Oggetto: «GIUSEPPE TADDEI: IL BARITONO ITALIANO»
Anche se non strettamente legata ai rapporti culturali volevo segnalare la notizia della scomparsa di uno dei più grandi cantanti lirici italiani del novecento, il baritono Giuseppe Taddei. Aggiungo un ricordo da me scritto:

La notizia d’un inatteso lutto ha reso triste questo giorno di festa per tutti coloro che amano il canto, il teatro, l’arte. Ci ha lasciato un altro simbolo dell’arte lirica italiana, un’artista straordinario protagonista di una delle più gloriose stagioni della storia della lirica, il baritono Giuseppe Taddei, spentosi nella sua casa romana a pochi giorni dal compimento del novantaquattresimo compleanno.
Nato a Genova il 26 giugno 1916 mostrò precocemente una naturale predisposizione per il canto cominciando ad appena dieci anni gli studi musicali. Nel 1934 vince un concorso indetto dall’Opera di Roma e debutta lo stesso anno come Araldo nel “Lohengrin” sotto la direzione di Tullio Serafin.
Inviato nel 1943 sul fronte greco mostra scarso entusiasmo per l’impegno bellico al limite della diserzione e dopo l’8 settembre rifiutando di passare alla repubblica di Salò è fatto prigioniero dai tedeschi ed internato in un campo di concentramento. Liberato dal campo entra nello “Special Service” americano, l’ente che organizza spettacoli per le truppe statunitensi in Europa. Durante questi viaggi giunge a Salisburgo dove incontra per la prima volta Herbert von Karajan con il quale si crea subito una particolare intesa artistica.
Con il ritorno della pace in Europa la sua carriere prende finalmente il meritato slancio, nel 1948 debutta alla Scala, al San Carlo e a Salisburgo; nel 1949 incide il primo disco da protagonista come Gianni Schicchi con la direzione di Simonetto -e Taddei comincia a comparire con frequenza sui maggiori palcoscenici. Nei primi anni 50 partecipa con frequenza alle tournée messicane al fianco di Maria Callas che lo rivelano a livello internazionale.
Fin da quei primi anni di grande carriera internazionale Taddei esibisce quelle che saranno sempre le sue caratteristiche essenziali: voce splendida, di magnifico colore, calda e vellutata, omogenea in tutti i registri, perfetta espressione della miglior scuola baritonale italiana cui si aggiungevano innate e straordinarie doti interpretative che fondevano una mercuriale fantasia di accenti, inflessioni, stilemi espressivi vocali ed una recitazione da attore consumato.
Le straordinarie capacità vocali e interpretative gli hanno permesso fin da subito di affrontare un repertorio vastissimo, con frequenti apparizioni in titoli decisamente desueti per un cantante italiano del tempo.
In primo luogo il repertorio buffo in cui Taddei poteva far valere al meglio le sue doti interpretative, la sua strabordante simpatia senza per altro mai compromettere la bellezza della linea di canto ne indulgere a quei cacchini molto diffusi fra i cantanti del tempo. Eccolo un Figaro pieno di teatrale irruenza popolana nell’insuperata edizione del capolavoro mozartiano diretta da Giulini; un Belcore in cui il tronfio militarismo non cancella un fondo di malinconica umanità – fortunatamente documentato in video nella straordinaria produzione fiorentina del 1967 – ma anche un Dulcamara di irresistibile simpatia. Poi i grandi ruoli di baritono brillante rossiniano, il già citato Gianni Schicchi e su tutti Falstaff incontrato per la prima volta nel 1950 sotto la guida di Mario Rossi e che per Taddei ha rappresentato più di un semplice ruolo, quasi una seconda pelle tanto perfetta è stata la sintesi fra personaggio e interprete continuata gloriosamente su tutti i palcoscenici del mondo fino all’ultima produzione firmata da Karajan a Salisburgo nel 1982.
Ma il repertorio di Taddei non si limitava al repertorio buffo ma si estendeva a tutti i grandi ruoli della vocalità baritonale ottocentesca e novecentesca. Prima di tutto quelli donizettiani in cui mi pare giusto ricordare quell’ineguagliata lezione che rimane il suo Antonio nella “Linda di Chamonix” incisa nel 1956 sotto la guida di Serafin. Poi i grandi ruoli verdiani, da Germont ad un Rigoletto di struggente umanità fino ad uno Jago di insolita perfidia nell’essere costruito col canto e con l’accento, di una malvagità tanto più insidiosa quanto meno scoperta passando per Simon Boccanegra affrontato per l’ultima volta a Vienna nel 1991, alla non più verde età di 75 anni.
Straordinarie le sue prove nei ruoli del repertorio pucciano e verista affrontati con un controllo e un’attenzione al dettaglio decisamente non comuni all’epoca, estremamente teatrali pur senza concessione al facile effettismo, emblematico al riguardo lo Scarpia salisburghese del 1962 sempre al fianco del nume tutelare Karajan. Ma Taddei si cimentò come ricordato in ruoli decisamente insoliti nel repertorio francese - Zurga, tedesco – Hans Sanchs, Olandese e russo – Onegin, Igor, testimoniando una non comune curiosità verso altri orizzonti espressivi.
Nel 1992 realizza l’ultima incisione ufficiale come Lescaut nella “Manon Lescaut” pucciniana con la direzione di Levine al fianco di Luciano Pavarotti e Mirella Freni.
Abbandonate le scene avevo continuato ad animare il mondo dell’opera con la sua travolgente personalità, nel 2005 gli era stato dedicato un concorso per giovani cantanti ed era stato protagonista di masterclass e corsi di formazione.
Va vecchio John, va per la tua via…la tua voce e la tua arte ti faranno vivere per sempre di cuore di tutti coloro che ancora sanno sognare quel sogno meraviglioso che è l’opera lirica.
Ho scelto come ascolto un raro incontro con il repertorio russo, il finale dell"Eugenio Onegin" cantato in italiano nel 1953.

 
Oggetto: «GIUSEPPE TADDEI: IL BARITONO ITALIANO»
Giuseppe Taddei (1916-2010), grandissimo baritono e celeberrimo interprete in particolare di ruoli del repertorio italiano (Verdi, Rossini, Donizetti) ma anche di personaggi mozartiani e wagneriani.



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Cantante lirico italiano, baritono, che si è esibito principalmente nelle opere di Wolfgang Amadeus Mozart e Giuseppe Verdi. A volte suonava anche linee di basso comiche. Taddei aveva una voce morbida, vellutata e calda di rara bellezza, che mantenne fino alla fine della sua vita.

 
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