«АННА АХМАТОВА: РУССКАЯ ПОЭТЕССА»
Strinsi le mani sotto il velo oscuro...
(Da Sera)
Strinsi le mani sotto il velo oscuro...
“Perché oggi sei pallida?”
Perché d’agra tristezza
l’ho abbeverato fino ad ubriacarlo.
Come dimenticare? Uscì vacillando,
sulla bocca una smorfia di dolore...
Corsi senza sfiorare la ringhiera,
corsi dietro di lui fino al portone.
Soffocando, gridai: “E’ stato tutto
uno scherzo. Muoio se te ne vai”.
Lui sorrise calmo, crudele
e mi disse: “Non startene al vento.”
1911
La porta è socchiusa (Da Sera)
La porta è socchiusa,
dolce respiro dei tigli...
Sul tavolo, dimenticati,
un frustino ed un guanto.
Giallo cerchio del lume...
Tendo l’orecchio ai fruscii.
Perché sei andato via?
Non comprendo...
Luminoso e lieto
domani sarà il mattino.
Questa vita è stupenda,
sii dunque saggio, cuore.
Tu sei prostrato, batti
più sordo, più a rilento...
Sai, ho letto
che le anime sono immortali.
1911
Ah, tu pensavi che anch’io fossi una
(Da Anno Domini)
Ah, tu pensavi che anch’io fossi una
che si possa dimenticare
e che si butti, pregando e piangendo,
sotto gli zoccoli di un baio.
O prenda a chiedere alle maghe
radichette nell’acqua incantata,
e ti invii il regalo terribile
di un fazzoletto odoroso e fatale.
Sii maledetto. Non sfiorerò con gemiti
o sguardi l’anima dannata,
ma ti giuro sul paradiso,
sull’icona miracolosa
e sull’ebbrezza delle nostre notti ardenti:
mai più tornerò da te.
1921
A molti (Da Anno Domini)
Io sono la vostra voce, il calore del vostro fiato,
il riflesso del vostro volto,
i vani palpiti di vane ali...
fa lo stesso, sino alla fine io sto con voi.
Ecco perché amate così cúpidi
me, nel mio peccato e nel mio male,
perché affidaste a me ciecamente
il migliore dei vostri figli;
perché nemmeno chiedeste di lui,
mai, e la mia casa vuota per sempre
velaste di fumose lodi.
E dicono: non ci si può fondere più strettamente,
non si può amare più perdutamente...
Come vuole l’ombra staccarsi dal corpo,
come vuole la carne separarsi dall’anima,
così io adesso voglio essere scordata.
1922
Chi era veramente Anna Achmàtova? Come ha fatto questa donna "scandalosa", la più grande poetessa del '900, ad attraversare persecuzioni e minacce, silenzi e scomuniche ufficiali? E quali rapporti Anna Achmàtova ha avuto con gli altri protagonisti "maledetti" della letteratura del suo paese (Pasternak, Blok, Tsvetaeva)?
Uno straordinario diario di 30 anni, scritto segretamente dalla sua più cara amica, Lidia Chukovskaya, ha dato luce a questo mondo segreto e sconosciuto di rivalità e solidarietà private, all'angoscia, ma anche alla leggerezza e al pettegolezzo di un'epoca terribile.
Il diario di Lidia Chukovskaya inizia con la sua prima visita ad Anna Achmàtova il 10 novembre 1938 e termina il 29 dicembre 1962. Si compone di due parti: la prima, 1938-1952, è stata pubblicata in lingua russa, ma solo a Parigi, almeno fino ad un po' di anni fa; la seconda (insieme alla prima) è stata tradotta per la prima volta in francese dall'editore Albin Michel. Tutte e due le parti erano allora, cioè circa 30 anni fa, sconosciute in URSS. A quell'epoca Lidia Chukovskaya viveva a Mosca, quasi cieca, espulsa da tutte le organizzazioni ufficiali e tenuta a bada come una pericolosa minaccia per lo Stato sovietico.
Personaggi principali
Lidia Korneevna Chukovskaya: 1907-1996. Figlia del grande critico Kornej Chukovskij. Intima amica di Anna Achmàtova. Suo marito, Matvej Bronstein, venne fucilato nel 1938.
Anna Andreevna Achmàtova - pseudonimo di Anna Andreevna Gorienko: 1889-1966. La più grande poetessa russa del secolo, "Anna di tutte le Russie". Perseguitata dal potere sovietico e condannata pubblicamente nel 1924 e soprattutto nel 1946 da Zdanov. I suoi libri erano fino a non troppo tempo fa ancora parzialmente inediti in Russia.
Nikolaj Goumilev: 1886-1921. Poeta animatore della scuola acmeista, primo marito della Achmàtova. Fucilato nel 1921.
Lev Goumilev (Liova): Figlio di Anna Achmàtova e di Nikolaj Goumilev. Arrestato nel 1934. Liberato definitivamente nel 1956.
Nikolaj Pounin: 1883-1953. Terzo marito di Anna Achmàtova. Morto in un campo.
Vladimir Guerguievitvh: Intimo amico di Anna Achmàtova.
Boris Pasternak: 1890-1960. Poeta russo. Nel 1958 ricevette il premio Nobel per il romanzo "Il dottor Zivago", respinto dalle case editrici russe e pubblicato in Italia. Da quel momento, fu perseguitato fino alla morte.
Zinaida Pasternak: Moglie di Boris Pasternak.
Olga Ivinskaja: Amante di Boris Pasternak.
Aleksandr Blok: 1880-1921. Uno dei più grandi poeti russi.
Liuba Blok: Moglie di Blok e figlia del chimico Mendeleev.
Vsevolod Meyerhold: 1874-1940. Celebre regista e direttore di teatro. Arrestato nel 1939. Morto in prigione un anno dopo.
Marina Tsvetaeva: 1892-1941. Poetessa russa. In volontario esilio nel 1922. Torna in Russia nel 1939. Due anni dopo si suicida.
UNA VESTAGLIA DI SETA NERA
10 novembre 1938
Ieri sono andata da Anna Andreevna "pour affaire". Non avrei mai pensato che proprio io, che sin da piccola sapevo i suoi versi a memoria e collezionavo i suoi ritratti, un giorno sarei andata da lei.
Quando avevo tredici anni, un giorno, mio padre mi aveva portato a trovarla, e lei mi aveva dedicato il suo poema "Sulla riva del mare". Non avevo avuto il coraggio di alzare gli occhi, perché entrando mio padre aveva detto: "Lidia dice che se la si compara alla rivista, qui c'è un verso che manca". Quel "Lidia dice" mi aveva ucciso.
In seguito (a meno che non fosse prima), l'ho vista alla Casa degli Scrittori dove c'era stata una serata in onore di Blok. Aveva recitato "Si festeggia oggi la Vergine di Smolensk" ed era partita subito. Il suo portamento maestoso, il suo scialle azzurro, la sua andatura, il suo sguardo lontano, la sua voce, tutto mi aveva scosso profondamente. Impossibile credere che quella donna avesse la nostra stessa essenza. Dopo la sua partenza avevo provato con particolare acutezza il "segreto male della separazione", ma per nulla almondo avrei acconsentito ad avvicinarla.
L'ho incontrata ancora ad Olguino su una strada diritta piena di alberi che va dalla stazione al mare. (Che sia forse a Lakhta?) Passeggiava in compagnia di una signora dai lunghi capelli. (Solo più tardi indovinai che si trattava di Olga Soudeikina). Salutando Anna Andreevna mi sono vergognata più del solito di me stessa, della mia goffaggine, della mia schiena curva.
La strada era diritta come una corda e io pensai, guardandole allontanarsi, che sarebbe stato più facile rendere la loro fugace apparizione con una frase musicale...
Ieri sono andata da Anna Andreevna "pour affaire".
Attraversando la Casa della Scienza ricreativa, (che stupido nome!), sono entrata nel giardino. I rami degli alberi sembravano nascere da suoi versi o da versi di Pushkin. Ho salito una scala nera, pericolosa, di un'altra epoca, in cui ogni passo ne valeva tre. Anche la scala aveva qualche punto in comune con lei, ma dopo!... Al mio suono ha aperto una donna, le mani coperte di muschio. Questo muschio, il deplorevole stato di quell'ingresso in cui la tappezzeria era a brandelli, tutto ciò mi prendeva alla sprovvista. La donna mi guidava. In cucina della biancheria appesa, qualcosa di bagnato che spruzzava le gote. Questa biancheria bagnata, era come l'apice di una sordida storia, alla Dostojevskij. Un piccolo corridoio dopo la cucina e una porta a sinistra: la sua.
Indossa una vestaglia di seta nera, un dragone d'argento ricamato sulla schiena.
"PASTERNAK TESSE UN CATTIVO COTONE"
6 maggio 1940
.....
E' eccitata, tesa. Ha voglia di parlare. Parliamo di Dostojevskij.
- Ho riletto recentemente l'Idiota, l'Adolescente e Umiliati e offesi. Avete ragione, l'Idiota è il migliore di tutti. E' un romanzo sorprendente. Sapete cosa ho notato? Non avete mai pensato ai piccoli vecchi di Dostojevskij? Questi piccoli vecchi profumati, cortesi, saltellanti, che sbattono i talloni e scimmiottano i francesi e, nella loro ingenuità, si innamorano per un si o per un no? Ho capito che erano tutti dei sopravvissuti dell'epoca puskiniana e che Dostojevskij li dipingeva come li voleva la sua generazione.
Le domando di Mosca e di Boris Pasternak.
- Tesse un cattivo cotone... Non scrive più, occupato come è a tradurre i versi degli altri. Niente falcia più l'ispirazione personale che tradurre gli altri. Prendete Locinskij, ha cominciato a tradurre e ha finito di scrivere... Ma la grande sfortuna di Pasternak è un'altra: il suo ménage... Fa orribilmente pietà... Zinaida passa giornate intere a giocare a carte come un'invasata. Il loro figlio Lionia è abbandonato a se stesso. Tutti sapevano fin dall'inizio che lei era rozza e volgare, ma lui non vedeva niente, era troppo innamorato. Dato che lei non aveva nulla per cui estasiarsi, si estasiava vedendola lavare i pavimenti... e ora vede tutto, capisce tutto e dice di lei delle cose terribili.
Se me lo avesse detto a quattr'occhi, non le avrei ripetute a nessuno, ma le ha dette in presenza di Nina Ardova che conosce appena. Non osavamo guardarci tanto eravamo imbarazzate. "E' una tempesta domestica che è arrivata fino dal parrucchiere e si è gonfiata di trivialità". Ben detto, non è vero? E ancora: "Se almeno ella avesse qualcosa che la facesse uscire dall'ordinario, sapete, come un hangar da mostrare agli stranieri: Ecco, guardate lo spaventoso hangar che abbiamo" - Come l'ho avuto io ad esempio (indica con il dito il muro dietro il quale abita Pounin) - ma no, lei è ordinaria, incorreggibilmente ordinaria". Lui capisce tutto, ma non partirà, questo è certo. A causa del figlio. Inoltre appartiene a quella razza di uomini scrupolosi che non possono divorziare due volte. Credete che si possa lavorare tranquillamente in una tale atmosfera? Fianco a fianco con la volgarità? La miseria non ha ancora mai ostacolato nessuno. Neanche la sfortuna. Rembrandt ha dipinto tutte le sue opere migliori negli ultimi anni della sua vita, dopo aver perduto tutti i suoi, sua moglie, suo figlio, sua madre... No, la sfortuna non impedisce di lavorare. Ma una donna come questa Zinaida è la fine di tutto.
LA MOGLIE DI BLOK
19 agosto 1940
.....
Quindi senza la minima interruzione parla di Blok e di sua moglie Liuba.
- Che vita spaventosa hanno avuto! E' apparso chiaro dopo la pubblicazione del suo diario, ma si capiva già da prima. Vero e proprio guignol, non c'è altra definizione. Lui che ha avventure su avventure. Lei che, ad ogni piè sospinto, afferra le valigie e scompare con il suo amichetto del momento... Solo nell'appartamento, lui morde il freno, vede nero e scrive sul suo diario: "Liuba!", "Liuba!". Lei ritorna, lui è felice, cosa che non gli impedisce si avere subito un'avventura con Delmas. E così tutto il tempo. Perché non divorziare? Forse lei avrebbe avuto una semplice felicità di donna... No, io sono proprio per il divorzio, ha concluso con un'aria che la diceva lunga.
Domando se Liuba Blok era bella.
- Non ci pensate Lidia Korneevna! Non solo non era bella, era spaventosa! L'ho conosciuta quando aveva già trent'anni. La cosa più notevole in lei era la sua schiena larga e curva come di più non si può. E la sua voce da basso. E i suoi piedi e le sue mani, grandi, spesse. Era spiacevole, cattiva, come fosse spezzata interiormente... Ma Blok non ha mai smesso di vedere in lei la fanciulla di cui si era innamorato... E l'amava... Del restonel suo diario pare che ci siano delle cose terribili su di lei; Orlov non le ha stampate, me lo ha detto qualcuno che ha letto il manoscritto... Ho visto Delmas proprio durante il loro legame, alla Casa dell'Esercito e della Flotta dove ci esibivamo tutti e due. Buona, simpatica, ma non intelligente. Russa, con lentiggini e un viso piatto piuttosto laido, ma aveva un corpo rigoglioso e delle belle spalle... (Chiaramente aveva un debole per le donne prosperose). La più seducente era Valentina Chtchegolaeva; eravamo molto legate; non era proprio bella, ma aveva un grande charme... Volokhova aveva dei magnifici occhi neri... Le lettere d'amore di Blok erano molto generose: Valentina me ne ha fatta vedere una: "Tutto ciò che resta della mia giovinezza è per te..."
Le faccio notare che molti dei versi d'amore di Blok hanno questo di terribile, che l'amore ne è completamente assente (se per amore si intende bontà e tenerezza); la radice stessa della parola, la base stessa in cui si perdono. "Ho voglia di offenderti". Questa tentazione non ha nulla a che vedere con l'amore.
- Si, senza dubbio, annuisce Anna Andreevna. Voi ricordate "Di nuovo lei mi ha detto che ero inumano". E questa assenza d'amore di cui voi parlate è più visibile nella "Maschera di neve"... Lì l'effetto è veramente stridente... Credo che Blok in linea generale non avesse nessun rispetto per le donne. Io non ho mai avuto neanche l'ombra di un romanzo con Blok (sono molto sopresa; avevo sempre pensato che il "mio celebre contemporaneo" fosse lui), ma per caso conosco qualcosa delle sue faccende di cuore... Due donne, in epoche differenti, mi hanno raccontato le loro storie con lui, che in effetti è un'unica stessa storia... Tutte e due erano giovani e belle... Una era andata da lui, tardi, nell'appartamento deserto... L'altra era al cabaret del "Cane errante"... Tutte e due appartenevano alla razza delle seduttrici... E lui, all'ultimo minuto le ha respinte: "Mio Dio... Già l'alba... addio... addio"
- "Secondo me queste storie sono piuttosto a sfavore loro" - dico io.
- Si, certo... Ma a forza di frequentare questo genere di dame aveva cominciato a pensare male di tutte.
Comincio a esporle la teoria sulla necessità del divorzio a cui tengo tanto.
Anna Andreevna è del mio parere ma ha qualche riserva.
- Abbiamo vissuto sette anni insieme, Goumilev ed io. Sentiamo dell'amicizia l'uno per l'altro e intellettualmente ci dobbiamo molto. Ma io gli ho detto che ci dovevamo separare. Non ha fatto nessuna opposizione, ma ho visto che era molto offeso. In quella poesia su una foresta che vi ho letto è di me che si tratta. In quel periodo lui era appena ritornato da Parigi dopo il suo amore infelice per la "Stella blu". Era tutto pieno di lei eppure il mio desiderio di separarmi lo ha ferito... Eravamo andati insieme a Bejetsk a vedere Liova che era dalla nonna, eravamo seduti sul divano con nostro figlio che giocava tra noi due. Goumilev ha detto: "Mi domando perché hai tramato tutto questo" Nient'altro... Riconoscerete che da questo non si può ricavare molto, aggiunge tristemente, è poco, vero? ... E dopo un silenzio: credo che siamo stati fidanzati troppo a lungo, io a Sebastopoli e lui a Parigi. Quando ci siamo sposati, nel 1910, lui aveva già perduto il suo entusiasmo.
Non dissi niente e lei, spegnendo la sigaretta, riprende:
- E' strano che sia rimasta così a lungo con Pounin dopo che tutto era finito, vero? Ma ero in un tale stato di abbattimento che non avevo la forza di partire. Ero in un pessimo stato; per tredici anni non ho scritto versi, vi rendete conto, tredici anni! Ho cercato di partire nel 1930. Sr. (Sreznevskij?) mi aveva promesso una camera, ma Pounin è andato a vederlo e gli ha detto che per lui la mia partenza era una questione di vita o di morte... Sr. lo ha creduto, ha avuto paura, e non mi ha dato la stanza. Voi potete immaginare quanto fosse volgare... nel periodo di tutti i suoi... i suoi flirts. Quello che vuole è dimostrare in ogni istante quanto si annoia con voi. Sta seduto, fa un solitario e ripete ogni due minuti: "Oh Signore, quanto mi annoio... Ah che noia!"...Per un anno intero ho cercato di fare marcia indietro e lui non ha visto niente... E sapete com'è accaduta, la rottura? Di fronte a lui ho domandato ad Anna Evguenievna: "Possiamo scambiarci le nostre stanze?" Lei nondomandava di meglio e abbiamo cominciato la divisione dei nostri beni minuti. Lui non ha detto nulla, poi quando ci siamo trovati soli un minuto, ha pronunciato la seguente frase: "Mi avreste dovuto accordare almeno un altro piccolo anno".
Si è messa a ridere e io anche. Rideva con leggerezza, senza risentimento. Come se non avesse parlato né di lui né di se stessa.
- Quindi lui ha detto: "Manterrà il ricordo della figlia dell zar", ed è uscito dalla stanza. Questo è stato tutto. Riconoscerete che anche lassù non è possibile costruire grandi cose... Da allora non ho più pensato a lui una sola volta. Quando ci incontriamo, parliamo delle ultime notizie, del tempo che fa, di fiammiferi, ma lui, lui mi è completamente uscito dalla testa.
(Qui mi sento obbligata ad anticipare un po' di fatti: durante la guerra, a Taskent, dove era evacuata, Anna Andreevna aveva ricevuto, nella primavera del 1942, una lunga lettera di pentimento di Nikolaj Pounin, evacuato a Samarcanda con l'Accademia delle Arti. Lei gli rispose e gli accordò il perdono).
Dopo l'arresto di Pounin nel 1949 e la sua morte in prigione nel 1953, Anna Andreevna gli spedì questi quattro versi:
E quel cuore più non risponderà
alla mia voce, esultante e afflitto.
Tutto è finito... E il mio canto risuona
nella notte vuota, ove più tu non sei.
STALIN E' MORTO, NOI SIAMO ANCORA VIVE
Il dicembre 1955. Mosca.
L'altro ieri sera sono andata a trovare Anna Andreevna. Emma Guerstein guardava la televisione nella sala da pranzo e così siamo rimaste sole a lungo. Anna Andreevna mi ha accolto con le ultime novità. Lev Kvitk è stato riabilitato. A titolo postumo. Vsevolod Meyerhold è stato riabilitato. A titolo postumo. Non oso interrogarla su Liova, ma lei stessa aggiunge: "Per Liova si mette male".
Poi mi domanda se mi sto occupando della riabilitazione di mio marito. Sì, me ne occupo, anche se non ne no hotroppa voglia. Non è lui quello che dovrebbe giustificarsi, ma quelli che l'hanno ucciso. Ai miei occhi, agli occhi di tutte le persone oneste, lui non è colpevole di niente. L'hanno fucilato così, tanto per fare numero. Io farei volentieri a meno di questa riabilitazione, ma purtroppo senza di essa non sarà possibile risuscitare i suoi libri. Ma non andrò io all'ufficio per i condannati - lo stesso di 17 anni fa! - Non ne ho la forza e ho passato la pratica a un giurista che conosco. Gli hanno promesso che gli faranno sapere il numero del dossier in sei settimane. Una volta conosciuto questo numero, la Procura comincerà la revisione del caso. "Il numero del dossier in sei settimane!", ripete Anna Andreevna. Capite cosa vuol dire? Quanti numeri hanno? Quanti dossier sono catalogati? Milioni. Decine di milioni. Se si mettessero uno sull'altro coprirebbero la distanza tra la Terra e la luna.
Dico che l'esame di ciascuno di questi dossier mi sembra un'impresa idiota. Non bisogna dimenticare che nel 1937 e nel 1938 non c'era, per così dire, un solo episodio individuale: si sterminava la popolazione per fasce intere, una volta tutti i direttori, un'altra i primi e i secondi segretari dei comitati di partito, e poi i finlandesi della periferia di Leningrado, le persone di origine polacca, tutti quelli che s'erano battuti in Spagna, i lustrascarpe, i sordomuti, quelli che avevano familiari all'estero o avevano vissuto all'estero. Naturalmente questo programma ben ordinato non veniva realizzato senza una certa confusione: lo stesso abisso ingoiava quelli che avevano avuto la sventura di irritare i loro superiori gerarchici e i loro vicini nell'appartamento comunitario. L'ora era favorevole ai regolamenti di conti personali. Tanto, alle persone arrestate, l'ufficio per fabbricare i "nemici del popolo" rimproverava invariabilmente gli stessi delitti: sabotaggio, spionaggio, terrorismo, propaganda antisovietica.
Quale senso ha dunque revisionare ogni "affare" particolare? Quello che servirebbe sarebbe inviare urgentemente nei campi, medici, medicine, vestiti caldi e con i treni, gli aerei, le navi, far tornare tutti quelli ancora vivi. E poi riabilitare, in un unico proclama, tutti, uomini e donne, vivi e morti, o meglio denunciare l'istituzione stessa che ha fabbricato i "nemici del popolo". Perché se divenisse chiaro il metodo e la scala di questa produzione industriale, non sarebbe più necessario studiare i singoli casi particolari. Ma queste ricerche, fatte con grande serietà, di numeri, di cartelle, di dossier, che assurdità!
Anna Andreevna mi ha ascoltato tranquillamente, senza mostrare impazienza. Poi prende la parola a sua volta con un calcolato distacco.
"I vostri ragionamenti sono giusti" dice "ma mancano di lucidità. Voi volete credere che tutti sono felici quanto voi del ritorno e delle riabilitazioni, che tutti non hanno che un desiderio: veder tornare quelli che sono laggiù. Ma vi sbagliate. Non è difficile capire che se le vittime si calcolano a milioni, i responsabili di queste morti non sono in numero meno grande. E ora stanno tremando per i loro nomi, i loro posti, i loro appartamenti, le loro dacie. Il calcolo è semplice: di là è meglio che non torni nessuno. E voi vorreste che inviassero aerei, treni! Siete un bel tipo. Ritrovarsi faccia a faccia con il proprio misfatto? Mai!"
Tre versi del Requiem mi sono tornati alla memoria:
No, non sono io, è qualcun altro che soffre.
Io non potrei esser così, ma quel che è successo
Neri drappi lo ricoprano,
E portino via le lanterne...
notte
"Eppure, rispondo, le lanterne si accendono. Stalin è morto, morto realmente, noi siamo vissute fino a vederlo, e Beria è stato giustiziato. E migliaia di persone sono già rientrate. E liova ritornerà.
Anna Andreevna non risponde niente e cambia argomento.
I FUNERALI DI BORIS PASTERNAK
2 giugno 1960. Peredelkino.
Angoscia, fatica, calore. Uno spiegamento di poliziotti in borghese. Dei vigili che obbligano la gente a uscire dalle macchine per andare a piedi e spingono poi le vetture nella nostra strada. Voronkov ha fatto personalmente un giro d'ispezione nel villaggio affidato a lui. Alcuni stranieri che crepano di curiosità sono arrampicati con i loro apparecchi fotografici dui recinti e sugli alberi. Uno strano sentimento di trionfo e di vittoria impregna la scena.
La vittoria di chi? L'ignoro. Forse quella della poesia? Della poesia russa? Del legame indissolubile che ci unisce a Pasternak?
Sulla sua tomba nessuno ha pronunciato le parole che la folla, i pini, i campi avevano sete di ascoltare. Ma gli studenti hanno recitato le sue poesie fino al calar delle tenebre. Ecco senza dubbio la maniera migliore di rendergli omaggio.
La folla è inquinata di agenti del KGB.
UScendo mi sono appoggiata su delle travi abbandonate ai pidi della scalinata di destra, con un solo pensiero: non sprofondare, restare in piedi.
Appoggiata alle mie travi scruto i visi. Si chiacchiera poco, la folla è attenta. Frida Vigdorova mi bbisbiglia all'orecchio che il giorno dopo la morte di Pasternak un annuncio manoscritto è stato attaccato alla stazione di Kiev e a Mosca: "Cittadini, il grande poeta russo, Boris Pasternak, è deceduto ieri. I funerali avranno luogo a Peredelkino il 2 giugno alle 14".
L'annuncio è stato staccato. E' riapparso, è stato di nuovo staccato, è riapparso di nuovo.
Frida si allontana. La notizia che mi ha dato mi conforta. Dietro di me una voce sconosciuta mormora:
- L'ultimo grande poeta russo è morto.
- No, ne resta un altro.
Aspetto, il cuore che mi batte, senza voltarmi.
- Anna Achmatova.
(Potrò sopravvivere a quel giorno?)
Lidia Chukovskaya