Oggetto: «ERRORI COMUNI CHE FANNO GLI ITALIANI IN ITALIANO»
«ERRORI COMUNI CHE FANNO GLI ITALIANI IN ITALIANO»
E`molto di moda cercare un madrelingua per studiare la lingua straniera,
pero` potrebbero esserci dei problemi, soprattutto se uno comincia lo studio dallo zero:
http://ru-italiano.livejournal.com/680312.html#comments
io ho sentito spesso "a ME MI piace"

 
Oggetto: Re: «ERRORI COMUNI CHE FANNO GLI ITALIANI IN ITALIANO»
Doppio bequadro ha scritto: [Visualizza Messaggio]
E` molto di moda cercare un madrelingua per studiare la lingua straniera,
pero` potrebbero esserci dei problemi, soprattutto se uno comincia lo studio dallo zero:
http://ru-italiano.livejournal.com/680312.html#comments
io ho sentito spesso "a ME MI piace"


Anzitutto un principio generale: vale più la pratica che la grammatica, che in questo caso io interpreto così: la lingua comanda sulla grammatica e non viceversa... poi bisogna sempre tenere presente la differenza fra lingua parlata e scritta... il fatto che la lingua parlata abbia regole meno rigide non significa che sia "sbagliata"... "a me mi piace" certo è un pleonasmo, una (inutile?) ripetizione, però si deve accettare, soprattutto nel parlato, perché in realtà ha una sua funzione, dà maggiore espressività alla frase...

Molti degli errori elencati nel sito che hai segnalato io francamente non li ho mai sentiti... poi c'è una cosa che non ho capito bene:

использование наречий вместо прилагательных: a me fa male uguale

piuttosto accade il contrario, e cioè che si usi l'aggettivo al posto dell'avverbio, ma non è assolutamente un errore... prendo alcuni esempi dal Vocabolario Treccani:

- uguale: Come avv., in uguale misura: due ragazzi alti uguale (pop. alti uguali), di uguale altezza; se siete stanchi, anche noi siamo stanchi uguale, come voi.

anche perché se nella frase "a me fa male uguale" sostituisco l'aggettivo con l'avverbio e dico "a me fa male ugualmente", il senso della frase assume piuttosto un valore concessivo... "a me fa male uguale" può significare "a me fa male quanto fa male a te" o anche "a me fa male quanto mi faceva male prima (non è cambiato niente)", mentre "a me fa male ugualmente" io riesco a interpretarlo in un solo senso, e cioè: "a me fa male lo stesso... (nonostante ecc.)..."

 
Oggetto: Re: «ERRORI COMUNI CHE FANNO GLI ITALIANI IN ITALIANO»
Il principio generale esposto da Roberto è assolutamente vero e valido.
Riguardo il caso specifico di "a me mi piace", ovvero del raddoppiamento del pronome dativo, è chiaramente un toscanismo: a Firenze, e in generale in tutta la Toscana, quasi sempre sentirai "a me mi piace" o piuttosto, "a me mi garba", ma anche "a me mi pare, mi sembra".
Tuttavia questa particolarità del doppio pronome dativo è ormai molto diffusa anche fuori dalla Toscna e perfino i grammatici non lo considerano più un pleonasmo.
Esiste anche un interessante approfondimento, sull'Accademia della Crusca, che affronta questo tema partendo proprio dall'uso che ne fece Alessandro Manzoni nel suo "I promessi sposi".

 
Oggetto: Re: «ERRORI COMUNI CHE FANNO GLI ITALIANI IN ITALIANO»
Un altro uso (che non saprei se considerare un errore diffuso, oppure un'evoluzione della lingua, da accettare,) è l'abbandono dei pronomi personali soggetto. Non si usa più dire, p.es. "Egli/Ella è; essi sono", si dice invece "Lui/Lei è; loro sono", utilizzando cioè una forma di pronome complemento anche per la funzione di soggetto. Forse nella lingua letteraria non succede ancora, in quella della stampa però è un fenomeno quotidiano. Sono sicuro che l'abbiamo notato tutti quanti.



Ultima modifica di Vincentius Antonovich il 14 Feb 2012 19:26, modificato 1 volta in totale
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Oggetto: Re: «ERRORI COMUNI CHE FANNO GLI ITALIANI IN ITALIANO»
Doppio bequadro ha scritto: [Visualizza Messaggio]
E` molto di moda cercare un madrelingua per studiare la lingua straniera,
pero` potrebbero esserci dei problemi, soprattutto se uno comincia lo studio dallo zero:
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io ho sentito spesso "a ME MI piace"


"Pleonasmo" oppure "rafforzamenti" del tipo "prep. a. + pron. pers. ogg. diretto o indiretto" (a me, a te, a lui/lei, a noi, a voi - la forma della terza plurale è un caso particolare) sono comunissimi nello spagnolo, del cui standard parlato fanno parte. A differenza con l'italiano (? - madrelingua, aiuto), possono usarsi non solamente con pronomi personali, ma anche con sostantivi e nomi proprî e si possono collocare sia davanti al gruppo "pron. + verbo" sia dietro di quello, in posizione finale della frase
- a mí me gusta el chocolate / el chocolate me gusta (mucho) a mí
- al chico le gusta el chocolate / el chocolate le gusta (mucho) al chico
- a María le gusta el chocolate / el chocolate le gusta (mucho) a María

In italiano il fenomeno non è cosí diffuso, ma va in sintonia con la struttura generale della lingua e mi pare abbia la stessa causa: nelle lingue romanze esistono due tipi di pronomi, i cosiddetti tonici e i cosiddetti clitici (non conosco il greco, ma mi pare il significato è piú o meno quello di "inclinàntesi" o "appogiàntesi"). Questi ultimi in italiano si dividono in proclitici, cioè quelli che si collocano davanti al verbo: "ti vedo", ed enclitici, cioè quelli che si collocano dopo (dammi il lapis!, non voglio vederti, sta preparandosi per l'esame - alternativa a "si sta preparando per l'esame").
Siccome l'italiano è una lingua pro-drop (tendente a omettere pronomi davanti al verbo ed anzi qualche suono/sillaba in posizione iniziale: è normale dire "mangio", non "io mangio", "mi spiace" è piú frequente che "mi dispiace" - e per la frase retorica "sono spiacente" non esiste la parallela *"sono dispiacente" , "sterminare" viene da "exterminare"), i pronomi proclitici sono percepiti come particolarmente deboli e aventi bisogno di rafforzamento, che si può fare usando pleonasticamente la forma tonica del pronome clitico come nell'esempio "a me mi piace", alternando le forme proclitiche con quelle enclitiche oppure sostituendo completamente le forme clitiche con quelle toniche.

Dunque si può sostituire "lo vedi?" con "vedi lui / lei" (ma solamente quando si tratta di persone!), "ascóltami" con "ascolta me!", è possibile alternare "non ti preoccupare" con "non preoccuparti" ecc.
Un caso molto particolare è la dicotomia gli/loro: pronome indiretto della terza plurale. In linguaggio colto ci vuole assolutamente la forma loro: fa loro la merenda!, mentre in linguaggio familiare penso si preferisca la forma proclitica "gli": "I bambini vanno a scuola. La madre gli prepara la merenda.". Anche con l'imperativo: "I bambini vanno a scuola. Tesoro, preparagli la merenda per favore!".

Uff... spero non aver scritto troppa roba indigesta.

 
Oggetto: Re: «ERRORI COMUNI CHE FANNO GLI ITALIANI IN ITALIANO»
Nel parlato il fenomeno di cui parli a proposito dello spagnolo esiste sicuramente anche in italiano... a Mario abbiamo regalato un libro/a Mario gli abbiamo regalato un libro... anzi, direi quasi che in situazioni molto informali, in cui il registro è molto colloquiale, omettere il pronome potrebbe richiedere un certo "sforzo" e suonare addirittura "innaturale", nel senso, di registro troppo elevato, rispetto alla situazione, ovviamente...

l'altro fenomeno non mi convince molto, andrebbe analizzato più a fondo... per esempio, con i verbi modali (dovere, potere, volere, sapere) seguiti dall'infinito addirittura accade il contrario... cioè, c'è la tendenza a "staccare" il pronome dall'infinito e a metterlo in posizione proclitica (cosa che alcuni grammatici inutilmente pedanti arrivano persino a sconsigliare)... devi darmi 100 euro/mi devi dare 100 euro... voglio strozzarlo/lo voglio strozzare... non posso più vederti/non ti posso più vedere...

c'è da dire poi che in alcuni casi l'uso del pronome tonico, più marcato quindi nella pronuncia, serve a enfatizzare l'informazione che veicola... mi spiego, tu fai l'esempio: "ascoltami"/"ascolta me", in cui la differenza non è solo formale... con "ascoltami" invitiamo semplicemente l'interlocutore ad ascoltarci, appunto... con "ascolta me" (qui isolato da qualunque contesto) si intuisce invece un ulteriore significato sottinteso: ascolta me (invece di... invece di ascoltare qualcun altro... oppure invece di continuare a parlare senza ascoltare)

 
Oggetto: Re: «ERRORI COMUNI CHE FANNO GLI ITALIANI IN ITALIANO»
Sempre in merito ai pronomi dalle mie parti un errore molto comune è quello di sostituire al pronome clitico dativo femminile "le" il pronome maschile "gli". Anche se ci si riferisce ad una donna o ad un sostantivo di genere femminile.

Quindi nella lingua colloquiale:
"Le dirò qualcosa" spesso diventa "gli dirò qualcosa"
"Devo dirle qualcosa" diventa "Devo dirgli qualcosa". E così via.

Non accade invece questo per il "Lei" di cortesia, che anche nelle espressioni relativamente più informali mantiene quasi sempre il "le".

Non parlando mantovano non so se sia dovuto all'influsso del dialetto. So però che in francese, lingua gallo-romanza, non esiste il pronome clitico dativo femminile e si usa "lui" sia per "elle" che per "il". Ovvero: "je lui parlerai" può essere tradotto in italiano sia con "gli parlerò" che non "le parlerò".

A Lucca in Toscana so invece che non si dice né "gli", né "le" e si usa invece, in vernacolo, un certo "ni". Es. "Ni dirò qualcosa" in luogo "Gli dirò qualcosa" o "Le dirò qualcosa".

Poi ci sono gli inflazionatissimi errori legati al mancato uso o all'uso eccessivo del congiuntivo. E, volendo, anche l'uso troppo ridotto o esagerato del passato remoto. Una volta mi capitò persino di sentire l'uso del passato remoto in luogo del congiuntivo imperfetto: "Non sapevo se tu fosti"

Si sentono parecchi errori anche di accentazione delle parole, specialmente quelle che ricorrono più sui libri che non nel parlato. Anzi, devo dire, io in questo campo ero proprio specializzato visto che fino alla tarda adolescenza sbagliavo sistematicamente sbagliavo tutti gli accenti. :mrgreen: Un paio esempi sono "àlacre" pronunciato spesso "alàcre" oppure "centellìno" pronunciato erroneamente "centèllino".

 
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Oggetto: Re: «ERRORI COMUNI CHE FANNO GLI ITALIANI IN ITALIANO»
Roberto ha scritto: [Visualizza Messaggio]
Nel parlato il fenomeno di cui parli a proposito dello spagnolo esiste sicuramente anche in italiano... a Mario abbiamo regalato un libro/a Mario gli abbiamo regalato un libro... anzi, direi quasi che in situazioni molto informali, in cui il registro è molto colloquiale, omettere il pronome potrebbe richiedere un certo "sforzo" e suonare addirittura "innaturale", nel senso, di registro troppo elevato, rispetto alla situazione, ovviamente...


Non so, leggo abbastanza l'italiano colloquiale in internet, ma non è la stessa cosa leggerlo e sentirlo pronunciato spontaneamente

Roberto ha scritto: [Visualizza Messaggio]
l'altro fenomeno non mi convince molto, andrebbe analizzato più a fondo... per esempio, con i verbi modali (dovere, potere, volere, sapere) seguiti dall'infinito addirittura accade il contrario... cioè, c'è la tendenza a "staccare" il pronome dall'infinito e a metterlo in posizione proclitica (cosa che alcuni grammatici inutilmente pedanti arrivano persino a sconsigliare)... devi darmi 100 euro/mi devi dare 100 euro... voglio strozzarlo/lo voglio strozzare... non posso più vederti/non ti posso più vedere...


Sembra l'inversione della legge Tobler-Mussafia, secondo la quale nelle lingue romanze medievali non era possibile mettere il complemento d'oggetto pronominale all'inizio della frase. Quasi quasi rimane in vigore solamente nel portoghese europeo. Mi chiedo d'altronde donde venisse un'altra infrazione a questa legge, che s'osserva nel librettese ottocentesco: la posizione proclitica degli stessi complementi d'oggetto pronominale, che vi appare piú o meno con pari frequenza che la loro posizione enclitica ("Aida" verdiana: "all'amor mio t'affida" / "Odimi, Aida!").

Roberto ha scritto: [Visualizza Messaggio]
c'è da dire poi che in alcuni casi l'uso del pronome tonico, più marcato quindi nella pronuncia, serve a enfatizzare l'informazione che veicola... mi spiego, tu fai l'esempio: "ascoltami"/"ascolta me", in cui la differenza non è solo formale... con "ascoltami" invitiamo semplicemente l'interlocutore ad ascoltarci, appunto... con "ascolta me" (qui isolato da qualunque contesto) si intuisce invece un ulteriore significato sottinteso: ascolta me (invece di... invece di ascoltare qualcun altro... oppure invece di continuare a parlare senza ascoltare)


Questo "Asolta me!" è una citazione d'annunziana dalla "Francesca da Rimini" (il Vate è uno delle figure importanti della letteratura italiana di cui ho conoscenza un poco piú che superficiale), e, infatti, significa: "bada alle mie parole perché ciò che ti voglio dire è d'estrema importanza".

 
Oggetto: Re: «ERRORI COMUNI CHE FANNO GLI ITALIANI IN ITALIANO»
Itikar ha scritto: [Visualizza Messaggio]
Un paio esempi sono "àlacre" pronunciato spesso "alàcre" oppure "centellìno" pronunciato erroneamente "centèllino".

Sì, ma la pronuncia alàcre è ammessa dalla maggior parte dei dizionari come alternativa, meno diffusa.

 
Oggetto: Re: «ERRORI COMUNI CHE FANNO GLI ITALIANI IN ITALIANO»
Myshkin ha scritto: [Visualizza Messaggio]

Sì, ma la pronuncia alàcre è ammessa dalla maggior parte dei dizionari come alternativa, meno diffusa.


Credo che qualche dizionario ammetta pure centèllino, con scivolamento dell'accento di ben due sillabe, tuttavia la differenza tra errore molto comune e norma si sa che è scarsa. :(

Ma ahimè non credo che avrò mai quella scusa per aver detto "miriàde", "òblio" e "viòla" come voce del verbo "viólare", così come tanti altri obbrobri. :hiding:

PS
Giusti sarebbero "mirìade", "oblìo" e "vióla".

 
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Oggetto: Re: «ERRORI COMUNI CHE FANNO GLI ITALIANI IN ITALIANO»
Tranquillo, si sentono errori ben più gravi, nella nostra lingua :wink:

Però, davvero, òblio e miriàde non li avevo mai sentiti... ma questo non vuol dire nulla!

E che dire allora delle vocali 'e' ed 'o' aperte e chiuse? Pèsca/pésca, la doccia o la dòccia.... una tragedia continua, ovunque!

 
Oggetto: Re: «ERRORI COMUNI CHE FANNO GLI ITALIANI IN ITALIANO»
Myshkin ha scritto: [Visualizza Messaggio]
Tranquillo, si sentono errori ben più gravi, nella nostra lingua :wink:

Però, davvero, òblio e miriàde non li avevo mai sentiti... ma questo non vuol dire nulla!

E che dire allora delle vocali 'e' ed 'o' aperte e chiuse? Pèsca/pésca, la doccia o la dòccia.... una tragedia continua, ovunque!


L'ho fatto ancora. @_@
Poco sopra "viólo", e invece è "vìolo". :cry:

In realtà credo di avere un problema personale a riguardo, in quanto essendo mezzosangue da piccolo mantenni due tipi di accentazione una toscana lucchese ed una lombarda mantovana, al contrario di tanti altri casi come il mio in cui alla fine finisce per prevalere uno solo dei due accenti, cioè di solito quello della zona in cui si vive.
Con il tempo imparai a tenerli separati, però mi capita ancora ogni tanto di mescolarli in certe situazioni, con i bizzarri effetti che si possono immaginare.
E ovviamente non mi sento, né probabilmente mai mi sentirò, completamente padrone né dell'uno né dell'altro accento. :wohow:

 
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Se voi, nati e cresciuti in Italia, nelle famiglie italiane, che frequentavate scuole italiane fate questi errori, allora per noi, poveri stranieri, non ci sono chance di avere l'accento corretto.

Io mi sono sempre fidata della mia memoria uditiva, quindi avendo sentito èdile, gratuìto e fortuìto ero sicura che proprio così devono essere pronunciate queste parole, invece il dizionario dice che questi sono errori. Come mai che tutti sbagliano?

PS leggendo il verbo viola anche io lo pronunciavo sempre come la viola, è perché avendo ricordato questo accento nel sostantivo, mi sembrava corretto anche nel verbo

 
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Luba ha scritto: [Visualizza Messaggio]
Se voi, nati e cresciuti in Italia, nelle famiglie italiane, che frequentavate scuole italiane fate questi errori, allora per noi, poveri stranieri, non ci sono chance di avere l'accento corretto.

Io mi sono sempre fidata della mia memoria uditiva, quindi avendo sentito èdile, gratuìto e fortuìto ero sicura che proprio così devono essere pronunciate queste parole, invece il dizionario dice che questi sono errori. Come mai che tutti sbagliano?

PS leggendo il verbo viola anche io lo pronunciavo sempre come la viola, è perché avendo ricordato questo accento nel sostantivo, mi sembrava corretto anche nel verbo


Ma sì... c'è sempre la possibilità di migliorare... poi sbagliare un accento può capitare a tutti... e consiglio, quando si vuole risolvere un dubbio, di consultare più di un dizionario, perché càpita che non siano d'accordo... l'eccessiva rigidità delle regole si scontra con la vitalità della lingua e ne esce sempre male...

Per chi non lo conoscesse, questo è il DOP (Dizionario d'ortografia e di pronunzia) online: http://www.dizionario.rai.it

 
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