Quello che mi ha fatto costernare, che in diverse valle parlano in modo diverso (nello stesso dialetto )....interessante quando 2 bergamaschi non si capiscono
In realtà non è così. Non è vero che due bergamaschi non si capiscono. La questione è che il dialetto bergamasco è sempre stata una lingua solo parlata. E secondo me, siccome è solo una lingua parlata, subisce il condizionamento dei dialetti dei luoghi confinanti. Che penso sia una condizione che tocca anche le lingue ufficiali.
Per esempio la mia città è situata nella bassa bergamasca, vicinissima al confine con le province di Milano e Cremona. La mia città è una versione significativa anche per suoni del bergamasco vero, forse condizionato più dal cremasco (Crema) che non tanto dal milanese, ma è curioso notare come in quasi tutti paesi confinanti ci siano delle differenze dialettali.
Personalmente sono contrario a forzature sui dialetti, con la pretesa di metterli per iscritto, fissando una propria grammatica e insegnarlo nelle scuole. Proprio per quest'ultimo argomento ho avuto uno scambio di opinioni via internet con un cultore di dialetti, Giovanni Polli, che oltre a curare un blog, collabora anche con "la Padania" (vabbè, non discuto le opinioni politiche), proprio su quale potrebbe essere il dialetto da insegnare nelle scuole, in virtù del fatto che nelle scuole ci arrivano studenti provenienti da paesi (inteso come città) diversi.
La soluzione, secondo questo esperto di dialetti, è introdurre, nel caso delle scuole del mio paese, la radice comune cioè il lombardo. Beh, mi chiedo, e allora il bergamasco?
Meglio lasciare i dialetti come lingue parlate, senza fissare regole e limitarne la libertà di trasformarsi come è sempre avvenuto.
Vabbè, opinioni.
A Galgario, a cui piace il Bepi, che è un cantante dialettale ironico-umorista, volevo segnalare invece un cantautore bergamasco un po' più serio (anche se non troppo): Luciano Ravasio.
Innanzitutto un quasi inno della terra bergamasca (Ravasio con il Bepi)
Ah, "L'albero degli zoccoli" di Ermanno Olmi è stato davvero un gran bel filmone, recitato in dialetto e girato nei paesi qui attorno e anche nella mia città, dove Olmi ha vissuto credo fino all'adolescenza.
D'accordo, il film racconta di una storia di fine '800, ma dai racconti dei miei genitori almeno fino all'ultima guerra, la situazione non era poi tanto diversa.
Ogni lingua che oggi si considera tale fino a un certo tempo dev'esser stata un dialetto. Questo vale in linea di massima perlomeno per le lingue europee.
Inoltre, siccome primaria è la lingua parlata, la lingua scritta è secondaria, quindi derivata della lingua parlata, quindi fino a un certo punto deve considerarsi arteficiale. Dev'esserlo non solamente per questo, ma anche per essere compresa, rispetto a un dialetto, da un maggior numero di persone.
Anche l'italiano lo è, e prima che l'usassero i grandi scrittori fu solamente un vernacolo, allorché la lingua scritta era il latino.
Io non ci vedo niente di male ad insegnare i dialetti in iscuola, ad usarli in teatro, alla TV, in rete, dappertutto, a patto che si tenga in considerazione la variazione diatopica (e le altre variazioni) del dialetto. Altrimenti moriranno sotto l'impatto dell'italiano. Qui a Brema conobbi un ragazzo milanese che non parlava il suo dialetto, e mi parve triste.
Oltralpe, in Francia, niente prevalse sui dialetti prima che che si generalizassero la scolarizzazione e il servizio militare.
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