, questo dizionario è il più moderno e autorevole. Negli ultimi due decenni è apparso un intero strato di nuovo vocabolario, che si riflette nel nuovo dizionario. La terminologia scientifica, sociopolitica, tecnica, medica e sportiva è ampiamente rappresentata. Il principio fondamentale del dizionario era il principio di opportunità educativa e metodologica. L'autore del dizionario ha molti anni di esperienza nell'insegnamento della lingua italiana, che ha permesso, nella selezione delle unità di vocabolario e nell'organizzazione del materiale illustrativo, di tenere conto non solo del quadro reale dell'uso di parole e frasi specifiche in italiano lingua, ma anche eventuali difficoltà nella traduzione dal russo all’italiano. Questo dizionario è uno di quelli «attivi», quindi comprende anche singole unità del vocabolario gergale. Nella preparazione del dizionario, l'autore ha utilizzato le più recenti fonti lessicografiche russe e italiane. Il dizionario è destinato a una vasta gamma di lettori: dagli specialisti nel campo della lingua italiana agli studenti e ai lettori che desiderano migliorare la propria conoscenza della lingua italiana.
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Aldo Canestri «NUOVO GRANDE DIZIONARIO RUSSO-ITALIANO» Casa Editrice «Drofà» Mosca 2011 (Pagine 838) |
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____________ Zarevich
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