Vsevolod Garscin Всеволод Гаршин
«LA RANOCCHIA VIAGGIATRICE»
«ЛЯГУШКА-ПУТЕШЕСТВЕННИЦА»
Traduzione dal russo all’italiano di Aurelio Montingelli
Casa Editrice «Raduga» Mosca 1982
Издательство «Радуга» Москва 1982
Ancora una favola la quale è molto conosciuta ad ogni russo. Chiedete ad un russo se lui conosce la favola di Vsèvolod Gàrscin «La Ranocchia Viaggiatrice» («Лягушка-путешественница») e lui vi risponderà subito. Vsevolod Gàrscin o Garshin (Всеволод Гаршин, 1855-1888) è uno scrittore russo dell’Ottocento il quale scriveva anche le favole per i bambini. La sua favola «La Ranocchia Viaggiatrice» («Лягушка-путешественница») è la più popolare e la più amata favola perché è molto simpatica e la conoscono tutti i bambini russi. Sito con tutte le opere letterarie di Vsevolod Gàrscin (Всеволод Гàршин).
http://az.lib.ru/g/garshin_w_m/index.shtml#gr6
La favola «La Ranocchia Viaggiatrice» («Лягушка-путешественница») IN RUSSO
http://az.lib.ru/g/garshin_w_m/text_0080.shtml
Vsevolod Garscin (1855-1888) Всеволод Гаршин
«LA RANOCCHIA VIAGGIATRICE» «ЛЯГУШКА-ПУТЕШЕСТВЕННИЦА»
C'era una volta una ranocchia che abitava in uno stagno, cacciava le mosche e le zanzare e, in primavera, con le amiche gracidava a squarciagola. La sua sarebbe stata una vita tranquilla e serena, a patto, naturalmente, che qualche cicogna non ne avesse fatto un sol boccone. Ma cosi non voleva il destino.
Un giorno, mentre se ne stava accovacciata sul ramo di un ceppo affiorante dall'acqua e si godeva tutta contenta una tiepida pioggerellina.
«Oh, che tempo meraviglioso, che stupenda umidità! - pensava. - Che piacere stare al mondo!»
La pioggia picchiettava sulla sua schiena variegata, le gocce le scivolavano sul petto e le zampette; la sensazione era così piacevole che per poco non si mise a gracidare; per fortuna si ricordò in tempo che in autunno le rane non gracidano; c'è la primavera per questo. Se ne stette quindi zitta tutta contenta.
All'improvviso un suono sottile, sibilante turbò la quiete dello stagno. C'è una specie tutta particolare di anatre: quando volano, le loro ali fendendo l'aria, emettono un suono che sembra un fischio. Nell'aria risuona questo «ffiù-ffiù-ffiù» e non si vede nulla, perché le anatre volano molto in alto. Quella volta invece le anatre dopo un'evoluzione semicircolare si abbassarono e andarono a posarsi proprio sullo stagno dove abitava la nostra ranocchia.
- Cra - cra! - disse un'anatra. - Il cammino è ancora lungo, bisogna rifocillarsi.
La ranocchia non stette a sentire la fine della frase e si nascose immediatamente. Certo, sapeva che le anatre non l'avrebbero mangiata, grande e grossa com'era, però a scanso di guai si tuffò sotto il ceppo.
Però dopo un po' si decise a metter fuori la testa dall'acqua: era troppo curiosa di sapere dove sarebbero andate le anatre.
- Cra - cra! - disse un'altra anatra. - Si sta facendo freddo, andiamocene al sud. Al sud! Al sud!
Le altre anatre gracchiarono a gola spiegata in segno di approvazione.
- Signore anatre, - disse la ranocchia facendosi coraggio - che cos'è il sud? Chiedo scusa per il disturbo.
Le anatre circondarono la ranocchia. Sulle prime venne loro l'idea di mangiarla, però considerando la sua mole, ci ripensarono perché non sarebbe passata per la gola. Allora si misero a gracchiare sbattendo le ali:
- Al sud si sta benissimo, adesso al sud fa caldo! Ci sono certi stagni meravigliosamente tiepidi! E che vermi saporiti! E gridavano tanto, tutte insieme che quasi assordarono la ranocchia. A stento riusci a convincerle a tacere e chiese ad una di loro, quella che le pareva la più grossa e la più intelligente, di spiegare cosa fosse il sud. Sentita la spiegazione la ranocchia fu colta da entusiasmo, però, prudente com'era, domandò:
- E le mosche e le zanzare sono numerose?
- Un'infinità!
- Kva! - esclamò la ranocchia e subito si guardò intorno per vedere se qualche amica avesse sentito il suo gracidio fuori luogo, perché alle rane non è consentito di gracidare in autunno. Nel suo entusiasmo non era riuscita a contenersi.
- Prendetemi con voi!
- Stupefacente! - esclamò l'anatra. - Ma come ti prendiamo? Tu non hai le ali!
- Quando partite? - chiese la ranocchia.
- Presto, presto! - gridarono le anatre tutte in coro.
- Cra - cra! Qui fa freddo! Al sud, al sud!
- Datemi soltanto cinque minuti per pensarci su, - disse la ranocchia - torno subito e certamente troverò la soluzione adatta.
- Con un salto si staccò dal rametto, si tuffò nell'acqua, si nascose tra le alghe del fondo per riflettere indisturbata. Passarono i cinque minuti e le anatre erano già sul punto di prendere il volo quando dall'acqua, vicino al ceppo, affiorò la ranocchia, con l'espressione più splendente di cui una ranocchia è capace.
- Ho trovato, ho trovato! - disse. - Due di voi prendano col becco un ramoscello ed io mi afferrerò al centro. Cosi potrò volare con voi. Se voi non aprirete la bocca per gracchiare ed io per gracidare, andrà tutto a meraviglia.
- Benché l'idea di sostenere in silenzio una ranocchia, sia pure abbastanza leggera, per tremila chilometri non fosse delle più entusiasmanti, la trovata era così intelligente che le anatre all'unanimità si dichiararono d'accordo. Decisero di darsi il cambio ogni due ore e, giacché le anatre erano tante che a contarle non si sarebbe mai vista la fine e la ranocchia era soltanto una, capirono che il turno di trasportarla sarebbe capitato non tanto spesso. Fu trovato un buon ramoscello robusto, due anatre lo presero per le estremità con il becco, la ranocchia vi si aggrappò saldamente al centro con la bocca e tutto lo stormo prese il volo. La ranocchia si senti mancare il respiro per la terribile altezza cui venne a trovarsi; le anatre inoltre volavano in maniera diseguale e davano degli strattoni al ramoscello: la povera ranocchia ballonzolava come un pupazzetto di carta e con tutte le forze serrava le mascelle per non perdere la presa e cadere nel vuoto. Dopo un po' incominciò ad abituarsi all'insolita situazione e si azzardò addirittura a guardarsi intorno. Sotto di lei passavano veloci campi, prati, fiumi e montagne. A dire la verità aveva parecchie difficoltà a vedere perché, appesa com'era al ramoscello, poteva guardare solo dietro di sé e un pochino in alto, comunque quello che vedeva era sufficien: e a riempi la di gioia e di orgoglio.
- «L'ho pensata veramente bella» - diceva tra sé. Intanto le anatre volavano dietro la coppia che la trasportava, gridavano e lodavano l'astuta ranocchia.
- Che cervello fino ha la nostra ranocchia - dicevano.
- Persino tra di noi anatre non è facile trovare tipi cosi!
L'interessata a stento si tratteneva dal ringraziare per i complimenti e ricordando che se avesse aperto la bocca sarebbe caduta da una terribile altezza, stringeva ancor più le mascelle. Ballonzolò cosi tutto il giorno; le anatre si davano il cambio in volo, afferrando con disinvoltura le estremità del ramoscello. Era un’operazione che la terrorizzava; più di una volta per poco non gracidò dalla paura, ma non perse mai la presenza di spirito. Verso sera tutta la compagnia si fermò su uno stagno e all'alba le anatre e la ranocchia ripresero il volo, ma questa volta la ranocchia, per vedere meglio, si afferrò al ramoscello con la schiena e la testa in avanti e la pancia all'indietro. Le anatre sorvolavano campi falciati, boschi color oro e villaggi ricchi di covoni; si sentivano le voci della gente e il rumore sordo dei correggiati che servivano a trebbiare la segala. La gente guardava le anatre e notando qualcosa di strano faceva segno con le mani. La ranocchia avrebbe voluto volare più in basso, farsi vedere e sentire cosa si diceva di lei. Quando sostarono per riposare domandò:
- È possibile volare un po' più in basso? È tanta l'altezza che mi gira la testa, ho paura di perdere la presa e di cadere. Le anatre gentili acconsentirono e il giorno dopo si misero a volare cosi in basso che le voci si sentivano distintamente.
- Guardate, guardate! — gridarono i bambini di un villaggio. Le anatre portano una ranocchia! La ranocchia senti e il cuore le balzò in gola.
- Guardate, guardate! - gridarono gli adulti in un altro villaggio. - Questo si che è un miracolo!
«Ah, ma lo sanno che sono stata io ad avere questa pensata, e non le anatre?» - rimuginava la ranocchia.
- Guardate, guardate! - gridarono in un altro villaggio.
È proprio una meraviglia! Chi avrà avuto questa pensata geniale?
Allora la ranocchia non riuscì a trattenersi e, dimenticata ogni prudenza, gridò con tutte le sue forze:
- Io, io, sono stata io!
E con quell'urlo precipitò a terra. Le anatre levarono alte strida, una si lanciò in picchiata per afferrarla, ma senza successo. La ranocchia, agitando le zampe convulsamente, cadeva come un sasso. Dato che le anatre volavano molto velocemente, non cadde sulla dura terra, nel punto in cui aveva gridato, ma molto più innanzi, il che fu per lei una vera fortuna perché andò a cadere nel mezzo di uno stagno, in fondo al villaggio. Emerse rapidamente dall'acqua e gridò di nuovo a pieni polmoni:
- Io, io, sono stata io!
Ma intorno a lei non c'era nessuno. Le ranocchie del posto, spaventate per il tonfo, erano andate a nascondersi. Dopo un po' però si fecero coraggio e uscirono e, con stupore, osservarono la nuova venuta. E lei raccontò loro la storia meravigliosa di come, dopo averci pensato tutta la vita, avesse inventato il nuovo sistema di trasporto ad anatra; disse che aveva a sua disposizione delle anatre molto capaci, che la portavano dove voleva; che era stata in un posto stupendo chiamato sud, ricco di paludi calde e meravigliose, brulicanti di moscerini e di tanti altri insetti appetitosi.
- Sono venuta a vedere come ve la passate qua - disse.
- Mi tratterrò sino alla primavera, quando torneranno le mie anatre alle quali ho concesso un po' di vacanza. Le anatre però non tornarono più. Si erano convinte che la ranocchia nella caduta fosse morta e ne erano rimaste molto dispiaciute.