Amalfi e la carta a mano
Inizio da una località a me molto cara(sono originario di queste parti) e certamente a tutti coloro che hanno avuto la fortuna di visitarla insieme agli altri paesi della costiera amalfitana. La sua storia è molto antica ed è legata in modo indissolubile alla storia della marina commerciale, anzi, si può dire che gli amalfitani abbiano dato il via al commercio "moderno" tra le popolazioni del mediterraneo e quelle dell'Africa e dell'est europeo, infatti, nei loro commerci risalirono anche il fiume Dniepr. Amalfi è una città straordinaria, come sospesa tra l'azzurra serenità del cielo e del mare. Amalfi, se si guarda dal porto è racchiusa come nel cavo di una mano.
Una scenografia già unica dove la storia ha fatto in questo luogo da padrona. Ed è proprio la memoria storica che spinge chi visita questo luogo alla ricerca dei fasti di quella Repubblica Marinara che un tempo riusciva a tenere a bada Longobardi e Saraceni.
Una scoperta di Amalfi che voglia andare al di là delle sue più celebrate (e scontate) immagini non può che iniziare dagli ANTICHI ARSENALI, dove venivano costruite le famose galee con oltre cento remi, destinate ai carichi di spezie, profumi, tappeti e stoffe preziose dai mercati d'oriente. Gli Arsenali sono il primo contatto con l'antica realtà della Repubblica. A Palazzo Morelli, sede del Comune, è possibile osservare la Tabula Amalphitana, vale a dire il primo codice di diritto della navigazione fissato ai tempi della Repubblica. Si potranno ammirare anche i famosi "cartoni" di Domenico Morelli, pittore tra i più celebrati nell'Ottocento, dai quali furono ricavati i mosaici che ornano il Duomo.
Il Museo della Carta si Trova ad Amalfi, perla della Divina Costiera, famosa nel mondo, per la sua storia di Repubblica Marinara, per le sue bellezze naturali, per le "creazioni dell'uomo" come lo stupendo Duomo, unico al mondo, i famosi limoni, e ovviamente la Carta a Mano.
La scoperta della carta segnò una delle più fulgide pietre miliari nella storia della civiltà umana; questa scoperta è universalmente attribuita ad un ministro cinese di nome Ts’ai Lun, nel 105 dopo Cristo. Si narra che Ts’ai Lun si trovava sulle rive di uno stagno accanto ad una lavandaia che stava sciacquando nell’acqua alcuni panni piuttosto logori. I panni, mal soffrendo l’azione di strofinio e di sbattitura, si sfilacciavano e le fibrelle galleggianti sull’acqua andavano a riunirsi in una piccola insenatura ai piedi di Ts’ai Lun.
Sul pelo dell’acqua si formò dopo qualche tempo, un velo di fibrelle ben feltrate che Ts’ai Lun osservò, raccolse con delicatezza e pose a seccare sull'erba. Il foglio secco e avente una certa consistenza, bianco, morbido, diede a Ts’ai Lun la grande idea, quel foglio poteva ricevere la scrittura.Il cammino che l’arte di fabbricare la carta compì dal luogo di origine attraverso il mondo, fu relativamente veloce. Mentre verso oriente attraverso la Corea giunse in Giappone nel VI secolo dopo Cristo, verso occidente giunse in Arabia e si affacciò al Mediterraneo.La nuova arte per le sue peculiari qualità ebbe successo e nel volgere di poco tempo sostituì la lavorazione del papiro.
La materia originariamente utilizzata per la produzione della carta cioè il gelso, fu sostituita dal bambù con opportuni trattamenti. Furono poi adoperati il lino, la canapa, i cenci. Ciascun cartaio aveva i suoi procedimenti, le sue, formule, i suoi segreti. Ma non solo il cartaio coadiuvato generalmente dal suo nucleo familiare, era l’artefice di questa lavorazione; anche il letterato, lo scrittore, il copista, e il pubblico scrivano si fabbricavano da sé la carta, tanto era divulgato il procedimento e semplici gli arnesi per la realizzazione. In pratica infatti il procedimento era rimasto tale e quale i Cinesi l’avevano tramandato. Spetta alle popolazioni italiane il merito di aver compiuto i primi passi verso una produzione per così dire più industriale. Molte operazioni puramente manuali furono meccanizzate, sia pure con i mezzi rudimentali allora conosciuti, a vantaggio della produzione e dei costi. Tra i primi centri dove si scoprì nel XII e XIII secolo l’esistenza della carta, se si vogliono dare per scontate le notizie contenute negli atti notarili che parlano dell’esistenza di prodotti cartacei, pur non specificando se questi venivano importati da altri posti e commerciati nelle sopra menzionate località, vi furono i territori delle Repubbliche Marinare; Amalfi, Pisa, Genova e Venezia che avevano fondachi sia in Siria, sia sulle coste della Palestina, ove erano appunto situati i maggiori centri per la produzione di carta.
Queste Repubbliche, inoltre, intrattenevano intensi rapporti commerciali con l’oriente e avrebbero potuto imparare dagli orientali l’arte di fabbricare carta senza troppe difficoltà, oppure non è da escludere che a bordo delle “galee”, che in epoca medievale facevano la spola tra le nostre coste e la Terra Santa per trasportare crociati e mercanzie, si siano imbarcati “Magistri in arte cartarum” i quali come mano d’opera specializzata abbiano introdotto tale tipo di lavorazione. Amalfi la più antica delle repubbliche marinare già nel IX secolo aveva propri fondachi sia a Palermo che a Messina e a Siracusa, ove l’amalfitania è ancora oggi presente nella toponomastica locale. Annosa resta la questione sul primato della carta in Italia e quindi in Europa ed a contenderselo sono principalmente Amalfi e Fabriano. A sostegno della tesi che vuole Amalfi come la prima città ad aver introdotto tale tipo di lavorazione si schierano autorevoli storici come Matteo Camera il quale nel volume “Istoria della Città e Costiera di Amalfi” scriveva “Egli è indubitato che la manifattura della carta da scrivere, sia di papiro o della così detta bambagina, risale al XIII secolo fra noi; ed essa fu lungamente una delle principali industrie di Amalfi.”
Senza voler entrare nel merito di una così nobile contesa quello che è importante sapere è che ad Amalfi si sviluppò una vera e propria industria cartaria che vide in breve tempo nascere e svilupparsi innumerevoli cartiere che hanno contribuito a rendere questo paese famoso in tutto il mondo per la sua pregiata produzione cartaria. La maggior parte delle Cartiere furono impiantate lungo la Valle dei Mulini.
La suggestiva valle è stata descritta e decantata da scrittori, come Henry Longfllow, e ritratta da artisti di ogni tempo, come l'Amalfitano Pietro Scoppetta, il cui acquerello si ammira nel museo di Capodimonte di Napoli. Questa la descrizione che ne dava ai primi dell'ottocento lo scrittore Karl Friedrich: "Condutture di acqua sorgono lungo il pendio sotto la roccia che inarca come una grotta, o sono aderenti alla parete della roccia.
I letti dei fiumi sono spesso coperti da larghi pergolati di viti. All'ultimo angolo la valle sembra essere chiusa da un edificio a più piani di una fabbrica, dove si produce la carta". Attraverso questa valle scorre il fiume Canneto, sorgente dai monti Lattari, che attraverso una serie di canali sotterranei che corrono parallelamente ma distintamente al corso naturale del fiume costituiva la forza motrice dei macchinari necessari per la produzione della carta.
All’epoca della formazione del catasto onciario, che costituisce la più interessante e in pari tempo, almeno finora, la più completa documentazione per il 1700, erano in attività nel centro cittadino 11 cartiere della capacità di 83 pile (vasca di pietra in cui si pestavano i cenci per farne carta). Alcune di esse erano dei grandi complessi, con “spandituri” (locali con ampie finestre e numerose fenditure, adibiti all’essiccamento della carta disposta su filari longitudinali); altre invece di più modeste dimensioni.La materia prima impiegata per la produzione di carta erano gli stracci, che oltre ad essere raccolti nelle strade delle contrade limitrofe ad Amalfi, veniva anche da fuori.
Si ha notizia di numerosi carichi provenienti dalla capitale di “roba straccia”, “pezza bianca” ed altro, che all’atto dell’immissione erano soggetti al pagamento di 5 grani a cantaro o di 5 tornesi, se provenienti dalla capitale, a titolo di “ius peso e mezzo peso” alla dogana baronale di Amalfi.
Le cartiere per la loro ubicazione erano soggette ai danni delle alluvioni nei mesi piovosi, e alla mancanza di acqua in quelli di siccità. Nel primo caso, l’acqua con cui lavoravano si accompagnava a detriti; nel secondo, la scarsa quantità di acqua non era sufficiente “a battere tutte le pile” e quindi era necessaria una turnazione. Le complesse e gravi vicissitudini storico – politico – sociali e soprattutto l’industrializzazione diedero un fortissimo colpo a questa, come alle altre piccole industrie amalfitane, che non poterono stare al passo dei tempi.
Al lento, ma progressivo declino influirono diverse cause: la ubicazione della Valle dei Mulini, suggestiva quanto mai, ma aspra e ristretta e, quindi, mancante di facili vie di comunicazione, mediante un reticolato stradale o ferroviario con i grandi centri; la difficoltà di approvvigionamento delle materie prime e dello smercio del prodotto, non competitivo con quello di altre più moderne ed attrezzate industrie; la mancanza di acque abbondanti dei fiumi a regime costante, fattore questo dominante per l’alimentazione delle fabbriche e il mancato ammodernamento delle attrezzature. Queste deprimenti cause costrinsero diverse cartiere a smettere il lavoro.
Dello stato molto critico e difficile, si fecero interpreti alcuni lavoratori con una supplica al Re per implorare aiuto. Egli rispondeva in questi termini: “Le lacrime dei nostri figli, proprio della bassa gente…..giungono ormai a Noi….Le tante macchine che l’uomo usurpatore e perspicace ha saputo inventare e ne inventa tutto dì, sono quelle che tolgono pane dalla bocca dei nostri fedeli sudditi nell’intero Regno …”.
Nonostante tante difficoltà, i cartai amalfitani, impiegando spirito di sacrificio, tenace volontà e laboriosità, continuarono la produzione in virtù soprattutto della tradizione. generazione in generazione, da padre in figlio, conservando sempre quella intraprendenza insita nel loro carattere. L’ultimo e tremendo colpo al tracollo dell’industria cartaria fu la catastrofica alluvione del novembre 1954. Essa distrusse la maggior parte delle cartiere.Delle sedici ancora in attività all’epoca della catastrofe ad Amalfi, ne rimasero soltanto tre. Quella di Amalfi non è stata, né poteva essere una media o grande industria; ma ha avuto sin dalle origini, il carattere di artigianato, come in altri campi, di una industria per lo più familiare e proprio questo è vanto e maggior titolo dei cartai di ieri e oggi. Si ha notizia di numerosi carichi provenienti dalla capitale di “roba straccia”, “pezza bianca” ed altro, che all’atto dell’immissione erano soggetti al pagamento di 5 grani a cantaro o di 5 tornesi, se provenienti dalla capitale, a titolo di “ius peso e mezzo peso” alla dogana baronale di Amalfi.
Le cartiere per la loro ubicazione erano soggette ai danni delle alluvioni nei mesi piovosi, e alla mancanza di acqua in quelli di siccità. Nel primo caso, l’acqua con cui lavoravano si accompagnava a detriti; nel secondo, la scarsa quantità di acqua non era sufficiente “a battere tutte le pile” e quindi era necessaria una turnazione. Le complesse e gravi vicissitudini storico – politico – sociali e soprattutto l’industrializzazione diedero un fortissimo colpo a questa, come alle altre piccole industrie amalfitane, che non poterono stare al passo dei tempi.
Direttore del museo Avv. Emilio De Simone
Orari di apertura
Dal 1/3 al 31/10
il museo è aperto dalle 10.00 alle 18.30
orario continuato - Domenica inclusa
Dal 01/11 al 28/02
il museo è aperto dalle 10.00 alle 15.30
orario continuato - Lunedì chiuso
Il Museo della Carta si trova ad Amalfi in via Delle Cartiere, 24.tel. 089 8304561
fax 178 222 4013 - 089 872 235
o contattare il direttore del museo all'indirizzo:
Oggetto: Amalfi
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